Tra disegno e scultura. L’arte informale di Luisa Gardini in mostra a Bologna
Al Palazzo Patroni di Bologna, sede della Fondazione del Monte, va in scena l'arte materica e concettuale di Luisa Gardini. La rassegna attraversa l’intero arco della produzione dell’artista, dalla fine degli Anni Cinquanta a oggi

È una ricerca sul segno o sulla materia? Quella di Luisa Gardini (Ravenna, 1935) è una pratica giocata su quel terreno laminare nel quale si incontrano, quasi confluiscono, pittura e scultura. Figlia dell’informale, da sempre contesa tra superficie piana e terza dimensione, l’artista ravennate classe 1935 è al centro di una densa retrospettiva accolta fino al prossimo 8 marzo 2025 nelle sale della Fondazione del Monte di Bologna. L’obiettivo, da parte dell’istituzione felsinea, è quello di rendere omaggio a una figura di rilievo del panorama nazionale, proseguendo al tempo stesso la sua indagine sulle poetiche e sulle pratiche “di artiste nate o attive in Emilia-Romagna, appartenenti a una generazione che ha avuto un riconoscimento tardivo”.
Gli inizi di Luisa Gardini
Attiva sin dalla fine degli Anni Cinquanta, dopo gli studi presso il Liceo artistico di Ravenna Luisa Gardini si trasferisce a Roma per frequentare l’Accademia di Belle Arti: il rapporto quotidiano con Toti Scialoja e con i giovani artisti che seguono i suoi corsi in via Ripetta, la scoperta dell’arte americana, di Arshile Gorky e Jasper Johns, e dell’Action Painting – con la mostra di Jackson Pollock alla Galleria d’Arte Moderna di Roma –, segnano il suo esordio e nutrono il suo linguaggio. Risalgono a questo periodo iniziale le due carte nel 1958: due lavori nei quali a essere investigato è il segno nella sua natura più infantile e primordiale. Da queste due opere “iniziatiche” prende idealmente il via il percorso espositivo, sviluppato tuttavia secondo un canone associativo piuttosto che cronologico.










Il passaggio dalla scultura al disegno
Costruita per risonanze tra gesti, segni e immagini ricorrenti nella poetica dell’artista, la rassegna – dal titolo La stessa voce ma non lo stesso canto, curata da Cecilia Canziani e Ilaria Gianni – abbraccia le molteplici evoluzioni stilistiche e formali sperimentate dalla Gardini nel corso di cinquant’anni di pratica.
Oltre ai primi esperimenti su carta sono infatti presenti in maniera sostanziosa le riflessioni dell’artista sul montaggio (con vari quadri e sculture composti di oggetti quotidiani) e le opere in ceramica risalenti ai primi Anni Duemila (la frequentazione del laboratorio Gatti a Faenza in questo periodo offre alla Gardini l’occasione di reinterpretare il gesto pittorico in chiave scultorea, sperimentando la reazione tra diverse materie).
Le opere più recenti in rassegna, contraddistinte dal rinnovato utilizzo della carta come materiale d’elezione, testimoniano ancora lo studio del segno, tracciando, in sostanza, il ritorno dell’artista all’elemento primordiale da cui tutto ebbe inizio.
Alex Urso
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