Arte contemporanea e nuvole in una mostra al Madre Napoli

Al museo Madre di Napoli una mostra collettiva ci porta a tenere i piedi fortemente ancorati sulle nuvole. Da Yoko Ono a Cesare Pietroiusti, da Irene Fenara a Gianni Caravaggio, diverse generazioni di artisti si confrontano sui temi dell’inconsistenza e dell’immaginazione

Se desideri vedere le valli, sali sulla cima della montagna; se vuoi vedere la cima della montagna, sollevati fin sopra la nuvola; ma se cerchi di capire la nuvola, chiudi gli occhi e pensa”. Forse questa frase lanciata da Kahlil Gibran in una delle sue tante Massime spirituali è un giusto viatico (uno dei tanti da cui poter partire) per aprire alcune riflessioni sulla luminosa collettiva curata da Marta Ferrara e Marta Wróblewska al Madre di Napoli, il cui titolo richiama quello di un lavoro (in mostra, al terzo piano) realizzato a quattro mani da George Brecht e Robert Filliou: Cloud Scissors, serie di sette carte from Fluxkit (la bustina che le custodisce reca appunto la scritta Cloud Scissors, seguita da “music, dance, stories, games, puzzles, jokes, defections, solutions, problems, biography, questions, poems, answers, gift, to Robert Filliou from George Brecht”, mentre sui piccoli cartoncini interni, tutti bianchi, si legge “all night”, “at home”, “on the floor”, “at three”, “in the water”, “from the tree” e “the yellow ball”) pubblicate dalla Fluxus di New York a partire dal 1964.
Il titolo di questa esposizione che si dissemina tra gli spazi trasversali e interstiziali del museo, Cutting Clouds | Tagliando le nuvole, è secco e morbido, a tratti pungente: invita, nell’immediato, a seguire (a inseguire?) una traiettoria teorica la cui forza interna trasforma il mondo delle nuvole in un sistema di incroci linguistici, di sottili fratture, di affilati ripensamenti spaziali che convertono gli ambienti non deputati di un luogo deputato, in terreno di fertile alternatività e di inaspettata meraviglia.

La mostra Cutting Clouds a Napoli

Al piano terra, infatti, nella sala della biglietteria, ad accogliere il pubblico è Tra cielo e terra (2013-2024) di Edoardo Aruta, sei fogli per francobolli e una lettera indirizzata al Ministero dello Sviluppo Economico con in oggetto “Richiesta d’emissione di un francobollo, soggetto Le Nuvole”, seguito da un impareggiabile Landscapes (2019) di Domenico Antonio Mancini e da uno strepitoso video di Carmela De Falcofino a dove il mio corpo riesce ad arrivare (2022). Poi, nel limitato antro che precede l’ascensore, una installazione sonora realizzata appositamente da Alberto Tadiello(Corax, 2023) è davvero efficace, perché nei momenti d’attesa si sente un suono spiazzante che porta ognuno a inevitabile interrogazione.

Le opere in mostra al Madre di Napoli

Raggiunto il terzo piano, nella sala di passaggio obbligato, quella che si avvita al centro delle due scalinate laterali, ci sono i delicatissimi Diariogrammi Cambogia (2017), Diariogrammi Oman (2017-2018) e Diariogrammi. Napoli-Roma(2019) di una indimenticabile Marisa Albanese, un poetico progetto di Gianni Caravaggio (l’orizzonte si posa su una nuvola mentre il sole la attraversa, 2016), un Untitled (1993) di Simone Berti, le silenziose Omissioni (1998-2018) di Eva Marisaldi, alcune Scatole trasparenti. Ricerca sul paesaggio (1969-74) di Salvatore EmblemaD’age en age nuage(2002) di Arrigo Lora Totino, Yoko Ono con Grapefruit. A book of instructions and drawings (1997) e l’invito di A hole to see the sky through (1971), George Brecht  con l’edizione di Cloud Scissors del 1977, Dieter Roth con 246 little clouds (1968), Francesco Arena con una meravigliosa Frase per questo piedistallo (2024) che corre, orizzontale, nella parte alta, lungo tutto il perimetro, con cui l’artista (l’opera è davvero un capolavoro, come del resto l’orizzonte di Gianni Caravaggio) descrive quello che vede al di là della finestra: “di fronte fuori dalla finestra c’è l’orologio che segna le dieci meno dieci non so se della mattina oppure della sera sicuramente non è l’orario in cui sto scrivendo questa frase intorno a questo piedistallo quindi credo che l’orologio non funzioni da un po’ come questa penna che incespica sulla superficie che penso sia con i» (qui il flusso della scrittura si interrompe perché finisce il perimetro del piedistallo).

Gli altri artisti della mostra “Cutting Clouds”

Se sempre al terzo piano si incontrano i delicati battiti di ciglia su tela di Serena Vestrucci (Batter d’occhio, 2023) e un fragoroso Supervision (Sphere) (2024) realizzato per la mostra da Irene Fenara, lungo le scale dell’ala sinistra, quella che volge verso l’antica Porta Capuana per intenderci, Matteo Nasini presenta un intervento avvincente che avvolge l’intera tromba con dei fili di lana  acrilica colorata (tirate come corde di chitarra) il cui effetto cambia continuamente sotto la mutevolezza del giorno. Sempre lungo le scale si trova CLOUD PIECE (1963) di Yoko Ono e ”“ (2003), macchina con cui Perino&Vele pestano la carta sin dalla prima ora.
Una generosa installazione di Cesare Pietroiusti, …e molte altre cose (2019), crea un corpo a corpo con il ricordo, con la necessità di rimodulare la realtà (la realtà è qualcosa di insufficiente per l’artista) e di dare nuova linfa a oggetti di turno, ma è anche un dialogo con lo spettatore che tra l’altro può staccare un foglio da una parete – un senza titolo (disegno incompiuto), 2024 – e farlo diventare opera compiuta soltanto se segue le istruzioni impresse sul retro: “questo disegno è, allo stato attuale, incompiuto e quindi non può essere considerato opera d’arte a tutti gli effetti / per completarlo, il possessore dovrà bruciare l’intero foglio”.
Ogni opera, di questa mostra, non è mai didascalica o scontata: e invita inoltre a riflettere sull’indeterminatezza, sull’inconsistenza, sulla mutevolezza, sulla leggerezza, sull’intermittenza, sull’immaginazione che, posta sotto la lente d’ingrandimento e riattivata mediante “il gioco e la sperimentazione” (avvisano le curatrici Marta Ferrara e Marta Wróblewska), può portarci ancora una volta, magari accompagnati da Ennio Flaiano, a tenere “i piedi fortemente poggiati sulle nuvole”.

Antonello Tolve

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Antonello Tolve

Antonello Tolve

Antonello Tolve (Melfi, 1977) è titolare di Pedagogia e Didattica dell’Arte all’Accademia Albertina di Torino. Ph.D in Metodi e metodologie della ricerca archeologica e storico artistica (Università di Salerno), è stato visiting professor in diverse università come la Mimar Sinan…

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