Il mito contemporaneo prende vita nelle tele di Nicola Verlato a Imola Musei

Apparentemente classiche ma in verità tecnologiche e concettuali: così le grandi opere del pittore veronese indagano il tema del conflitto tra storia e contemporaneità

L’iperfiguratività non è l’unica protagonista nella ricerca di Nicola Verlato (Verona, 1965). Ciò che interessa l’autore è anche il racconto di come i miti si creino nella nostra modernità, e come essi si manifestino attraverso il tempo. Gli spazi di Imola Musei accolgono Myth Generation — un’importante antologica a cura di Diego Galizzi dedicata all’artista che, a partire dalle prime prove arriva a esporre una gran parte della sua produzione fino alle opere più recenti.

Nicola Verlato: il tema del conflitto in pittura

Il tema del conflitto, su cui si incentra la narrazione, è il filo conduttore della gran parte delle tele. Il conflitto tra i popoli, il conflitto tra l’uomo e il progresso e il conflitto dell’uomo con se stesso sono i classici e immancabili temi storico-filosofici di tutti tempi. L’immaginazione di Verlato propone lo scontro come opportunità di raccontare una metafora multilivello, dove ogni elemento fa parte del passato, del presente, e del possibile futuro. 
L’opera Conquest of the West (2012) è una tela alta due metri, carica di azione ed emozione. Entrambi i protagonisti dell’opera incontrano una triste sorte. Un cowboy a petto nudo spara il colpo mortale; la donna indigena colpita, nell’ultimo atto di ribellione, ferisce gravemente il suo aggressore con l’ascia, castrandolo. Così il colonizzatore perde la speranza nel proprio futuro. Il dramma si svolge su un magnifico letto d’erba e fiori; terra che rimarrà, in silenzio, a osservare futuri massacri e cambiamenti di potere. 

Nicola Verlato, Conquest of the West, 2012, olio su tela, cm 204x137. Foto Sergio Orselli
Nicola Verlato, Conquest of the West, 2012, olio su tela, cm 204×137. Foto Sergio Orselli

Le opere di Verlato in mostra a Imola

Un conflitto ancora più suggestivo è illustrato dalla serie Actaeon (2019). Nel mito, Atteone, dopo aver provocato l’ira di Artemide, viene inseguito dai suoi stessi cani da caccia. La resa visiva di Actaeon è minimalista, il paesaggio è sostituito da muri anonimi e sordi, in contrasto con la lotta in primo piano. Mentre il corpo dell’uomo è reso in una forma quasi iperrealista; i cani rabbiosi, privi di dettagli, richiamano i modelli 3D, propri di CGI. In quest’ottica il mito di Atteone si trasforma in una lotta tra l’uomo e la macchina da lui creata. Creatura obbediente che però potrebbe giustiziare il suo artefice. Lo sfondo privo di dettagli è metafora del limbo ideologico in cui la società ha sospeso la valutazione etica dell’intelligenza artificiale.

Verlato: la creazione di un mito in tempo reale

Per Nicola Verlato il processo di metaforizzazione dei temi avviene tramite l’inserimento di figure dotate di un bagaglio concettuale e ideologico. Il repertorio della cultura popolare è ricco di idoli come Madonna, James Dean o Michael Jackson, che fanno parte della ricerca dell’artista. A Verlato, però, mancava una figura simile da collocare nel contesto italiano. È nata così la ricerca sulla poesia e sulla morte di Pier Paolo Pasolini.
Verlato dedica una serie di tele dipinte tra 2020 e 2022 all’assassinio del poeta e regista italiano. Nel Ritrovamento del corpo di P.P.P. (2020) vi è un riferimento alla cronaca nera, nella composizione monumentale in bilico tra Caravaggio e i Carracci. La messa in scena è drammatica, carica di una tensione enfatizzata anche dal richiamo alle storie di santi come Cecilia, Sebastiano o lo stesso Cristo, nel motivo della Deposizione. Questa narrativa visiva non può che canonizzare la figura di Pasolini. Nella folla che circonda il suo corpo si intravedono personaggi diversi, alcuni noti tra cui il poeta Ezra Pound o il suo stesso assassino, Pino Pelosi. In avanscena, due tecnici del set cinematografico si affrettano a chiudere la giornata lavorativa, segnalando la fine di Pasolini-regista. 

Pasolini nell’opera di Nicola Verlato

I tentativi di collocare la storia di Pasolini nel contesto storico e culturale non finiscono qui. Nel 2022, Verlato rappresenta il poeta e regista nei panni del drammaturgo cinquecentesco Christopher Marlowe e, successivamente, in quella di Gaio Gracco. Entrambi personaggi storici, rivoluzionari e profeti, che hanno subito una fine violenta e leggendaria. Cambiano le storie e gli ambienti, ma l’azione centrale rimane la stessa: la morte di Pier Paolo Pasolini per mano di Pino Pelosi.
Il bagaglio storico-culturale è al servizio della creazione del mito contemporaneo legato alla vita e morte di Pasolini, nonché alla sua eredità artistica. 

A Imola Complicità tra tradizione e tecnologia

La complessità e il monumentalismo delle tele di Nicola Verlato inducono lo spettatore a credere che sia la pittura stessa il punto focale della sua indagine. La verità è che l’opera iperrealista e narrativa è frutto di una lunga ricerca formale in cui resta centrale il rapporto con il soggetto. Il pittore veronese inizia con gli schizzi a penna o matita, creando centinaia di bozze che aiutano a sbloccare l’immaginazione in un continuo processo di sperimentazione.  Definita così la chiave compositiva, Verlato passa alla modellazione 3D dei corpi e dei volti, cercando la giusta disposizione nello spazio e gli effetti di chiaroscuro. Solo alla fine di questa fase, procede con il dipinto su tela. 
Il fascino dell’autore per la modellazione digitale è iniziato con l’uscita del film “Tron” nel 1982, che gli ha fornito diversi punti di riferimento per la sua ricerca artistica. L’uso del wireframe e del rendering evolvono nel mondo mediale del cinema la ricerca sullo spazio tipica della pittura, avviata nella prospettiva rinascimentale. 

Cinema e arte nella pittura di Nicola Verlato

Ispirato da questa rivelazione, Verlato adotta con entusiasmo le forme tridimensionali cinematografiche e le include nella sua pratica processuale. Così ha origine la serie Essente o una tela monumentale The Merging. Quest’ultima si estende lungo un muro di sei metri, e rappresenta un cambio importante nel rapporto tra Nicola Verlato e il suo pubblico. Ambienti e personaggi emanano una tensione che li spinge fuori dalla tela, verso lo spettatore, al quale non resta altro che contemplare l’opera. Nel caso di The Merging, lo spettatore decide il punto di vista. Grazie all’app di realtà aumentata, legata al dipinto, è possibile esplorare l’opera oltre la bidimensionalità della tela, entrando letteralmente al suo interno. Nell’arte Verlato la classicità è solo apparente, dal momento che ogni opera deriva da una profonda elaborazione concettuale e tecnologica. 

Valeria Radkevych

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Valeria Radkevych

Valeria Radkevych

Valeria Radkevych (1995, Lugansk, Ucraina) è una curatrice e ricercatrice indipendente. Ha conseguito una laurea magistrale in arti visive con doppio titolo, condiviso tra l'Università di Bologna e la Paris 1 – Panthéon Sorbonne. La sua ricerca, avviata con la…

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