A Roma una mostra d’arte contemporanea nelle stanze di Palazzo Doria
Ispirandosi allo splendore barocco del contesto delle Stanze Segrete di Palazzo Doria Pamphili, Chiara Lecca presenta una serie di opere incredibili fatte di unghie, pelli e orecchie, che invitano a guardare il mondo animale con una nuova prospettiva, superando i pregiudizi di violenza

Può una mostra realizzata con opere di origine animale essere anche sostenibile ed ecologista? La risposta è sì, se l’artista è Chiara Lecca, (Modigliana, 1977), la cui ricerca è da sempre focalizzata sul rapporto uomo-natura. Un lavoro volto, in particolare, a “trasformare in arte quanto la natura produce e l’uomo abbandona”.
Le opere di Chiara Lecca generano una sensazione di déjà-vu e spaesamento, suscitando fascino e confusione. L’artista gioca infatti con i materiali; per cui, se da una certa distanza i suoi lavori appaiono rassicuranti, canonici, poi svelano, solo da vicino, la loro natura a tratti conturbante. Così, quelli che sembravano ambre o cristalli, marmi o fiori, si rivelano essere resine, unghie di agnello, orecchie e code di coniglio, pelli di cinghiale o serpente. Frammenti di un vissuto trasformati in elementi artistici che potrebbero sconvolgere anche per il loro contraddire degli schemi mentali ormai radicati in relazione al rapporto uomo-animale che, accecato dallo slogan “Cruelty-free” tende a scambiare per violenza anche ciò che non lo è. Turbamento che scompare non solo quando si comprende che l’artista non arreca alcun danno agli animali ma, al contrario li celebra.

La mostra di Chiara Lecca a Palazzo Doria Pamphili a Roma
Nella mostra Dall’Uovo alla Dea, a cura di Francesca de Paolis, le opere dell’artista rispondono alla vocazione alchemica delle sontuose Stanze Segrete di Palazzo Doria Pamphili in cui è allestita. Gli ambienti al piano terra del palazzo, infatti, vennero abitati da Camillo Pamphili a metà del Seicento, in attesa della fine dei lavori di trasformazione della loggia al piano nobile in galleria. Appassionato di alchimia ed esoterismo, in perfetta sintonia con la temperie culturale del periodo, Camillo Pamphili – forte anche della suggestione esercitata dall’attiguo Museo delle meraviglie di Athanasius Kircher, in piazza del Collegio Romano proprio di fronte al palazzo – cominciò a raccogliere mirabilia: oggetti rari, insoliti, spesso punto di partenza per speculazioni alchemiche, trasformando le Stanze in vere e proprie wunderkammern, secondo la nascente tendenza dell’epoca.
Le opere di Chiara Lecca in dialogo con le Stanze Segrete
Le undici opere di Chiara Lecca, esposte eccezionalmente anche nella Sala da pranzo e nel Ninfeo di Diana, sale solitamente precluse al pubblico, dialogano armoniosamente con gli ambienti, di cui, di volta in volta riprendono temi e colori di riferimento. Come anticipato, si tratta di opere che, tecnicamente, si potrebbero definire “nature morte”. Locuzione che tuttavia non ne restituisce a pieno dinamismo e senso e che, dunque, potrebbe felicemente essere sostituita dall’inglese still life che, implicando l’idea di continuità (still), si confà maggiormente al corto circuito agito da Chiara Lecca.








Le “Big Bubbles” di Chiara Lecca come uova aprono il percorso
Come indica il titolo Dall’uovo alla Dea, il percorso si apre significativamente con quattro opere della serie Big Bubbles (2012) che, nella forma ovoidale richiamano appunto l’elemento citato. L’uovo era l’emblema della perfezione secondo gli alchimisti, in quanto dotato in sé dei quattro elementi fondamentali. L’iter prosegue lungo le stanze successive avvalendosi anche di due serie di lavori realizzati per l’occasione: Purpura Snakes e Purpura Shapes.
L’incontro con la dea nella visione di Chiara Lecca
Nelle Stanze Segrete il percorso si conclude con l’incontro con la dea, nel Ninfeo di Diana, in cui Lecca rende omaggio alla decorazione ottocentesca di Annibale Angelini (1812-1884) autore, anche nell’adiacente Sala degli Amorini, delle pitture a fresco e dei dipinti ad olio. In Turquoise Still Life 1, lussureggiante installazione collocata al centro del ninfeo, si può cogliere, nella scelta di colori e materiali, la volontà dell’artista di restituire tridimensionalità alla decorazione parietale. E, nella misura in cui Lecca compie una riscoperta di Diana, non solo in quanto dea della caccia ma anche come protettrice degli animali; signora della natura selvaggia, nonché, divinità vergine e casta, la mostra continua con un’ultima opera che sancisce il definitivo incontro con la dea, simbolicamente collocata nel complesso dell’Ospitale di Santa Francesca Romana in Trastevere.
Ludovica Palmieri
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