Il falco come metafora delle disuguaglianze. La mostra di Elisa Caldana a Termoli
Tra storia e attualità, nella poetica di Elisa Caldana il falco diventa una metafora per riflettere sulla condizione della donna e sulla coltre di invisibilità che grava su larga parte di umanità
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Sono tanti, attuali e complessi i temi trattati da Elisa Caldana (Venezia, 1986) nel progetto Il Falco di Karachi che in mostra al Museo Macte di Termoli. L’artista, da sempre attenta osservatrice delle dinamiche umane, in questa occasione è partita dalla propria storia personale per affrontare, attraverso il falco, animale da lei ben conosciuto, tematiche antropologiche, ecologiche e storiche. E, grazie alla collaborazione con falconieri europei e pakistani e associazioni che tutelano questi animali ha dato vita, nell’arco di due anni, alle opere della serie The falcon of Karachi, realizzate nell’ambito del Italian Council 2023.
Elisa Caldana: il falco come metafora delle disuguaglianze
Come si evince dal titolo, l’artista ha creato un ponte tra storia e attualità focalizzando l’attenzione sul poco noto falco Laggar, specie minore, endemica di Pakistan, India e Myanmar, a rischio estinzione. E nell’indifferenza per la scomparsa di questi animali, considerati per l’appunto inferiori, l’artista ha colto un’analogia con quella nutrita dalla società nei confronti di coloro che vengono definiti invisibili: persone vulnerabili, indigenti o semplicemente non consone alla creazione di reddito.
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Donne come falchi da addomesticare
Elisa Caldana analizza nel profondo il rapporto tra esseri umani e falchi che ha origini antichissime, nella nobile arte della falconeria, oggi regolamentata e riconosciuta come patrimonio vivente dell’umanità. Una relazione particolarmente ambigua e delicata per il suo basarsi sull’addomesticamento, in bilico tra libertà e cattività. L’abilità dei falconieri, in assoluto i massimi conoscitori della materia, risiede per l’appunto nel saper addomesticare i falchi, mantenendone intatti istinto e selvatichezza. E dato che si tratta di una pratica tradizionalmente maschile, non è raro che l’idea del falco come “animale da addomesticare e rabbonire” venga spesso associata alla donna, da chiudere dentro le mura domestiche. Metafora ancor più evidente nell’area islamica di riferimento dell’artista, in cui alle donne, relegate ai margini della società, vengono letteralmente tarpate le ali. Una situazione con cui la Caldana, donna, bianca e occidentale, si è misurata personalmente nei tre mesi trascorsi in Pakistan; dovendosi prima inserire nella ristretta cerchia maschilista dei falconieri e poi far accettare loro di essere solo un veicolo della sua ricerca di cui sono i falchi gli unici protagonisti. Come ribadisce lei stessa: “ho voluto ribaltare prospettiva e punti di vista, facendo del falco il soggetto e non l’oggetto della mostra”.
La mostra al Macte di Termoli di Elisa Caldana
Intenzioni e suggestioni dell’artista emergono al Macte, in cui l’impianto espositivo, allestito nella rotonda del museo, “è pensato” come spiega la direttrice Caterina Riva, “per riprodurre l’atmosfera di un cortile di Karachi, creando uno spazio in cui le opere dialogano tra loro e con il pubblico”. L’ampio ambiente centrale si caratterizza per una grande installazione video a due canali, realizzata con diversi strumenti cinematografici, tra cui la pellicola 16 mm poi trasferita in digitale. La Caldana si sofferma sulla figura del falco a cui sembra dare voce con la delicatissima colonna sonora che accompagna i falconieri nello svolgimento delle attività quotidiane, fino alla liberazione dei volatili. Per quanto i video siano parzialmente sottotitolati, le parole hanno un ruolo marginale, dal momento che, come sottolinea l’artista: “nel mio lavoro preferisco trasmettere i contenuti attraverso, immagini e suoni, piuttosto che tramite il linguaggio articolato che trovo freddo e didascalico”. A rendere più impattante e suggestiva l’atmosfera è Untitled 2025, l’installazione che ricrea la parete esterna, con le finestre ad inferriate, della casa di Salman Alì, falconiere di comprovata esperienza e principale collaboratore dell’artista. Opera che permette alla Caldana di capovolgere spazialmente la relazione tra interno domestico ed esterno selvatico, inducendo i visitatori a riflettere sul concetto di gabbia. La stessa installazione video può essere vista “da dentro” o “da fuori” attraverso le grate. Sui davanzali delle finestre giacciono i laccetti usati da Salman Alì per addomesticare, nei suoi oltre 30 anni di carriera, durante i quali ha salvato oltre 300 falchi, reale testimonianza della relazione tra uomo e rapace.
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Le opere tessili di Elisa Caldana
All’esterno della struttura trovano posto tre opere tessili: Bezubaan Janwar/Voiceless Animal (variant 5;4;3), 2014 che da una parte, anche per il titolo, rimandano alla tradizione dei tappeti orientali e dall’altra a quella degli arazzi olandesi, Paese in cui attualmente risiede l’artista. Elisa Caldana, si cimenta per la prima volta con questo medium altamente simbolico che in mostra richiama sia il tema della femminilità, per lo storico legame che unisce le donne al telaio; sia le questioni ecologiche e ambientali, parti in causa nell’estinzione del falco Laggar, sensibile all’inquinamento e ai cambiamenti climatici. La Caldana, legandosi anche alla questione del fast fashion, sceglie fibre naturali e riciclate, a cui, racconta: “Ho voluto conferire una sensazione di trasparenza come se fossero in procinto di sfaldarsi, per trasmettere un’idea di fragilità. Allo stesso tempo, nel riprendere il piumaggio del falco, attraverso l’uso del pattern di mia invenzione e di fili particolari cangianti quasi camouflage, volevo restituire l’idea di valore che per me dovrebbe essere attribuita ai Laggar”.
La critica sociale nella mostra di Elisa Caldana
Falcon Heads, 2024, un corpus di piccole sculture di materiali, colori e pesi diversi, è disseminato in ordine sparso sul pavimento. Piccole testine di falco, realizzate a partire da un antico originale in legno in legno di proprietà di Salman Alì e tramandato da generazioni tra i falconieri, che ricordano le testine utilizzate durante l’addomesticamento. La scelta dei diversi materiali, che alludono all’oro, argento e bronzo, conferisce all’installazione un carattere politico. L’opera infatti si pone come una critica alle discriminazioni imperanti, per cui gli esseri umani vengono “valutati” in base a fattori superficiali e quantitativi, secondo la famosa espressione “due pesi due misure”. Proprio come accade ai falchi il cui “valore” dipende dalla specie a cui appartengono. Infine, chiude il percorso Untitled (Released) 2024, lavoro composto da due elementi in bronzo, a partire da un calco in grandezza naturale di un falco che apre le ali per spiccare il volo. Opera in cui l’artista, più che offrire l’immagine fedele del falco liberato in procinto di volare, si sofferma sulla memoria di liberazione già avvenuta, come auspicio di nuovi riscatti.
Ludovica Palmieri
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