La bizzarra storia delle 500 opere donate al Comune di Siena e poi rimandate al mittente
Nel 2019, una collezionista anonima donava al Comune di Siena 478 opere, con la clausola che fossero tutte esposte negli spazi del Santa Maria della Scala, entro due anni. Un progetto assai improbabile e infatti mai andato a buon fine, per l’impossibilità di trovare spazi e fondi adeguati
Di “oggettiva impossibilità”, in merito alla prospettiva di esporre negli spazi di Santa Maria della Scala le quasi 500 opere d’arte ricevute in dono dal Comune di Siena quasi sei anni fa, si legge nella delibera ratificata lo scorso 16 gennaio 2025 dal Consiglio presieduto dalla sindaca Nicoletta Fabio. Un documento, bozza di accordo per la risoluzione consensuale di una vicenda mal gestita sul piano burocratico, che ha anticipato di qualche giorno la definitiva cancellazione dell’atto con il quale in data 23 luglio 2019 il Comune approvava la donazione di 478 opere di arte contemporanea, dal valore stimato di 1,7 milioni di euro, da parte di un’anonima collezionista.
La donazione di 478 opere d’arte al Comune di Siena. Dall’accettazione alla restituzione
Evidentemente l’inizio di un calvario per il corpus di opere in questione, riconducibili all’arco temporale compreso tra l’immediato Dopoguerra e gli Anni Novanta. Allora, infatti, si pensò di allestire l’ingente raccolta presso il complesso museale di Santa Maria della Scala, stanti difficoltà logistiche e una clausola fin troppo vincolante prevista nell’atto: l’obbligo di esporre tutte le 478 opere, senza possibilità alternative. Una strada, questa, che avrebbe determinato un’occupazione eccessiva degli spazi, configurando, inoltre, un allestimento poco ragionato sul piano scientifico, in luogo di un’auspicabile progetto curatoriale che mettesse in luce il valore della collezione, operando scelte espositive indipendenti dalla volontà della donatrice. La storia di quel che è stato negli anni a seguire è contenuta negli atti. Complice anche il periodo dell’emergenza Covid, la realizzazione di un progetto già nato sotto cattivi pronostici (tanto per dirne una nessuno ha dato rassicurazioni sulla effettiva qualità delle opere donate, anzi!) si complicò nel 2021, anno in cui, secondo quanto stabilito nell’atto di donazione, sarebbe dovuta avvenire l’inaugurazione degli spazi con l’esposizione della collezione. Facevano seguito una diffida ad adempiere mossa dalla donatrice contro il Comune di Siena, datata 21 dicembre 2022 – poi reiterata in data 28 febbraio 2023 – e la costituzione in giudizio che ha portato all’udienza fissata per il 23 ottobre 2024, poi rinviata su richiesta congiunta delle parti per finalizzare l’accordo di cui sopra, che ha messo un punto alla vicenda lo scorso 29 gennaio.
Tutte le tappe di un iter amministrativo diventato un pasticcio
Nel mentre, molti sono stati i colpi di scena: presentata dall’ex sindaco Luigi De Mossi come una acquisizione di grande importanza, la gestione della collezione sembra non aver mai visto un coinvolgimento diretto della Fondazione Santa Maria della Scala. Nell’intenzione dell’ex Sindaco che aveva la delega alla Cultura, la raccolta avrebbe dovuto costituire una collezione permanente esposta in ambienti appositamente ristrutturati dell’antico Spedale, fornendo anche materiale per alcune mostre tematiche. L’atto di donazione prevedeva inoltre che il Comune di Siena stipulasse un contratto triennale con il curatore scelto dalla donatrice, Alberto Zanchetta, incaricato di catalogare le opere e redigere un progetto di valorizzazione. All’inizio del 2022, Zanchetta presentava le sue dimissioni, e in una situazione ancora piuttosto nebulosa – in mancanza di dettagli sulle opere in collezione, che mai sono stati forniti – De Mossi anticipava l’intenzione di voler allestire la raccolta al sesto piano di Palazzo Squarcialupi (adiacente al Santa Maria della Scala). Ma alla fine del mandato amministrativo, nel maggio 2023 – mentre le opere restavano confinate nel caveau di Banca Monte dei Paschi, nella sede di San Miniato – le carte in tavola cambiavano ancora. Dopo una contrattazione con la donatrice, si individuava per l’esposizione permanente il quarto piano del complesso di Santa Maria della Scala, con la necessità di adeguare le sale San Pio, San Giuseppe e San Leopoldo, e l’incarico affidato all’architetto Andrea Milani. Progetto naufragato analogamente ai precedenti.
