Le colonnine di ricarica delle auto elettriche ripensatedagli artwork di Ray Oranges
Prosegue il progetto di public art promosso da Plenitude tramite la sua controllata Be Charge per ridisegnare le stazioni di ricarica delle auto elettriche in 13 comuni d'Italia. Dopo Alberto Casagrande e Jonathan Calugi, ora tocca all'artista calabrese
Calabrese di nascita e toscano di adozione, Ray Oranges è il terzo artista italiano coinvolto nel progetto promosso da Plenitude, The Art in Motion Museum, ideato per trasformare le colonnine di ricarica in tredici comuni sul territorio nazionale in opere d’arte. Dal suo punto di vista, far uscire le opere dai luoghi deputati come musei e gallerie non è solo un’azione in linea con i ritmi serrati della vita contemporanea, ma un atto di democratizzazione, regalando a quante più persone possibile un momento di bellezza. E Plenitude, partendo dallo stesso presupposto, ha trasformato un gesto semplice come la ricarica di un veicolo elettrico, in un momento di connessione tra arte e territorio attraverso il coinvolgimento di tre artisti italiani.
Con Plenitude le colonnine di ricarica diventano opere d’arte
Alberto Casagrande, Jonathan Calugi e Ray Oranges ispirandosi al concept Energia in movimento, alla base del progetto, hanno creato, ciascuno secondo le proprie modalità espressive, quindici opere per promuovere la mobilità elettrica. Le colonnine, concepite per armonizzarsi con il paesaggio che le ospita, sono strategicamente collocate in luoghi rappresentativi del territorio, come città, borghi, paesi di montagna e località di mare.
L’intervento di Ray Oranges per Plenitude. L’intervista
Come hai rappresentato il concept del progetto: “Energia in movimento”?
Lo spazio e la relazione con esso hanno sempre rivestito un ruolo fondamentale nel mio modo di fare arte. Considerando le caratteristiche di The Art in Motion Museum, ho voluto cogliere l’occasione per creare un dialogo con il territorio italiano, immaginando ogni artwork come un’istantanea scattata dal finestrino di un’auto.
Le cinque opere, distribuite lungo la penisola da nord a sud, non sono però rappresentazioni fedeli del territorio, ma astrazioni ipotetiche e oniriche in cui elementi naturali e architettonici si mescolano in proporzioni sempre diverse. Sono, per me, una metafora del viaggio attraverso gli spazi che ci circondano e che, inevitabilmente, contribuiscono a definirci.
Questi artwork, inoltre, non esistono come entità isolate: posti uno accanto all’altro, i loro elementi si connettono per formare un’unica grande tela, un panorama coeso e dinamico.
Pensi che l’arte possa contribuire al cambiamento?
Sì, credo che l’arte possa essere uno strumento potente per il cambiamento, sia a livello individuale che sociale. La sua forza risiede nella capacità di emozionare, di sfidare le convenzioni e di stimolare nuove riflessioni. Gli artisti hanno spesso la capacità di far emergere verità nascoste, di far riflettere su questioni sociali, politiche o ambientali, creando un impatto che va al di là delle parole o dei dati.
Qual è il messaggio che vuoi dare con questo progetto?
Il mio messaggio spero sia di positività ma, soprattutto, intendo rendere omaggio ai colori dell’Italia perché nel mio lavoro forse i protagonisti sono proprio loro. Ho usato una color palette molto ampia perché penso sia doveroso farlo in un paese come il nostro. I colori in Italia sono una celebrazione della vita, ne siamo circondati. Dalle sfumature calde dei tramonti sulle coste, alle vivaci tonalità di verde delle montagne. I colori nel mio lavoro non hanno solo un valore estetico, ma diventano un linguaggio che parla direttamente al cuore, un simbolo di una bellezza che non smette mai di evolversi.
Le colonnine di ricarica: un progetto di public art
Ray Oranges e la trasformazione dell’ambiente urbano attraverso l’arte. A chi ti rivolgi con questo lavoro?
Il mio lavoro è pensato per tutti coloro che vorranno, anche solo per un momento, fermarsi ad osservare. L’obiettivo non è solo decorare, ma trasformare l’ambiente urbano in un luogo che stimoli emozioni, riflessioni e interazioni. È pensato per dialogare con la città e con la sua comunità.
Cosa vuol dire per te inserire l’arte nel contesto pubblico?
Inserire l’arte nel contesto pubblico significa renderla accessibile, visibile e integrata nella vita quotidiana delle persone, in modo che possa essere fruita e interpretata da tutti. È un atto che democratizza l’arte, avvicinando le persone alla creatività e alla riflessione che essa può suscitare, senza barriere economiche o culturali. È l’inaspettata bellezza dietro l’angolo.
L’arte contemporanea come strumento per proiettarsi nel futuro. Si può parlare oggi di arte che guarda verso il futuro?
Sì, oggi si può sicuramente parlare di arte che guarda verso il futuro. E credo che molte delle pratiche artistiche contemporanee stiano affrontando tematiche, tecniche e visioni che sfidano la nostra percezione del futuro, esplorando ciò che ci aspetta a livello tecnologico, ecologico, sociale e culturale. L’arte che guarda verso il futuro non è solo una questione di stile o estetica innovativa, ma è anche una riflessione sulle sfide e le opportunità che caratterizzano il nostro tempo e quello che ci attende.
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Ludovica Palmieri
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