Superare la tessitura. L’arte di Olga de Amaral in mostra a Parigi
Oro, fili, luce, geometria. Il lavoro di Olga de Amaral è celebrato in tutte le sue sfumature alla Fondation Cartier di Parigi, in una grande retrospettiva con installazioni monumentali
Nonostante la sua fama internazionale, il lavoro di Olga de Amaral è stato sino ad ora poco rappresentato in Europa. Fondation Cartier pour l’art contemporain a Parigi presenta ora una grande retrospettiva dedicata a questa artista colombiana di norma inserita nell’alveo della fiber art, sebbene questo termine sia insufficiente a definire il suo lavoro. Si tratta infatti di un corpo di opere che prende l’avvio dallo studio dei canoni dell’astrattismo del secondo dopoguerra.
Chi è Olga de Amaral
Nata nel 1932 a Bogotà, de Amaral nel 1954 raggiunge la Cranbrook Academy nel Michigan, vicina agli insegnamenti della tedesca Bauhaus: qui sviluppa un profondo interesse per il colore e intraprende i primi radicali esperimenti tessili intrisi di composizione e geometria. Al suo ritorno in Colombia l’anno seguente affianca le tecniche apprese negli USA alla conoscenza dei tessuti tradizionali del suo Paese, per opere che si ispirano alla storia e ai paesaggi di questa terra: agli altipiani delle Ande, alle valli e alle vaste pianure tropicali.
La mostra di Olga de Amaral alla Fondation Cartier di Parigi
Va subito precisato che lo spazio espositivo progettato nel 1994 da Jean Nouvel in Boulevard Raspail è tutto fuorché neutro. Fondation Cartier per questo prevede per ogni esposizione l’intervento di architetti capaci di allestimenti adeguati. In questo caso la franco-libanese Lina Ghotmeh si è immersa nelle fonti di ispirazione dell’artista. Ha per questo utilizzato i due volumi del piano terra e quello al piano inferiore per contenere 80 opere, alcune delle quali gigantesche. Varcata la soglia della Fondazione si accede ad un interno circondato da un giardino a vista su tre lati: Gometh ha allestito lo spazio con un paesaggio di blocchi di ardesia che collegano interno ed esterno incastonando le opere esposte in un paesaggio aspro. Il visitatore incontra qui le prime esplorazioni di Olga de Amaral: a partire dagli Anni Sessanta quando l’artista si cimenta per espandere i confini del mezzo tessile, sperimentando tanto materiali (lino, cotone, crine di cavallo, gesso, foglia d’oro, palladio) che tecniche diverse (tessitura, nodi o trecce) per creare pezzi tridimensionali monumentali.
Oltre l’arazzo. Le opere di Olga de Amaral
Nello spazio attiguo sempre a piano terra appaiono invece lavori di tutt’altro genere: si tratta di ventitré opere provenienti dalla serie intitolata Brumas (Nebbie), a cui l’artista ha iniziato a lavorare nel 2013, ovvero composizioni costituite da migliaia di fili di cotone rivestiti di gesso e ricoperti di vernice acrilica. Sono sospese e cadono come una pioggia di forme geometriche colorate che si riflettono nelle pareti di vetro e sul pavimento dell’ambiente, grazie a un’illuminazione appositamente disposta. In questo modo Olga de Amaral si è liberata dalla tessitura e di conseguenza da qualsiasi retaggio ricongiungibile alla tradizione dell’arazzo: nessun intreccio è presente per questi fili che corrono esclusivamente in maniera parallela e distaccata.
50 anni d’arte di Olga de Amaral in mostra a Parigi
Il piano inferiore offre invece l’opportunità di scoprire per intero il lavoro sviluppato negli ultimi cinque decenni. In questo caso con un percorso organizzato tanto cronologicamente quanto tematicamente. C’è tutto quel che ci deve essere: la sperimentazione attorno a tecniche e materiali della prima ora, il legame con il mondo naturale e il territorio colombiano e infine la ricerca della luce. L’ambiente è buio, lungo i muri o disposte al centro della stanza i lavori illuminati da fasci di luce rivelano quanto di prezioso contengono: si propongono come quadri, colonne, contrafforti, portali, si fanno essi stessi architettura.
La spirale e l’oro nelle opere di Olga de Amaral
È il motivo della spirale (simbolo della fertilità, del movimento infinito e della creazione) che ritroviamo in più opere di Olga de Amaral ad aver ispirato l’organizzazione di questo spazio che conduce infine verso l’ultima stanza. Qui trionfa l’oro delle sue Estelas, iniziate ad eseguire nel 1996. Presentate come un unico gruppo, sono composte da una struttura rigida di cotone intrecciato ricoperta da uno spesso strato di gesso, poi vernice acrilica e quindi foglia d’or che nasconde ogni traccia di tessuto permettendo di trasformare il tessuto in una superficie che diffrange e riflette la luce. Ognuna di questi lavori, forse megaliti, totem, menhir o pietre stellari, ricorda le sculture votive funerarie e monumentali dei grandi siti archeologici precolombiani. L’uso dell’oro è una delle maggiori caratteristiche del linguaggio artistico di Olga De Amaral: è questo il colore che le permette di stabilire un dialogo tra credenze diverse. Ricorda gli altari delle chiese barocche di Bogotà, ma anche l’oreficeria precolombiana e la sua connotazione sacra. Se in generale i movimenti artistici degli Anni Settanta e Ottanta lasciarono poco spazio allo spirituale, questi lavori al contrario ne sono totalmente pervasi.
Aldo Premoli
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