Le restituzione della donazione sancita dalla sindaca Nicoletta Fabio
A ereditare una situazione sempre più scomoda è stata suo malgrado l’amministrazione della sindaca Nicoletta Fabio, eletta proprio a maggio 2023. “Questa amministrazione” spiega oggi Fabio “si è trovata a gestire una situazione del tutto particolare. Abbiamo attivato nuovi incontri e confronti, anche con i rappresentanti legali, per capire come individuare la giusta e concreta soluzione per l’allestimento delle opere donate. Il progetto prevedeva l’esposizione permanente e unitaria di 270 opere donate ed esposizioni annuali per le restanti 208 opere donate. Tutto questo oltre a una serie di altri obblighi a carico del Comune che rispettassero le volontà della donante: curatore da lei scelto, conservazione in depositi adeguati, restauri sotto la supervisione del curatore scelto dalla donante, talk annuali per la valorizzazione delle opere, adeguata attività di comunicazione, pubblicazione del catalogo, mostre annuali di artisti rappresentati nella collezione”. Oneri ovviamente risultati impossibili da prendere in carico: “Nonostante l’impegno da parte del Comune, sia nella ricerca di spazi adeguati, sia nell’elaborazione di progetti di allestimento del tutto nuovi rispetto a quelli pensati al momento della donazione stessa, sia nella ricerca di finanziamenti, si è riscontrata l’impossibilità di realizzare un progetto organico, con la conseguente impossibilità di rispettare le condizioni e gli oneri previsti nel contratto di donazione, con la prospettiva dunque di un esito infausto del giudizio civile”. Si è giunti, così, all’accordo di restituzione: le opere saranno ora restituite alla donatrice (cui saranno rimborsate anche le spese legali sostenute in questi anni, pari a circa 10mila euro), con spese di trasporto a carico del Comune e una verifica dello stato al loro arrivo. Insomma il Comune deve ora spossessarsi delle opere e in più deve pagare: ecco cosa succede ad accettare donazioni capestro senza riflettere.
Come si ripercuote la vicenda sulle politiche culturali di (e per) Siena?
Una risoluzione positiva del fardello ereditato, secondo la Sindaca, che evidenzia “il mantenimento della capacità espositiva del complesso museale Santa Maria della Scala, evitando la limitazione degli spazi per mostre temporanee”, ma anche “l’eliminazione delle spese fisse di gestione (assicurazione, curatela…) e di ulteriori spese per l’esposizione delle opere, il cui valore potrebbe non giustificare l’onere economico complessivo”. In effetti accettare queste opere avrebbe bloccato il museo per sempre. L’accordo, Inoltre, non escluderebbe eventuali rivalutazioni future “per una proposta che parta però da presupposti del tutto diversi e che coinvolga un numero inferiore di opere, maggiormente gestibili”.
A voler guardare il bicchiere mezzo vuoto però, l’intera vicenda si configura come un bel pasticcio. Lo sottolinea Adriano Tortorelli di Progetto Siena: “Siena non può permettersi figuracce simili. Tutto ciò è la conseguenza di una programmazione inesistente per il Santa Maria; è un vero disastro, un fallimento: siamo a deliberare una Waterloo”. Critico anche il consigliere Fabio Pacciani: “È la conferma che i 5 anni della precedente amministrazione sono andati persi”. Per Alessandro Masi, consigliere in quota Pd, “si chiude un’iniziativa che era positiva ma che è iniziata male e finita peggio. Il dato politico è che la città deve avere chiare le modalità con cui si relaziona con il mondo globale e con i suoi interlocutori. Nel 2019 forse si dovevano accettare le opere con una delibera di indirizzo e non con una determina che dava per scontate una serie di questioni che poi si sono rivelate difficili da gestire nel percorso”. Mentre parlano di scelta obbligata e di politica “di buon senso” le voci – di segno politico amico – che sostengono la decisione dell’amministrazione in carica, come Silvia Armini, di Siena in tutti i sensi, che definisce l’accordo “una risoluzione saggia e lungimirante”.
Intanto la Fondazione Santa Maria della Scala, dopo i primi passi verso la rinascita sanciti dalla nomina di Chiara Valdambrini alla direzione e di Cristiano Leone alla presidenza dell’istituzione, guarda avanti e presenta il programma di eventi e mostre per il 2025. Quanto meno senza obblighi e fardelli esterni. Non sarebbe male ora, chiusa la faccenda e per amor di trasparenza, venire a sapere il nome della misteriosa donatrice e qualche dettaglio sulle opere che stava per rifilare al Comune di Siena.
Livia Montagnoli
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