Scultura metafora di vita. A Varese l’installazione di Arcangelo Sassolino per Villa Panza
L’artista vicentino di fama internazionale presenta una monumentale installazione che nasce dalla congiunzione di arte e scienza in linea con le ricerche di Giuseppe Panza di Biumo
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È una struttura di putrelle in acciaio azionata da un sistema pneumatico che muove lentamente un lungo braccio meccanico La condizione del desiderio, l’installazione monumentale che Arcangelo Sassolino (Vicenza, 1967) presenta nella Scuderia Grande di Villa Panza a Varese. Visitabile fino al 9 marzo 2025, l’opera presenta alle estremità due lastre di marmo bianco di Carnia che oscillano nello spazio in un equilibrio precario: la pesantezza del materiale è trasformata in un’illusoria leggerezza, simbolo della fragilità del desiderio umano, che oscilla perpetuamente senza mai posarsi stabilmente.
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Arcangelo Sassolino tra forze invisibili e materia, arte e scienza
“Quando sono entrato in questo spazio mi è tornato in mente il lavoro di Hasselt e ho capito che qui c’erano le condizioni ideali per mostrarlo: per la sua dimensione, per l’acustica, per la luce e per il fatto che Villa Panza è un tempio di meditazione minimale”, racconta Sassolino. L’opera, infatti, è stata originariamente concepita nel 2009 per lo spazio Z33 a Hasselt, in Belgio, e ora per la scuderia della villa riconfigurata e ricollocata. L’intervento, promosso dal FAI e a cura di Angela Vettese, vive nel solco delle ricerche di Giuseppe Panza di Biumo, che interrogava l’interazione tra forze invisibili e materia, arte e scienza: “Questo progetto si inserisce nella tradizione di Villa e Collezione Panza, che negli anni ha ospitato lavori legati al confronto tra arte, natura e scienza. La project-room con opere site-specific invita il pubblico a misurarsi con esperienze e linguaggi di artisti talentuosi, giovani e non, dialoganti con le opere della collezione permanente e capaci di sollecitare la curiosità”, spiega Gabriella Belli curatrice delle attività espositive e del programma scientifico di Villa Panza.
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Arcangelo Sassolino e il desiderio come emblema dell’esistenza
Nel perpetuo e irrisolto tentativo di trovare un equilibrio, l’opera diventa metafora del desiderio e dunque dell’essere umano: è l’emblema del paradosso dell’esistenza, un continuo tentativo di colmare una mancanza, senza mai riuscirci del tutto, e una tensione che si traduce nella struttura stessa dell’opera. “Non riesco più a concepire la scultura come una forma fissa, ho bisogno che dentro la materia ci sia qualcosa che si trasforma mentre si osserva. La scultura deve diventare qualcosa di fluido, liquido, complesso. Mi interessa rincorrere il momento che continua a passare”, continua l’artista. Infatti per Sassolino il desiderio è sempre connesso a un’attività, a un impulso, a uno sforzo che non sempre raggiunge il suo risultato.
La condizione desiderante dell’essere umano in Arcangelo Sassolino
“C’è una distanza tra noi e il compimento del desiderio, e questa distanza diventa una tensione attiva: noi cerchiamo di arrivare al compimento del desiderio che non è detto che arrivi. Questo protendere verso, diventa allora una condizione desiderante, un moto perpetuo verso una meta che forse è raggiungibile o forse no. Ecco allora che il movimento dell’opera, l’azione costante del sali e scendi diventa la metafora che ben racconta questa condizione desiderante. In quest’opera non ci si concentra sul desiderio compiuto, ma sull’attesa che è pesante, è spasmodica anche se controllata“, spiega Angela Vettese sottolineando come la mancanza e il bisogno compiono il fare stesso dell’esistenza.
Caterina Angelucci
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