A Milano la Tube Culture Hall presenta un progetto nomade dedicato agli artisti emergenti
L’iniziativa, lanciata da Federica Ferrari, nasce con l’obiettivo di portare l’arte contemporanea in diverse città italiane ed estere attraverso esposizioni pop-up di giovani artisti
Inaugura un nuovo capitolo della propria attività Tube Culture Hall, la realtà culturale diretta da Federica Ferrari, a metà strada tra spazio indipendente e galleria, con sede nelle fondamenta di Piazza XXV Aprile a Milano, in corrispondenza delle antiche mura spagnole. L’iniziativa si chiama Boothed è un progetto nomade concepito per portare l’arte contemporanea in diverse città italiane ed estere attraverso esposizioni pop-up dedicate a giovani artisti selezionati dalla galleria.
Tube Culture Hall presenta “Booth”
“Booth rappresenta una proposta e un format versatile e dinamico. Proprio come uno stand di una fiera d’arte, lo spazio si colloca nel mondo trovando ospitalità in diversi luoghi e situazioni. Le dimensioni del Booth ci consentono di entrare in altri contesti già esistenti come gallerie o luoghi non consacrati all’arte, ma che ci diano ospitalità creando situazioni diversi in contesti nuovi. Booth ci consentirà di portare in Italia e all’estero piccoli progetti personali sempre legati all’ambito emergente in un piccolo spazio che non abbia una sua collocazione geografica precisa né le dimensioni proprie di una galleria ma di esprimere la nostra linea e la poetica degli artisti in contesti sempre diversi e dinamici”, spiega ad Artribune Federica Ferrari.
La prima mostra di “Booth” con Caroline Ricca Lee
Booth ha debutta a Milano lo scorso dicembre, nel quartiere Isola in via Lambertenghi 6, con Recollection of Dreams, la mostra dell’artista Caroline Ricca Lee (San Paolo, 1990) – visibile sino al 24 gennaio 2025– il cui lavoro si distingue per la capacità di intrecciare archiviazione e memoria con una prospettiva decoloniale e femminista. Infatti, attraverso diversi media come scultura, installazione, video, scrittura critica e performance, l’artista esplora la dimensione dell’invisibile e del non ufficiale: memorie custodite in storie personali, cimeli ancestrali, fotografie di famiglia.
L’arte di Caroline Ricca Lee
In tal modo, la “casa” diventa per Lee un museo alternativo, uno spazio che sfida l’appropriazione istituzionale degli oggetti domestici e delle pratiche artistiche tradizionalmente marginalizzate. La sua ricerca estetica, sincretica e caotica, è il frutto di un’identità multiculturale che combina radici asiatiche, cultura brasiliana ed eredità coloniale europea. Gli oggetti creati dall’artista, oltre a evocare un ancestrale indicibile, offrono la visione alternativa di un archivio collettivo contemporaneo.
Caterina Angelucci
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