A Roma Yan Pei-Ming dipinge i volti di detenuti e poliziotti del carcere Regina Coeli
Un progetto di valore sociale, quello che l’artista cinese presenta con i suoi 27 acquerelli visibili nel nuovissimo spazio espositivo Conciliazione 5

Con la mostra personale dell’artista cinese Yan Pei-Ming (Shanghai, 1960), Oltre il muro – Regina Coeli, Roma, è stato inaugurato il nuovo spazio Conciliazione 5 a Roma. Un luogo tutto dedicato all’arte contemporanea, di proprietà del Dicastero per la Cultura e l’Educazione del Vaticano. Concepito come una window gallery, è una finestra sempre aperta sulla scena artistica e sui suoi protagonisti, nonché sulla loro capacità di confrontarsi con i grandi temi del presente. Ecco tutto su questa prima esposizione.
Il nuovo spazio Conciliazione 5 a Roma
Il nuovo spazio espositivo aperto a Roma prende il nome di Conciliazione 5, galleria di arte contemporanea, rifacendosi alla stessa via in cui è situato. È una vera e propria vetrina su strada, un ambiente in cui non si entra. È dunque fruibile solo dall’esterno e visibile a ogni ora e giorno della settimana. Un luogo dove l’attività creativa può stimolare nuove domande e nuovi pensieri, favorendo mutamenti significativi sia sul piano culturale che su quello civile e spirituale. Un’idea di una certa novità da alimentare mediante creazioni che sappiano affrontare problematiche universali e non strettamente legate alla confessionalità. Argomenti di fondo, in grado di scuotere le coscienze nello spirito, nella cultura, nel politico, nel sociale.
Yan Pei-Ming primo in mostra da Conciliazione 5 a Roma
Il cardinale a capo del dicastero della Cultura, il prefetto Josè Tolentino de Mendonca, ha affidato l’incarico della gestione dello spazio per il primo anno a Cristiana Perrella, ha chiamato in causa Yan Pei-Ming con un progetto inedito. L’artista cinese è un autore figurativo, noto anche per i suoi d’après che hanno riletto, attualizzandolo, l’Innocenzo X di Velázquez. La mostra è formata da ventisette singoli ritratti dalle stesse dimensioni, tutti realizzati utilizzando la tecnica dell’acquarello su carta.
Chi sono i soggetti di questi ritratti? Si riferiscono ai volti sia dei reclusi, detenuti condannati con sentenze definitive e di nazionalità diversa, sia degli operatori della polizia penitenziaria. E, ancora, di volontari, di un medico e del cappellano, che convivono e/o lavorano all’interno dello stesso istituto di pena.




Il carcere protagonista della mostra di Yan Pei-Ming
Il carcere è un argomento che non fa audience. Tranne rare eccezioni, se ne parla poco. Si tratta di persone che devono affrontare problemi molto gravi di sovraffollamento e di convivenza, che arrivano a scatenare reazioni estreme come il suicidio. Ebbene, Pei-Ming ha voluto dare visibilità agli invisibili che vivono oltre il muro.
Michel Foucault fa notare in Sorvegliare e punire che “le moderne forme giuridiche e tecniche penitenziare hanno l’effetto di plasmare il comportamento”. Il sentirsi continuamente sotto osservazione lo modifica. L’artista allora, è come se avesse voluto ricordare che l’essenza di questi esseri, che stanno scontando una pena per i loro delitti, non si esaurisce nel reato che gli è stato attribuito.
I volti dei detenuti negli acquerelli dell’artista
Per il fatto stesso di continuare ad essere persone, anche se sembrano marchiati dallo stesso stigma, nel raffigurarli l’artista li indica con il loro nome di battesimo. Dai loro volti, dalle loro espressioni, deve scaturire per quanto possibile, la loro peculiarità. Gli occhi vigili e tutto sommato sereni si incastrano nell’ovale sorridente di Rita il cui taglio di capelli, per ovvie ragioni, non risente della mano del coiffeur pour dames. Contrariamente al volto tirato, essiccato, le labbra sottili serrate, i cui grandi occhiali a difesa contro il male di vivere, sembrano incorniciare il volto di Nelide. Anche Vittorio, si presume il cappellano della casa circondariale, porta gli occhiali. Ma essi hanno una funzione diversa: la sua espressione è di apertura e non di chiusura nei confronti dell’altro. Simona, infine, è una guardia carceraria. Pei-Ming fa risaltare la folta capigliatura che termina nella coda di cavallo. Come se avesse voluto rivendicarne la femminilità. Femminilità che non deve essere soffocata, nonostante il ruolo difficile che ella è chiamata ad incarnare.
Fausto Politino
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