A Roma gli studenti dell’Accademia tatuano il corpo del loro professore
Dopo un anno di lavoro è andata in scena, alla Litografia Bulla di Roma, la pratica collettiva di una dozzina di artisti, studenti e studentesse dell'Accademia di Belle Arti di Roma. Che hanno visto le proprie creazioni impresse sul “corpo docente” di Paolo Canevari

Dare vita a una delle forme rituali più antiche dell’umanità, il tatuaggio, in un processo collettivo che ribalti il normale rapporto tra studenti e docenti. È questa la natura di To my students, progetto editoriale e performativo realizzato nel corso di un anno da giovani artisti, studenti e studentesse dell’Accademia di Belle Arti di Roma Federico Arani, Enrica Arbia, Marco Ceccarelli, Giulia Crivellaro, Ginevra Collini, Giorgia Errera, Vito Gara, Andrea Lo Giudice, Alessandro Matera, Andrea Mauti, William Pilé, Stella Rochetich, Ariell Zéphir, con la partecipazione del professore Paolo Canevari. Curato da Irene Angenica e Giulia Gaibisso, il progetto co-autoriale ha avuto il suo culmine con l’omonima performance, andata in scena lo scorso 4 marzo alla Litografia Bulla di Roma, che ha visto le opere di artiste e artisti tatuate sul professore.

“To my students”, il progetto e la performance
I disegni, selezionati o realizzati ex novo, sono stati quindi iscritti permanentemente sulla pelle dell’artista e mentore dal tatuatore Andrea Lo Giudice, realizzando il segno tangibile della relazione insegnante, studenti e studentesse in una cartografia degli affetti poi riportata su pietra e riprodotta su carta in una tiratura limitata di 50 esemplari (acquistabili per supportare il progetto). Questa visione di condivisione è strettamente connessa con il concetto di “corpo docente”, sostantivo collettivo che indica tutte le e gli insegnanti che lavorano in una medesima istituzione scolastica, universitaria o accademica, e che indica in senso più ampio un gruppo che agisce insieme nell’orientare l’apprendimento e la cura della formazione.






La cura del “corpo docente” nel progetto “To my students”
E proprio questo concetto di cura “di condivisione del sapere, di transfert pedagogico” va a scardinare “la dinamica verticalista per cui è lə docente a dare e lə studentə a ricevere” spiega la co-curatrice Irene Angenica nel testo critico, facendosi “letteralmente corpo a disposizione di una comunità, la membrana che lo collega osmoticamente con il mondo esterno”. Veicolo di memoria e coscienza collettiva, la pelle si fa quindi luogo “dove lə studentə lasciano una traccia concreta della loro presenza. L’intervento sulla pelle del docente è un atto di cura, di affetto, di riconoscenza, in cui lə studentə si prendono l’agency di imprimere un segno che rappresenta un legame indelebile di un percorso di conoscenza collettivo in cui le gerarchie si sono dissipate”, aggiunge Angenica. Trasformando il tatuaggio in uno scambio indelebile e in un momento di resistenza anti-individualista.

Il tatuaggio come simbolo di indagine collettiva
Quale forma artistica più adatta del tatuaggio, quindi, che tra le sue molteplici letture semantiche, antropologiche e culturali è stato spesso un potente strumento di appartenenza e di identità condivisa. E infatti in To my students il corpo “non si limita all’autosignificazione, non si riconosce semplicemente “in quanto sé”, piuttosto si trasforma in spazio condiviso, una coordinata che intercetta altre individualità, altre storie”, aggiunge la co-curatrice Giulia Gaibisso nel testo critico. “I riferimenti contenuti nei tatuaggi spaziano dalla riproposizione di iconografie e stilemi tratti dalla pratica degli stesse/i committenti (William Pilé), alla trascrizione di immagini arcaiche (Federico Arani o Ginevra Collini), per giungere fino alla piena, seppur virtuale, coincidenza tra corpo dell’ideatore e del tatuato (Stella Rochetich)”, continua Gabisso. “Posizionate le une vicino alle altre, queste tracce compongono una sorta di atlante warburghiano che procede per nessi più o meno oscuri, e che risponde, come quest’ultimo, alla necessità di tracciare genealogie: in questo caso il nesso proposto è di natura relazionale, che lega la figura di riferimento, Canevari, agli altri partecipanti, e in seconda istanza questi ultimi tra loro”.
Giulia Giaume
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