Ecco perché Arte Povera a Parigi non è una mostra memorabile

Mentre il periodo di apertura al pubblico volge al termine, emergono una serie di dubbi, legati sia alla scrittura curatoriale che all’allestimento di una mostra dedicata ad un arco cronologico ampio che poteva essere memorabile, ma invece non lo è

Una mostra importante, un’occasione d’oro per l’arte italiana in un contesto internazionale, uno spazio d’eccellenza nel centro di Parigi, una curatrice d’eccezione: tutti questi fattori avrebbero dovuto rendere la rassegna Arte Povera, curata da Carolyn Christov-Bakargiev alla Bourse de Commerce, sede della Collezione Pinault, un evento memorabile. È proprio   così? Dopo due visite approfondite, emergono una serie di dubbi, legati sia alla scrittura curatoriale che all’allestimento di una mostra dedicata ad un arco cronologico ampio: se al centro troviamo il movimento vero e proprio, con le opere di 13 protagonisti, la rassegna indaga sia i suoi precursori che altrettanti “eredi” internazionali, attivi tra gli Anni Ottanta e gli Anni Duemila. 

La mostra alla Bourse de Commerce di Parigi

Come dichiara Emma Lavigne, direttrice della fondazione Pinault, “esporre l’Arte Povera è una sfida”, e lo è ancora di più negli spazi così caratterizzati della Bourse, lontani dalle strutture modulari di musei e centri d’arte. Per questa ragione la mostra occupa l’intera Bourse, con un percorso ampio, anche se non sempre di facile comprensione, al di là dell’indiscussa qualità delle opere esposte, collocate a volte in modo tale da rendere azzardata la lettura delle relazioni tra loro. È il caso della Rotonda centrale, dove la soluzione espositiva adottata, ispirata al Deposito d’arte presente, aperto a Torino tra il 1967 ed il ’69, non sembra rispondere del tutto allo spirito dell’epoca, anche per l’inserimento di opere recenti di Boetti e Pistoletto, la cui presenza risulta poco comprensibile. Interessanti le suggestioni legate al pre-Arte Povera, inseriti nelle grandi teche sul perimetro della Rotonda, tra le quali figura anche Gian Lorenzo Bernini, mentre sarebbe forse stato più pertinente aggiungere anche Francesco Borromini, ancora più legato al binomio natura-cultura del suo collega. Molto azzeccata   la selezione delle immagini fotografiche dell’epoca, scattate dai fotografi che furono compagni di strada degli artisti come Paolo Mussat SartorElisabetta Catalano, Paolo Pellion di Persano o Claudio Abate, e così anche la selezione degli ipotetici successori dell’Arte Povera, anche se non tutti rappresentati con opere significative. 

Arte Povera, installation view at Bourse de Commerce, Parigi, 2024
Arte Povera, installation view at Bourse de Commerce, Parigi, 2024

Le sale monografiche nella mostra su Arte Povera

Lascia invece perplessi l’allestimento delle sale monografiche, dedicate ai tredici poveristi e disposte su due piani, che pone alcuni interrogativi, senza inficiare però la straordinaria qualità delle opere esposte. Impeccabile la sala che vede un dialogo tra Jannis Kounellis e i Merz: se il primo è rappresentato da opere giovanili rare e poco viste, i tre igloo di Mario anticipano le opere di Marisa Merz, tra cui le prime sculture metalliche e la serie di testine appoggiate sul tavolo in vetro di Mario, in dialogo con una Madonna con bambino di Sano di Pietro. Diseguale la sala dedicata a Michelangelo Pistoletto, dove una serie di capolavori assoluti come Venere degli stracci (1967), Mappamondo (1966–68) e Metrocubo d’infinito (1966) dialogano con i primi “quadri specchianti” come Il presente – Uomo di schiena (1961) e Sacra conversazione (Penone, Zorio, Anselmo) (1962–74), mentre lo spazio per le opere recenti appare eccessivo. Più misurata la sala di Luciano Fabro, con una selezione di opere assai accurata, dominata dalla presenza di Ogni ordine è contemporaneo d’ogni altro ordine (1972–73), in dialogo con Paio di lenzuola con due federe (1968) e Vetro di Murano e shantung di seta pura (Piede) (1968–72), mentre in posizione defilata è stato posizionato Tamerlano (1969) quasi come un tesoro, da far scoprire per il pubblico più attento. 
Suggestiva nella sua sobrietà la sala di Giulio Paolini, con un allestimento che ruota intorno al Disegno geometrico(1960), dove si nota però l’assenza di un capolavoro come Giovane che guarda Lorenzo Lotto (1967), e così quella dedicata ad Anselmo, che presenta tutte le opere più significative dell’artista. Lo spazio dove l’energia poverista è più evidente ci è sembrato quello dedicato a Pier Paolo Calzolari – l’anima poetica del movimento- dove,  su un pavimento coperto da lastre di feltro bianco,  sembrano galleggiare una serie di opere legate al testo dell’artista  La Casa ideale(1968), conferendo alla sala quell’uniformità ambientale caratteristica dell’Arte Povera, mentre  nel caso dello spazio dedicato a Giuseppe Penone, la compresenza di opere storiche e recenti non offre soluzioni sempre felici. 

Arte Povera: una guerriglia un po’ troppo addomesticata

Nel caso di Alighiero Boetti una serie di capolavori è stata allestita in uno spazio non abbastanza grande per offrire ai lavori il giusto respiro, come invece accade per i lavori di Pino Pascali, a cominciare da Confluenze (1967). Molto efficaci le sale nel piano seminterrato: se un ambiente  adeguato è stato dedicato ad Emilio Prini, al quale viene giustamente riconosciuta la rilevanza nell’elaborazione teorica del pensiero poverista, le sculture di Gilberto Zorioall’interno della Sala Macchine si impongono nella loro potenza simbolica ed alchemica .Qui opere storiche come Piombi II (1968),  Luci (1968) e Arco Voltaico (1968) – oltre all’installazione sonora Microfoni (1968), che prevede un’interazione coi visitatori- sembrano far rivivere lo spirito rivoluzionario di una corrente definita da Germano Celant nel 1967  “una guerriglia”, forse troppo addomesticata in questa mostra alla Bourse de Commerce.

Ludovico Pratesi 

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Ludovico Pratesi

Ludovico Pratesi

Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…

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