I fantasmi di Luca Campestri sono sulla copertina di Artribune Magazine 

Non è un ragno quello sulla cover del magazine che tenete fra le mani. Non è nemmeno la sua riproduzione, se pensavate che fosse uno scherzo à la Magritte, quanto piuttosto ne è lo spettro: una suggestione centrale per tutto il lavoro di Luca Campestri, che si muove tra la fotografia e la sua opacità

Nell’affrontare l’inconsistenza di un’immagine, e in particolare di una fotografia, cercare rifugio nei rapporti di analogia e somiglianza è tanto confortevole quanto vano. La storia dell’arte ci ha abituati a un progressivo tira e molla della rappresentazione, rendendo sempre più evidente lo scollamento degli statuti della realtà e dell’opera, contestualmente rinnegandolo per affermare l’identità fra arte e mondo. Senza scomodare Arthur Danto, è chiaro che ogni immagine, anche la più figurativamente connotata, intrattiene con la realtà un rapporto specifico e irriducibile. In questo senso le ragioni della fotografia, che Roland Barthes e Susan Sontag hanno più che efficacemente narrato, si mostrano di capitale rilevanza. La sua relazione con il tempo, con la scomparsa e in definitiva con la morte la situano nel dominio di inconsistenza, come porta su uno spazio-tempo altrimenti irraggiungibile. 

Fotografia e indicalità 

Quando, nel 1980, Barthes scriveva La camera chiara, la fotografia manteneva ancora un rapporto diretto con la realtà, sulla base della sua indicalità. Tanto che lo stesso Barthes riconosceva l’essenza della fotografia nel “ratificare ciò che essa ritrae”. Molto è cambiato da allora: oggi le immagini hanno perso il loro statuto di verità, offuscata da manipolazioni più o meno consistenti. Significa forse che la fotografia sia morta? Tutt’altro: essa ha rivelato, piuttosto, la sua capacità di superamento del reale e del compito aletico che le è sempre stato affidato. 

Luca Campestri, Interstitium, 2023. Courtesy l'artista
Luca Campestri, Interstitium, 2023. Courtesy l’artista

La pratica artistica di Luca Campestri 

La manipolazione dell’immagine per svelare le possibilità incorporee della fotografia è al centro della pratica artistica di Luca Campestri. Mediante l’ibridazione dell’obiettivo fotografico con altri strumenti, Campestri esplora il medium e la sua indicalità, per registrare non tanto il reale ma le sue tracce, non la presenza ma, per usare le sue parole, le “vestigia di un abbandono”. Ad abbandonarci, soprattutto nelle sue serie Spectres e Interstitium (da cui è tratta la copertina), è infatti l’immagine stessa: partendo da fotografie di archivio, Campestri le campiona mediante uno spettrogramma, attribuendo ad ogni pixel un valore di intensità e di pitch in base a quanto è chiaro o scuro. Il risultato sono apparizioni ancora riconoscibili e tuttavia private di un rapporto diretto con una effettiva originalità, ectoplasmi che riportano la riflessione sulla fotografia ai suoi utilizzi spiritici e fantasmagorici. Un processo che rivela il vivo interesse di Campestri per l’opacità del medium, oltre all’ambiguità che questa parola assume quando applicata alla fotografia.  

Luca Campestri, ritratto. Courtesy l'artista
Luca Campestri, ritratto. Courtesy l’artista

Chi è Luca Campestri 

Nato a Firenze nel 1999, Luca Campestri è un artista italo-tedesco residente a Bologna, dove ha frequentato i corsi di Arti Visive e Decorazione – Arte e ambiente presso l’Accademia di Belle Arti. Tra le mostre collettive e personali più recenti si segnalano: Shelter (SOF:ART, Bologna, 2025); A breacrumb trail (Capsule Venice, Venezia, 2024); un/natural #3 (Spazio Torso, Pesaro, 2024); Black noise (Material, Zurigo, 2023), Castello a orologeria (Dolomiti Contemporanee, Castello di Andraz, 2023). 
 
Alberto Villa 

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Alberto Villa

Alberto Villa

Nato in provincia di Milano sul finire del 2000, è critico e curatore indipendente. Si laurea in Economia e Management per l'Arte all'Università Bocconi con una tesi sulle produzioni in vetro di Josef Albers e attualmente frequenta il corso di…

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