A Padova per riscoprire lo spazialismo dell’artista Bruno De Toffoli
Allievo di Arturo Martini, De Toffoli fece propri gli esempi di Fontana, Hans Arp e Brancusi, mettendo a punto le sue affascinanti sculture di gesso. All’Ex Chiesa di Sant’Agnese c’è un’occasione per ammirarle assieme ai suoi disegni inediti
Le mostre sullo scultore trevigiano Bruno De Toffoli, mancato a Venezia nel 1978 sembravano scomparse dai radar espositivi. A colmare la lacuna ci ha pensato Luca Massimo Barbero, curatore della rassegna Bruno De Toffoli. L’avventura spazialista accolta negli spazi dell’Ex Chiesa di Sant’Agnese a Padova, restaurati dalla Fondazione Alberto Peruzzo.
Chi è l’artista Bruno De Toffoli
De Toffoli (Treviso, 1913 – Venezia, 1978), personaggio schivo, leggermente ombroso, ha avuto difficoltà a rapportarsi con la critica e con il mercato. Allievo di Arturo Martini, spinge all’estremo la sua lezione: semplificare la scultura, cercando l’essenzialità prossima al sasso; ridarle volume lavorando su forme naturali e semplici, insieme alla concezione dello spazialismo di Lucio Fontana. A questi autori bisogna aggiungere Arp e Brancusi, considerati modelli ideali di riferimento che lo porteranno a creare sculture dove si alternano i vuoti e pieni. Realizzate levando spessore alla materia. Dopo l’esordio del 1948 alla Bevilacqua La Masa, la partecipazione alle edizioni del 1950 e del 1953 della Biennale di Venezia. In queste occasioni, le sue sculture attirano l’attenzione per la loro originalità, superando l’opposizione tra realismo e astrazione.
Lo spazialismo di Bruno De Toffoli
Lo spazialismo non è solo una corrente artistica, ma una filosofia, un viaggio che oltrepassa la semplice rappresentazione dello spazio. Come Fontana, De Toffoli non si limita a rappresentare lo spazio: lo crea, lo plasma, lo rende fruibile. Le sue sculture in gesso sembrano monumenti verticalizzati che sfidano il vuoto, dialogando con le forme astratte, le forme surreali, le forme figurative, le forme organiche. Innestandosi in uno spazio che genera spazio. Un’ulteriore evoluzione arriva con gli Anni Sessanta alludendo alle forme a griglia come configurazione costitutiva dell’opera d’arte. Naturalismo e costruttivismo coesistono tra loro.
La prima sezione della mostra di Bruno De Toffoli nell’Ex Chiesa di Sant’Agnese a Padova
Il focus dell’esposizione è costituito dalle nove sculture degli Anni Cinquanta, provenienti dalla Collezione Intesa Sanpaolo, che trovano nuova vita tra le navate della Chiesa. A queste si affianca un album di disegni inediti, che mostra per la prima volta al pubblico veri e propri frammenti di un pensiero in evoluzione.
La prima parte del percorso è concentrata sulle creazioni di De Toffoli la cui visione plastica sembra concretizzarsi in impostazioni incorporee, con prolungamenti accennati che si ramificano nello spazio (Genesi,Metamorfosi); o manifestarsi mediante linee taglienti e audaci non bilanciate nel peso. Così facendo, l’artista si fa interprete singolare della visione spazialista attraverso la scultura. Sotto un soffitto alto più di dieci metri, le nove grandi sculture in gesso sembrano totem dalle punte aguzze dai giganteschi occhi spalancati sul nostro mondo.
La seconda sezione della mostra nell’Ex Chiesa di Sant’Agnese a Padova
La seconda parte della mostra si snoda nella sacrestia e presenta per la prima volta nella sua totalità un raro album di disegni inediti che mostrano lo sviluppo della sua scultura negli Anni Sessanta. Attraverso questi 21 fogli, viene raccontata l’evoluzione delle sue opere dal 1958 al 1965, periodo in cui la sua presenza alle grandi mostre si fa più discontinua.
Interessanti anche i dialoghi che in parallelo il curatore propone tra De Toffoli e Vinicio Vianello con le sue grafie spaziali realizzate con una tecnica modernissima di aerografo e tracce a china. Così come quelli cin Jaroslav Serpan, Lucio Fontana, Dadamaino, Agostino Bonalumi, Roberto Crippa.
Tutti questi artisti, gravitanti nel mondo culturale contemporaneo milanese di allora, vengono al contempo messi a confronto con l’estetica più̀ vicina all’informale con ulteriori opere di Jean-Paul Riopelle, Antoni Tàpies ed Emilio Vedova.
Fausto Politino
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