In mostra a Milano le sculture dell’artista giapponese che ridisegna lo spazio con la luce
La luce nella sua dimensione spaziale e temporale al centro della mostra dedicata dallo Studio Gariboldi a Aiko Miyawaki, scultrice giapponese che sul finire degli anni Sessanta strinse un intenso rapporto con gli artisti italiani
“Interpretare il lavoro dell’artista e focalizzare la narrazione su un particolare momento storico”. Questa la prospettiva da cui la galleria milanese Studio Gariboldi presenta, nello storico Palazzo Cicogna, Aiko Miyawaki: Sculpture 1966-1969, mostra dedicata all’artista giapponese, nata a Tokyo nel 1929, che strinse con Milano un legame speciale, attraverso l’incontro con Piero Manzoni, Lucio Fontana ed Enrico Castellani. Come suggerisce il titolo, la mostra, a cura di Giovanni Gariboldi e Stefano Turina, visitabile fino al 28 gennaio 2025, indaga la produzione scultorea di Aiko Miyawaki sul finire degli anni Sessanta, attraverso una serie di opere in ottone. Figure geometriche perfette o quasi, composte da tubicini profilati in ottone, potenzialmente movibili, che ne costituiscono la complessa trama interiore.
Le sculture di luce di Aiko Miyawaki in mostra a Milano
All’ingresso della galleria, accolto dal bianco pneumatico, memore dello spazialismo di Lucio Fontana che proprio lì ebbe lo studio, lo spettatore si trova di fronte a un’opera triangolare in granito nero collocata direttamente sul pavimento. Scultura che reca inciso il messaggio: “Listen to your portrait”. Un’asserzione potente e incisiva, con cui l’artista si presenta in dialogo con lo spazio, invitando gli spettatori “a interrogare il suo ritratto e, nel silenzio, ad ascoltarlo”; per poi accompagnarli nell’esplorazione delle altre opere in mostra.
Allo Studio Gariboldi le opere di Aiko Miyawaki ridisegnano lo spazio
Nella prima sala si trova anche Work Installazione, 1965-1968, scultura di sezione quadrata la cui trama è definita da una griglia di 289 brass pipes, piccoli tubi in ottone profilati. Materiale che l’artista iniziò a usare durante il suo soggiorno a Tokyo negli anni Sessanta. “Le sculture di Miyawaki si presentano come piccole architetture, dove l’invisibile abita e attraversa senza sosta il nuovo materiale scelto dall’artista”, scrivono i curatori. L’impressione è di uno schema aureo, le cui parti compongono un grande insieme significante, una sorta di alveare contemporaneo, di cui le rifrazioni luminose – tipiche dell’ottone – plasmano di continuo la fisionomia indefinita. La collocazione delle opere su plinti bianchi consente di ammirarle da tutti i punti di vista, attraversandone con lo sguardo i perimetri interni e le superfici riflettenti esterne. Entrando nello Studio Gariboldi si ha l’impressione di attraversare un luogo sospeso, aureo, celato, difficile da cogliere all’istante. La mostra diventa così un momento di silenzio, in un mondo che avanza veloce. Lo spazio espositivo si configura come un luogo da attraversare. Invito a una flâneurie contemporanea in cui il pubblico cerca di decifrare il significato concettuale dell’intimità espressa dall’artista. La galleria diventa un ambiente in fieri, da costruire nel momento in cui lo si attraversa, movimento indagatore attraverso cui si svela il gioco di luci, rifrazioni, pieni e vuoti.
L’arte caleidoscopica di Aiko Miyawaki a Milano
Le qualità riflettenti dell’ottone accrescono la suggestione dello spazio, mettendo in risalto il valore delle sculture: “oggetti preziosi, scrigni di luce, strutture solide che trattengono e rimandano i miracoli del colore del mondo” scrivono i curatori.
Il lavoro di Miyawaki, in maniera discreta, stringe un caleidoscopico dialogo con lo spazio, invitando lo spettatore a rileggere l’ambiente di continuo, da diverse prospettive. “Piccoli fori attraverso cui guardare il mondo per scoprire dettagli sconosciuti; oppure vertici lucidi che puntano al cielo; o ancora giochi di luce che spostano il tempo e lo spazio componendo figure sempre nuove”. Così, lo Studio Gariboldi diviene labirinto aureo, in cui le installazioni di Miyawaki si rivelano come organismi viventi, dalle fisionomie cangianti nello scorrere del tempo e nelle variazioni di luce. “Le mie sculture di ottone” ha scritto Miyawaki “riguardano la rifrazione e riflessione fugace della luce su una superficie, la ripetizione visiva delle forme e l’invisibilità. […] Il mio lavoro è sottile. Tempo, spazio e luce… questi sono i concetti che mi ossessionano”.
Alessandra Cremone
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