Da rifiuti a risorse. Una mostra a Tokyo esplora il ciclo di vita dei rifiuti (e della cacca!)
Al 21_21 Design Sight di Tokyo, la mostra “Pooploop” sfida uno dei più grandi tabù della nostra società. Esplorando come scarti ed escrementi umani possano trasformarsi in risorse per altre forme di vita
Ma dove vanno davvero a finire i nostri rifiuti? Raramente ci soffermiamo a pensare a quello che succede dopo aver gettato qualcosa nella spazzatura o tirato lo sciacquone. Fino al 16 febbraio 2025, il 21_21 Design Sight di Tokyo – lo spazio espositivo fondato da Issey Miyake e progettato da Tadao Ando – invita il pubblico a riflettere su questi aspetti troppo spesso trascurati attraverso una mostra dal titolo tanto spiazzante quanto geniale: Pooploop. Curata da Taku Satoh e Shinichi Takemura, la rassegna ci sfida a ripensare le deiezioni umane non come semplici scarti, ma come parti integranti del ciclo naturale dei materiali.
La mostra Pooploop al 21_21 Design Sight Museum di Tokyo
In natura, infatti, il ciclo delle risorse è senza fine: ogni cosa trova il proprio posto all’interno di un sistema continuo di crescita e rigenerazione, e nulla viene sprecato in maniera definitiva. La società contemporanea, al contrario, tende a relegare la gestione dei rifiuti ai margini della nostra consapevolezza, portando a una graduale disconnessione dai reali impatti delle nostre abitudini di consumo. Con Pooploop, Satoh e Takemura non si limitano a riflettere sulle implicazioni ambientali delle moderne infrastrutture di smaltimento, ma anche sulla nostra percezione dei concetti di “sporco” e “indesiderabile”, chiedendosi come ciò che un tempo faceva parte del nostro corpo ora venga considerato impuro ed etichettato come tabù. Per esempio, durante il periodo Edo in Giappone, i rifiuti, compresi gli escrementi, erano parte di un ciclo naturale integrato nella vita sociale. Con l’avvento della modernità e del capitalismo, questa visione ciclica è stata progressivamente sostituita da un approccio frammentato.
Quando i rifiuti diventano opportunità
La storia della Terra è, in fondo, la storia di un “pooploop”, di un riciclo creativo. Ogni nuova forma di vita, infatti, ha portato con sé nuove tipologie di rifiuti, precedentemente sconosciute. L’ossigeno, prodotto come scarto dai cianobatteri circa 2,7 miliardi di anni fa, era inizialmente un rifiuto nocivo, prima di diventare un aspetto fondamentale per la sopravvivenza di diverse forme di vita. Quando i rifiuti si accumulano al punto da diventare un problema, l’unica via d’uscita è riutilizzarli, trasformando gli scarti in una risorsa. Lo stesso per gli escrementi.
Il design come strumento di cambiamento
L’innovazione, quindi, nasce in tempo di crisi. Quando i rifiuti (umani e non) raggiungono livelli incontenibili, l’innovazione tecnologica si verifica per necessità. Gli esseri umani non sono state le uniche creature a modificare l’ecosistema della Terra, ma sono le prime a esserne coscienti e ad avere il potere di indirizzare i cambiamenti futuri. Sta a noi scrivere il prossimo capitolo della storia, e il design può cambiare il nostro rapporto con i rifiuti presentando progetti che utilizzano materiali di scarto in modi creativi. Tra le opere esposte, infatti, spiccano le sculture e i pannelli murali di Koro Ihara, realizzati con letame animale, insieme agli accessori di Studio Swine, creati con capelli umani, oltre a un vasto archivio che include 190 tipi di suolo, una collezione di fossili e conchiglie, varie tipologie di scarti corporei e oggetti legati al processo di fermentazione. Con Pooploop, Satoh e Takemura suggeriscono che le attuali sfide ambientali – cambiamento climatico, inquinamento, esaurimento delle risorse – possono essere il motore per nuove modalità di pensiero e azione.
Cecilia Moltani
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