Senza mai sfiorire: a Spoleto una ricognizione sulla scultura italiana contemporanea
Il progetto a cura di Saverio Verini punta i riflettori sulla generazione di artisti nati negli Anni Settanta, in ideale continuità con Sculture nella città, la mostra curata da Giovanni Carandente nel 1962
Nell’estate del 2023 il piano terra di Palazzo Collicola a Spoleto aveva ospitato la collettiva La sostanza agitata, con la quale il nuovo direttore Saverio Verini inaugurava la sua programmazione con un’interessante indagine, ad ampio raggio, sull’evoluzione della scultura italiana contemporanea, frutto delle ricerche di artisti under 35.
La mostra “Senza mai sfiorire” a Spoleto
Dopo un anno e mezzo, ma questa volta nella cornice aristocratica del piano nobile, tra affreschi, stucchi, tele e arredi settecenteschi, Verini cura una sorta di sequel intitolato Senza mai sfiorire. Densità e leggerezza nella scultura italiana contemporanea, che punta i riflettori sulla generazione di artisti nati negli Anni Settanta, in ideale continuità con Sculture nella città, la mostra curata da Giovanni Carandente nel 1962, tra strade e piazze del centro storico della città umbra. Un’indagine sulle caratteristiche di un linguaggio che appartiene di diritto alla tradizione italiana, coniugato in questa occasione con il Genius loci della dimora gentilizia, dove si respira quell’atmosfera di nobiltà decaduta che tanto aveva affascinato Luchino Visconti, protagonista di uno dei suoi film meno noti, Vaghe stelle dell’Orsa (1965), girato nei saloni del palazzo Incontri-Viti a Volterra. Grazie ad una ponderata e puntuale scelta dei dodici invitati-ognuno rappresentato da un solo lavoro-il percorso espositivo segue la teoria dei saloni, dove sono posizionate le opere, in dialogo con i diversi ambienti.
“Senza mai sfiorire”: le opere in mostra
Se il Rosone (186) (2017) di Fabrizio Prevedello rimanda alla trasparenza dei rosoni gotici, entrando in sintonia con le facciate delle chiese della città, Senza titolo (2022) di Giovanni Kronenberg si inserisce, in maniera ironica, nell’ iconografia del cavaliere in armi, quasi a suggerire reminiscenze di un medioevo da operetta di sapore calviniano, tra visconti dimezzati e cavalieri inesistenti. Essenziale ma un filo troppo minimalista l’opera On walking (2017) di Rossella Biscotti, mentre il masso in pietra lavica di Francesco Arena che ospita due quotidiani arrotolati –Piccolo masso con ieri e oggi (2022) – appare, nella sua severità, come uno dei lavori più incisivi della rassegna. Ludico e giocoso l’intervento installativo di Francesco Carone (La serpe, 2013-2024) con il serpente di bronzo che affiora nel mare di palloncini colorati, rompendo la verticalità dei lavori di Giorgio Andreotta Calò (Scolpire il tempo, 2010) e Francesco Barocco (Senza titolo, 2023), mentre la scultura di cemento colorato poggiata sul pavimento in cotto di Sara Enrico (The Jumpsuit Theme,2023) inserisce la dimensione del corpo umano, grande assente tra i lavori in mostra.
Spoleto e l’arte contemporanea
L’itinerario si conclude con un crescendo, annunciato da Prey (2020), una delle opere più forti e incisive di Marzia Migliora, per proseguire con Circoscritta (2016-2024) di Giovanni Termini, installazione giocata su un equilibrio precario tra forme e materiali diversi. La conclusione è affidata a Space Time (Honolulu) (2019) di Patrick Tuttofuoco: un fulmine in neon, collocato in fondo alla galleria del palazzo.
Una sorta di energia infusa dall’arte contemporanea in un edificio simbolo del passato di Spoleto, città ancora troppo legata alle edizioni passate del Festival dei Due Mondi, che oggi ha tutte le carte in regola per guardare ad un futuro innovativo, legato ai linguaggi delle nuove generazioni, come fece negli Anni Cinquanta, grazie al coraggio e alla visionarietà di Giancarlo Menotti.
Ludovico Pratesi
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