Tutta l’arte contemporanea di Napoli dagli Anni Sessanta a oggi in mostra al Madre

È un “racconto di racconti”, quello proposto dal Madre, che ricostruisce oltre sei decenni di storia affiancando storiche presenze a nuovi nomi. Piero Manzoni, Fabro, Matarrese: sono solo alcuni dei tanti protagonisti

Nell’ampio progetto espositivo organizzato al Madre – area di lavoro in itinere che la sua direttrice, Eva Fabbris, ha deciso di destinare con Gli anni. Episodi di storia dell’arte a Napoli dagli Anni Sessanta a oggi a un racconto di racconti – si capta l’idea di disegnare “uno spazio dell’arte e dell’intelligenza” che vede Napoli “come un crocevia di istanze e orientamenti internazionali, come cantiere aperto alle influenze benefiche del mondo”. Per dirla con le parole del critico Angelo Trimarco.

Il programma espositivo della mostra “Gli anni” al Madre di Napoli

Il programma espositivo trasforma le opere in occasioni riflessive, in stazioni mediante le quali non solo riporre l’attenzione su importanti capolavori contemporanei ma anche su aneddoti preziosi, che donano al pubblico brillanti tracce d’una storia dell’arte lontana da ogni noiosa manualistica.

La città di Napoli e le collezioni del Madre in dialogo in mostra

Il primo capitolo di questa mostra pare essere un saggio visivo la cui scrittura interna non lascia nulla al caso. Il sistema espositivo accompagna il lettore di stanza in stanza, mediante indicazioni che vanno a precisare, notiziare sulla nascita di opere, sul lavoro di artisti o di galleristi, su collezioni e collezionisti. Su una galassia di figure che tesse le trame dell’arte dagli Anni Sessanta al nostro pulsante presente.
Creando un dispositivo che rompe gli argini del cronologico, l’esposizione mostra un necessario “dialogo tra la collezione del Madre e importanti collezioni pubbliche e private, principalmente della città di Napoli”, confermando anche il ruolo cardinale del museo “nel promuovere la ricerca e la collaborazione in una autorevole rete inter-istituzionale”. Ci sono musei prestatori di grande spessore, come il Parco Archeologico di Pompei, il Museo di Capodimonte e il Castello di Rivoli. La narrazione proposta dalla mostra, scandita in momenti ed episodi, segue una struttura non cronologica che intende riflettere la natura fluttuante della memoria umana, offrendo al pubblico una visione dinamica che procede per scarti e rimandi. Inoltre, come evidenzia Eva Fabbris, “a testimonianza del processo di studio in continuo sviluppo su cui Gli anni è basato, ulteriori sale espositive e opere verranno integrate nel percorso espositivo dopo l’apertura, e altri capitoli espositivi faranno seguito al primo”.

Le opere in mostra al Madre di Napoli

Ad aprire l’articolazione narrativa è, dopo Rasna? (2021) di Oli Bonzanigo, un trittico bronzeo collocato tra le ampie finestre che illuminano lo spazio tra le due scalinate del museo: La visione di San Giovanni realizzata da Hidetoshi Nagasawa nel 2002. Nella stessa sala, due lavori di Luisa Lambri d’identica denominazione, Untitled (Casa di Giulia Felice, #14), raccontano una storia più recente: l’apertura, con il Pompeii Commitment. Materie archeologiche, tra arcaico e attuale, grazie a Andrea Viliani e Massimo Osanna. Le opere e i racconti sono davvero tanti: c’è quello di Francesco Matarrese legato alla galleria Lia Rumma nelle cui sedi espone diverse opere-dichiarazioni, c’è Piero Manzoni con lavori che portano a ricostruire alcuni eventi degli Anni Settanta, c’è, Luciano Fabro con Nord, Sud, Est, Ovest giocano a Shangai, potente installazione realizzata nel 1989 per il Salone di Camuccini del Museo di Capodimonte.

Due artisti per la prima volta a Napoli

Ogni capitolo de Gli anni include una sezione di artisti invitati a esporre a Napoli per la prima volta che con la loro presenza stimolano una riflessione sulle collezioni d’arte come sismografi del presente, oltre che archivi di memorie passate”, si legge ad apertura d’una scheda sul lavoro – Silvesterchlausen (2024) – di Andrew Norman Wilson.
Accanto a lui c’è Valerio Nicolai, che presenta Sogni d’oro, primitivi (2024). Una struttura che richiama un mastodontico letto su cui ci sono tracce di spazzatura, di brusio visivo (all’occorrenza anche uditivo, quando alcune attrici entrano nell’opera e cominciano a smuovere e sfregare tra loro i vari materiali).

Gli anni. Episodi di storia dell’arte a Napoli dagli Anni Sessanta a oggi, installation view at Madre, Napoli, 2025. Photo Amedeo Benestante.
Gli anni. Episodi di storia dell’arte a Napoli dagli Anni Sessanta a oggi, installation view at Madre, Napoli, 2025. Photo Amedeo Benestante.

Una “mostra nella mostra” al Madre di Napoli

Dopo aver riletto alcune opere di Mark Leckey, di Allan Kaprow o anche di Nan Goldin, via via si giunge alle ultime due sale del percorso. Queste sono legate al filo sottile di due date: 1924-2024, dove – quasi una mostra nella mostra a cura di Andris Brinkmanis e Valentina Di Rosa – ritroviamo documenti sull’incontro fortuito, in una drogheria di Capri,nel 1924, tra Walter Benjamin e la drammaturga lettone Asja Lācis. Da lì nascerà non solo un gusto di gioco o un desiderio lieve d’amore, ma anche un testo, Neapel, pubblicato sulla Frankfurter Zeitung nel 1925, a un anno dalla sua stesura. In esso emerge il concetto di “porosità”, di qualcosa che ha a che fare con il permeabile (durchdringlich) di cui Napoli è, lo sappiamo, indiscussa sovrana.

Antonello Tolve

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Antonello Tolve

Antonello Tolve

Antonello Tolve (Melfi, 1977) è titolare di Pedagogia e Didattica dell’Arte all’Accademia Albertina di Torino. Ph.D in Metodi e metodologie della ricerca archeologica e storico artistica (Università di Salerno), è stato visiting professor in diverse università come la Mimar Sinan…

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