Onirica, ribelle ed enigmatica. La pittura di Leonor Fini è in arrivo a Palazzo Reale a Milano

Si tratta di una delle più complete e importanti retrospettive dedicate all'artista italo – argentina in grandissimo spolvero in questi ultimi anni. Una personalità fuori dagli schemi che ha segnato l'immaginario pittorico e letterario del primo Novecento

A quasi 100 anni dalla sua mostra d’esordio a Milano, negli spazi privati della Galleria Barbaroux nel 1929, Leonor Fini (Buenos Aires, 1907 – Parigi, 1996) torna in città il 26 febbraio 2025, nelle sale di Palazzo Reale, con una mostra che ripercorre le tappe principali della sua carriera artistica e le influenze che hanno plasmato la sua visione. 
Il progetto espositivo, a cura di Tere Arcq e Carlos Martin, riunisce circa 100 opere dell’artista italo-argentina, tra cui 70 dipinti, disegni, fotografie, costumi, libri e video, scoprendo in chiave contemporanea una delle figure più rivoluzionarie della scena culturale europea degli Anni Trenta del Novecento. 

Chi è Leonor Fini: la vita e la carriera

Leonor Fini nasce a Buenos Aires il 30 agosto 1907, da madre italiana e padre argentino. A seguito della separazione con il marito, la madre torna in Italia con i figli, stabilendosi a Trieste. Fini cresce così in un ambiente borghese di grande cultura, frequentato da James Joyce, Italo Svevo e Umberto Saba, e inizia a dipingere in giovane età. A diciassette anni lascia la casa materna per intraprendere numerosi viaggi in Italia e all’esterno, studiando con Achille Funi durante un soggiorno a Milano.
Nel 1933 si trasferisce a Parigi e conosce Max Ernst, Paul Éluard e Victor Brauner. Pur non unendosi al Surrealismo, Fini comincia a sperimentarne i metodi e le tecniche del movimento, come ad esempio l’automatismo, che enfatizza l’ispirazione artistica derivata dalla giustapposizione casuale di forme e dall’uso fortuito di materiali. Così nelle sue immagini prendono forma creature ambigue che abitano scenari tenebrosi e disseminati da oggetti dall’enigmatica simbologia psicanalitica.

Tre anni dopo, nel 1936, espone alle mostre collettive International Surrealist Exhibition alle New Burlington Galleries di Londra, e Fantastic Art, Dada, Surrealism al Museum of Modern Art di New York; mentre la sua prima personale si tiene nel 1938 alla Julien Levy Gallery di New York con un’introduzione al catalogo di Giorgio de Chirico. Durante la Seconda Guerra Mondiale risiede a Montecarlo e dipinge numerosi ritratti, mentre nel periodo tra il 1945 e il 1969 si dedica alla creazione di costumi per il teatro, l’opera, il balletto e il cinema. I gatti che la circondano nella vita quotidiana popolano, insieme alle sfingi, le sue opere maggiori realizzate tra gli Anni Trenta agli Anni Cinquanta. Fini continua a lavorare in Francia, fino alla morte, avvenuta a Parigi il 18 gennaio 1996.

Leonor Fini, Dans la tour (Autoportrait avec Constantin Jelenski), 1952. Oil on canvas, 90.8 x 64.8 cm Weinstein Gallery © Courtesy of Richard Overstreet
Leonor Fini, Dans la tour (Autoportrait avec Constantin Jelenski), 1952. Oil on canvas, 90.8 x 64.8 cm Weinstein Gallery © Courtesy of Richard Overstreet

Leonor Fini: un’artista fuori dagli schemi 

L’esposizione rappresenta un momento cruciale per riscoprire la figura di Fini ponendo un’attenzione particolare sul suo lavoro e sul suo carattere contemporaneo. 
Infatti, nelle opere dell’artista italiana, vengono affrontati tematiche quotidiane, spaziando dalla messa in discussione del genere e dell’identità ai modelli consolidati di famiglia, mascolinità e femminilità. 

Leonor Fini, Rasch, Rasch, Rasch, meine Puppen Warten! 1975. Oil on canvas, 113.8 x 145.5cm Weinstein Gallery © Courtesy of Richard Overstreet
Leonor Fini, Rasch, Rasch, Rasch, meine Puppen Warten! 1975. Oil on canvas, 113.8 x 145.5cm Weinstein Gallery © Courtesy of Richard Overstreet

La mostra di Leonor Fini a Palazzo Reale a Milano 

Attraverso 9 sezioni tematiche il pubblico si addentra nell’immaginario dell’artista, animato da figure femminili forti e indomite come sfingi e donne-gatto, che si affiancano a uomini ambigui, avvolti in atmosfere misteriose ispirate dalle letture di Freud, che si manifestano attraverso le rappresentazioni del sogno e dell’inconscio.
Pur non aderendo mai ufficialmente al movimento surrealista, l’artista italo-argentina vi contribuisce con una spinta classicista, frutto della sua formazione italiana e dello studio del Rinascimento.

Valentina Muzi 

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Valentina Muzi

Valentina Muzi

Valentina Muzi (Roma, 1991) è diplomata in lingue presso il liceo G.V. Catullo, matura esperienze all’estero e si specializza in lingua francese e spagnola con corsi di approfondimento DELF e DELE. La passione per l’arte l’ha portata a iscriversi alla…

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