Lo spazio Zac di Palermo cambia gestione. Via la Fondazione Merz arriva l’Accademia di Belle Arti
L’ex hangar dei Cantieri Culturali alla Zisa, destinato dal 2012 all’arte contemporanea, stenta a trovare identità e continuità. Dopo gli ultimi tre anni, in cui la Fondazione Merz di Torino lo ha gestito in piena autonomia, il Comune trova con un bando un nuovo inquilino
Gli infiniti mutamenti e le incompiute sorti di un posto come Zac, l’ex hangar che il Comune di Palermo destinò, ormai tredici anni fa, all’arte contemporanea: oggetto del desiderio della comunità artistica e intellettuale, fardello ingestibile per l’amministrazione, sfida importante per chiunque abbia pensato di metterci risorse proprie, questo enorme spazio espositivo – un unico ambiente di circa 1.500 mq – resta imbrigliato in un destino d’insicurezza, nella spasmodica ricerca di un vestito su misura, di una formula giusta, di una riconoscibilità. Cambiando pelle di continuo e registrando a fasi alterne successi, fallimenti, momenti di stasi, Zac diventa metafora di una città che per natura si ritrova a fare e disfare, a emergere, costruire, poi sprofondare, girare a vuoto, dimenticare, spazzare via e ancora risalire.
Nuova stagione all’orizzonte, dunque, per quest’affascinante struttura che ha pagato il prezzo di politiche culturali altalenanti, poco lungimiranti, incapaci di andare oltre il singolo evento e di garantire continuità, solidità, responsabilità progettuale, identità. Inaugurato nel 2012, sotto la giunta di Leoluca Orlando, Zac era (o doveva essere) un diamante all’interno del complesso di archeologia industriale denominato “Cantieri Culturali alla Zisa“, nato nel 1996 sulle macerie delle gloriose fabbriche Ducrot e riservato a istituti culturali, festival, attività ricreative e di formazione.
Oggi, dopo un limbo di circa un anno, c’è una novità: l’Accademia di Belle Arti di Palermo, che da lungo tempo utilizza alcuni padiglioni dei Cantieri come aule e laboratori, avrà l’onere di ripensare e rilanciare il grande contenitore cittadino intitolato alle arti contemporanee. Ma cosa è accaduto in questi mesi?
La Fondazione Merz e lo Zac di Palermo
Scaduto l’incarico diretto che ne aveva fatto, tra il 2021 e il 2023, la sede palermitana della Fondazione Merz di Torino – dietro copertura totale dei costi e a fronte di una gestione autonoma dei contenuti – tutto cambia improvvisamente: il centrodestra, vincitore delle elezioni comunali nel 2022, si trova a dover gestire questo nuovo passaggio. Dopo mesi di attese e di trattative, nell’estate del 2024 arriva la conferma: l’incarico alla Merz non viene rinnovato, nonostante la qualità della proposta espositiva, in linea con i migliori parametri internazionali. In tre anni, con la presidenza di Beatrice Merz e la direzione curatoriale di Agata Polizzi, Zac è stato teatro di mostre collettive con artisti di grande valore e opere ben commisurate con l’impegnativo volume monolitico. Un lavoro di ricerca, condotto con qualità e coerenza, a suggello di un impegno che la fondazione coltivava già da molti anni, ideando e realizzando per Palermo importanti iniziative diffuse.
L’egregio curriculum però non è bastato. E non per un fatto di merito, come ha spiegato l’assessore alla Cultura Giampiero Cannella, quanto di metodo: affidare uno spazio pubblico a un ente privato, con un secondo incarico diretto, sarebbe stata un’operazione non trasparente, legalmente indifendibile. Si imponeva a quel punto un approccio più equo, nel rispetto delle procedure. Ecco allora la proposta di un partenariato, una forma di collaborazione con il Comune: preso atto del rinnovato impegno della Fondazione, che aveva presentato un nuovo programma triennale, un avviso pubblico avrebbe verificato l’assenza di competitor più idonei, per procedere poi al protocollo d’intesa.
La cosa tuttavia non andò in porto. Così motivò la scelta Beatrice Merz, in una nota riportata allora da la Repubblica: “Abbiamo domandato qualche giorno per valutare il nuovo possibile percorso, insieme ai nostri legali e al consiglio di amministrazione. Fatte le dovute e approfondite valutazioni, emergeva che la natura del programma culturale appositamente concepito per proseguire il progetto ZACentrale della Fondazione a Palermo, poco si accordasse con la nuova formula di partenariato, in quanto già ampiamente dotata di una rete di collaborazioni professionali e istituzionali, esperita da tempo e disponibile a mettersi da subito al lavoro”. Se il Comune voleva, legittimamente, entrare in gioco come partner, dal punto di vista della Fondazione c’era il rischio di mettere in discussione un assetto già definito, una macchina rodata, il proprio circuito di partner e di professionisti, la propria linea curatoriale.
