In Thailandia ha aperto un parco di sculture immerso nella foresta

La Khao Yai Art Forest, appena inaugurata, accoglie su un ampio spazio collinare un pugno di opere di artisti di fama internazionale, da Elmgreen & Dragset a Louise Bourgeois e Richard Long (e c'è pure un italiano)

Una nebbiolina densa avvolge le colline boscose fuori Bangkok. Siamo fuori stagione per le grandi piogge del Sudest Asiatico, ma la nebbia non si dissipa che dopo una ventina di minuti: è quello che accade quando, tre volte al giorno, viene accesa l’opera immersiva dell’artista giapponese Fujiko Nakaya (figlia dell’inventore della neve artificiale). Siamo all’interno della Khao Yai Art Forest, e questa non è che una delle spettacolari opere ospitate nel parco d’arte fresco fresco di inaugurazione, che deve il proprio nome alla riserva in cui è incastonato, 150 km a est della capitale thailandese.

Khao Yai Fog Forest, Fujiko Nakaya @ Khao Yai Art Forest
Khao Yai Fog Forest, Fujiko Nakaya © Khao Yai Art Forest

La Khao Yai Art Forest

Ci auguriamo che Khao Yai Art Forest e Bangkok Kunsthalle possano ispirare il cambiamento, alimentare il dialogo e avvicinarci. Che attraverso l’arte e la collaborazione possano offrire uno spazio di guarigione e connessione per tutti”, ha commentato la fondatrice e patron del parco, Marisa Chearavanont (anche nota come Kang Soo-hyeong), imprenditrice sociale e collezionista d’arte thailandese-coreana. Formatasi a New York negli Anni Ottanta ed entrata nel mondo dell’arte di alto livello tra la fine degli Anni Novanta e i Duemila (con uno spazio espositivo a Hong Kong dedicato agli artisti asiatici), Chearavanont ha aperto nel 2005 la non profit BUILD, fondazione focalizzata sulla costruzione di scuole e spazi per la formazione professionale in aree rurali. Più di recente ha fatto parte dell’Asia Pacific Acquisition Committee della Tate Modern e sostenuto il New Museum di New York e l’M+ di Hong Kong (di cui è patron cofondatrice), ha creato il servizio di food delivery di beneficenza Chef Cares e a gennaio 2024 ha aperto la Bangkok Kunsthalle. Che è diventato in breve tempo lo spazio pubblico d’arte contemporanea più in vista della capitale thailandese. Direttore artistico di questo spazio e del nuovo parco d’arte è l’architetto italiano e curatore Stefano Rabolli Pansera, già direttore dello SMAFF – St. Moritz Art Film Festival.

Marisa Chearavanont, Founder and President of Bangkok Kunsthalle and Khao Yai Art Forest. © Khao Yai Art.
Marisa Chearavanont, Founder and President of Bangkok Kunsthalle and Khao Yai Art Forest. © Khao Yai Art

La Khao Yay Art Forest

Fondato con il nome di “SilaPaa” (dalle parole tailandesi Silapa e Paa, che significano rispettivamente Arte e Foresta), il parco punta a supportare e realizzare “progetti visionari nella natura” commissionando opere ai singoli artisti, organizzando mostre e creando installazioni site specific. Tema comune a tutte le opere è la “guarigione della natura”, che viene perseguita andando a “recuperare le possibilità perdute, le complessità e la vitalità della natura attraverso l’arte di vivere, creare, praticare e pensare, non sulla natura ma con la natura”. Un punto, questo, che è al centro di un programma di ricerca e di incontri pubblici, tra conferenze e workshop, ma anche di una serie di lunch experience (circa cinquanta euro l’una, con tour del parco e workshop).

Le opere della Khao Yay Art Forest

Al momento dell’inaugurazione, la Khao Yai Art Forest conta sette grandi opere ambientali di artisti locali e internazionali. Oltre alla citata Fujiko Nakaya – affiancata, nella realizzazione del suo paesaggio, dallo studio Atsushi Kitagawara Architects (guidato da Angel Estevez) -, sono stati coinvolti nel parco alcuni grandi nomi dell’arte ambientale, scultorea e installativa da tutto il mondo: c’è Richard Long con Madrid Circle, un cerchio perfetto di lastre di ardesia che invita a una meditazione sul cambiamento; c’è Louise Bourgeois con la sua iconica Maman, la più famosa tra le serie monumentali di ragni, che simboleggia la madre dell’artista, tessitrice e restauratrice di arazzi; e poi l’artista thailandese Ubatsat, a cui sono stati commissionati i dieci frammenti di stupa di Pilgrimage to Eternity in diverse località del parco: poste direttamente sul terreno per consentire alla natura di invaderle e superarle, le opere assecondano la visione buddista del ciclo della vita e della morte.

C’è quindi il famoso duo danese-norvegese Elmgreen & Dragset con l’onirico K-BAR, omaggio a un’opera dell’artista tedesco Martin Kippenberger: oltre ad averne la forma, l’installazione ha anche la funzione di bar, e apre una volta al mese con uno speciale menu di cocktail sviluppato con i baristi locali; c’è poi Araya Rasdjarmrearnsook, una delle artiste contemporanee più famose del Sudest Asiatico, con Two Planets Series: questa serie di installazioni video sul voyeurismo mostra un gruppo di persone (gente del posto, contadini, lavoratori, monaci) che reagisce a riproduzioni esatte di capolavori come La colazione sull’erba di Manet o Le spigolatrici di Millet, riformulando con umorismo e distacco la percezione dell’arte. Infine c’è un artista italiano, Francesco Arena, con il suo GOD: su due grandi pietre messe una sull’altra (ciascuna con un lato tagliato a filo) è scolpita la parola GOD, dio, ma mentre su una sono scolpite solo le lettere G e D, sull’altra c’è solo la O. La parola sarà quindi completata una volta che le due pietre saranno unite, diventando però invisibile alla vista.

Giulia Giaume

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Giulia Giaume

Giulia Giaume

Amante della cultura in ogni sua forma, è divoratrice di libri, spettacoli, mostre e balletti. Laureata in Lettere Moderne, con una tesi sul Furioso, e in Scienze Storiche, indirizzo di Storia Contemporanea, ha frequentato l'VIII edizione del master di giornalismo…

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