Il progetto dell’Accademia di Belle Arti per Zac
L’assessore persegue allora la via del bando pubblico, con una manifestazione di interesse per la gestione dello Zac, aperta a fondazioni, enti, associazioni. Il modello si ispirava evidentemente all’esperienza degli ultimi tre anni: rinunciando a gestire direttamente lo spazio, si cercava un soggetto esterno che potesse farsene carico e che garantisse ideazione scientifica, investimenti economici e produzione di contenuti, per la durata di un ulteriore triennio, “senza alcun onere finanziario per l’Amministrazione Comunale” e prevedendo “la più ampia partecipazione di terzi interessati con competenze specifiche nel settore dell’arte visiva contemporanea”. Veniva inoltre offerta la possibilità di emettere un biglietto, a copertura dei costi sostenuti, riservando eventuali eccedenze all’amministrazione stessa.
La Fondazione Merz, con ogni probabilità, avrebbe vinto a mani basse. Scaduto il 5 dicembre 2024, il bando va però deserto. Merz non pervenuta, nessun’altra realtà prova a cogliere la sfida. Arriva dunque una proroga fino al 7 gennaio e a sorpresa qualcuno si fa vivo: l’Accademia di Belle Arti di Palermo è l’unico candidato, unico soggetto che ritiene di potersi misurare con lo splendido gigante dei Cantieri. L’idea progettuale poggia su alcuni punti di forza – l’autorevolezza istituzionale, l’imponente rete di relazioni, la vocazione primaria per la formazione, il rapporto forte con la città – e punta alla costruzione di un programma diversificato di eventi (mostre, performance, residenze, rassegne cinematografiche, workshop), con un’attenzione speciale per i giovani artisti e con l’ambizione di diventare riferimento per l’arte contemporanea dell’area del Mediterraneo, nel nome dell’interculturalità e del dialogo tra istituzioni, accademie, artisti, operatori culturali di Paesi diversi.
Come riuscirci? Non senza il contributo, va da sé, di enti pubblici, sponsor, mecenati, realtà del terzo settore: una rete tutta da costruire, per reperire risorse finanziarie, organizzative e professionali.
Il commento dell’assessore alla Cultura di Palermo
Il tema della sostenibilità sarà oggetto di un secondo step, che porterà il Comune e l’Accademia a confrontarsi nel dettaglio sui programmi, le strategie, i piani economici, le modalità e gli attori coinvolti. L’assessore Cannella, intanto, si mostra speranzoso e soddisfatto: “Lo Zac è un fiore all’occhiello dei Cantieri culturali-Officine Ducrot” ci dice “uno spazio con grandi potenzialità e con una vocazione di luogo d’incontro e diffusione dell’arte contemporanea. Mi ha un po’ stupito lo scarso interesse verso la gestione del padiglione dimostrato dall’assenza di altre proposte concorrenti. Ma l’Accademia di Belle arti di Palermo è una validissima e autorevole istituzione, dunque presteremo molta attenzione al progetto presentato. Sono certo che lo Zac potrà diventare un punto di riferimento dell’arte contemporanea del Mediterraneo, un luogo d’incontro e dialogo con realtà artistiche e culturali diverse”.
Un esito che in parte rassicura chi aveva interpretato con sospetto il mancato affidamento alla Merz, temendo un’involuzione, un sabotaggio, addirittura uno snaturamento dello spazio (magari con la sciagurata ipotesi di farne un locale per feste o meeting).
Il futuro di Zac a Palermo
Ma il dubbio a oggi rimane: come portare a compimento il disegno abbozzato dall’Accademia? Con quali risorse? E quanto tempo sarà necessario? Mesi, certamente. Nel frattempo Zac resterà vuoto o accoglierà iniziative random autofinanziate e mostre-pacchetto, come avviene nei classici spazi-contenitore?
Prima dell’arrivo della Fondazione Merz l’assenza di una linea chiara aveva generato un mix tra buone mostre e operazioni minori, tra esperimenti pensati e altri importati: a mancare è stata la costanza, la forza di scommettere solo su grandi progetti site-specific – certamente impegnativi – cuciti addosso allo spazio e costruiti secondo criteri scientifici omogenei. Nonostante i buoni propositi dell’amministrazione e alcune idee azzeccate, la sostanza negli anni è infatti rimasta invariata: l’assenza di una dotazione economica, la rinuncia a uno specifico status giuridico (che ne è dell’idea di istituire una Fondazione Cantieri, con partner all’altezza?), l’indisponibilità a nominare un direttore, magari tramite bando internazionale, e di garantirgli una squadra di lavoro, infine l’incapacità di intercettare sponsor e mecenati di alto profilo, hanno relegato questo luogo a una condizione di instabilità mai superata. Affidarlo a una grossa realtà privata ha significato da un lato offrirgli una valida chance, dall’altro certificare una resa.
Spiace per la fine dell’esperienza torinese, un’eccellenza che ha regalato a Palermo il contributo ragionato di ottimi artisti, e insieme rincuora il passo coraggioso dell’Accademia, solido ente pubblico che avrebbe ottimi numeri da giocare, pur con tutte le difficoltà e i rischi del caso. Al centro, oggi come ieri, il tema del rapporto con il territorio, dell’effettiva capacità di coinvolgere una platea ampia, di seminare, di costruire immaginari e relazioni, di lavorare per la collettività senza rinunciare alla ricerca, all’innovazione, al rigore. Resta questo il vero focus di ogni azione politico-culturale che punti a essere non solo affannata gestione del quotidiano, ma avveduta costruzione del futuro.
Helga Marsala
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