La finestra sul cortile. Due collezioni alla GAM di Milano
A Milano, negli spazi neoclassici della villa di via Palestro, sono stati riuniti capolavori, espressione di quel collezionismo illuminato milanese e lombardo che nel tempo ha arricchito il patrimonio museale civico con donazioni e opere provenienti da due prestigiose raccolte italiane: la Collezione Panza e la Collezione Berlingieri.
UN MUSEO, DUE COLLEZIONI
La finestra sul cortile. Scorci di collezioni private si apre esternamente, a partire da un punto specifico della Galleria d’Arte Moderna di Milano, trasformandosi, a mano a mano che ci si addentra, in un luogo figurato, uno sguardo che include anche la molteplicità dei punti di vista rivolti verso di sé.
Aderendo alla citazione del titolo che la connota, il percorso espositivo curato da Luca Massimo Barbero si legge a partire da un intervento che irradia e determina il punto di fuga, o di convergenza, dell’intera mostra. Non appena compare il buio, una proiezione luminosa di Arthur Duff segnala, orchestra e fa convergere internamente oltre novanta capolavori selezionati tra le collezioni del museo e le opere di due prestigiose raccolte italiane, la Collezione Panza e la Collezione Berlingieri. Con La finestra sul cortile. Scorci di collezioni private si avvia anche la partecipazione di UBS al restauro conservativo di circa settanta opere del patrimonio artistico della Galleria, con l’apertura straordinaria al pubblico dei depositi sotterranei, in attesa della grande mostra dei cent’anni.
Lungo tutto il tragitto, nello spazio dei tre piani, emergono a più riprese inquadrature di imprevedibili mise-en-scène così come contrasti tra luce e buio, movimento e stasi, consistenza e impalpabilità. Categorie che Adaptation – l’opera di Duff appositamente ideata per la Galleria d’Arte Moderna e ispirata al copione de La finestra sul cortile – sublima. Il lavoro coinvolge gli spazi esterni della Villa, il cortile e la facciata attraverso proiezioni laser che illumineranno il cortile fino alla primavera 2017.
PAROLA AL CURATORE
L’effetto ottenuto, negli intenti del curatore, è molto simile a quello che John Belton descriveva per La finestra sul cortile, definendolo “una storia sullo spettacolo, che esplora il fascino attraverso l’osservazione e l’attrazione di ciò che è oggetto dell’osservazione”.
“Arthur Duff è un artista che include e incarna, in questo lavoro, entrambi i temi della mostra”, sottolinea Luca Massimo Barbero, “temi che sono la luce e il buio, due elementi che costituiscono i fondamenti del cinema. L’idea è che ‘La finestra sul cortile’ si sviluppi come un’inquadratura sempre variata, sala per sala, opera per opera, accostamento per accostamento, ricostruita anche attraverso la luce, soprattutto a piano terra. L’idea è di far passare il visitatore da uno stato visivo all’altro, per condurlo liberamente attraverso una sequenza di scene, proprio come Jeff, il protagonista del film di Hitchcock che, non potendo muoversi a causa della gamba ingessata, guarda a questo cortile, fin da subito, come se fosse terreno per la costruzione di una storia”.
Se questo è l’impianto teorico, lo sviluppo nella GAM come si esplicita? “Sono partito dalla Villa, dalla sua architettura, proprio come Duff, per raccontare non solo la consistenza, la storia di due collezioni, ma anche, soprattutto, della GAM in sé – poi, in verità, l’artista americano ha inserito nelle proiezioni luminose alcune frasi tratte dal film”, racconta il curatore. “Internamente il percorso si presenta come una piccola caccia al tesoro diffusa nel palazzo: al piano terra si propone un invito al viaggio, al piano nobile abbiamo preparato la sorpresa, lo spaesamento, e al secondo piano un omaggio ai due donatori, Grassi e Vismara. Durante l’allestimento ho incontrato persone che si stupivano di trovare un Manet di quasi due metri a Milano, così come il lavoro di un giovane Cézanne, un Picasso, dei Morandi straordinari. L’idea è quella di poter ritrovare collezioni di cui si è inconsapevoli, attraverso nuovi passi”.
DIALOGHI IN MOSTRA
Al secondo piano, effettivamente, si passa da confronti tra dipinti ottocenteschi e opere contemporanee a dialoghi fra opere italiane degli Anni Quaranta e lavori molto recenti. La ricerca si sviluppa attraverso contrasti e assonanze che vanno da accostamenti dal forte impatto, ma mai provocatori – come quello tra Il signor Arnaud a cavallo (1875) di Edouard Manet e Black Damask (2007) di Rudolf Stingel – a contrapposizioni che sottolineano eleganti contrasti – come quello tra la staticità di Milky Way (1985) di Carl Andre e la vitalità del movimento dell’Americana (1903) di Giovanni Boldini. Il XX secolo custodito al secondo piano della Galleria d’Arte Moderna, con i suoi Morandi, i suoi Fattori e De Nittis, Cézanne e van Gogh, incontra la contemporaneità.
“Ho cercato di partire dalla GAM, dai suoi capolavori, per provare a raccontare le altre due collezioni-ospiti. Invece di adattare la Galleria alle collezioni private, al contrario ho cercato in essa rimandi, proprio come in un film, ricostruendo una diegesi dal punto di vista del montaggio. Poi da regista ho selezionato interpreti, personaggi, ho promosso casting a seconda del carattere delle opere, partendo dall’idea del viaggio, con la carrozza di Christo, che ne rappresenta un invito ed è la prima opera commissionata dalla famiglia Berlingeri all’artista americano, quando soggiorna presso di loro, nel Castello di San Basilio, ed è colma di sacchi di grano della tenuta, ed è raccolta insieme dalle corde del porto. L’idea è quella di aver trovato oggetti che raccontano”, afferma ancora Barbero.
CINEMA E COLPI DI SCENA
Il percorso prende idealmente avvio con una serie di rimandi al mondo del cinema: la prima stanza è un omaggio al silenzio e al buio, elementi imprescindibili della sala cinematografica, espressi attraverso opere di Joseph Kosuth, Max Cole ed Enzo Cucchi, messe in dialogo con lavori della Galleria d’Arte Moderna, tra cui un notturno di Alberto Martini del quale il curatore sottolinea la narrazione dipinta sulla cornice. Proseguendo, le opere di Lawrence Weiner accolgono lo spettatore come fossero titoli di testa, proiettati in questo caso non su uno schermo ma sulle pareti di un museo.
Passando da una sala all’altra, si avverte con chiarezza la ricerca di contrazione e decompressione (talvolta di sparizione) della materia rappresentata, consistenza solo apparentemente insita nei lavori stessi. L’allestimento si manifesta come una sorta di continuo moto miocardico, un’energia, una richiesta di respiro o di ritrovamento da parte del visitatore. Uno spettatore che, tra i diversi piani, sperimenta sempre una leggera frenesia dell’adempimento, del completamento di un percorso puntellato, senza fine, da improvvisi colpi di scena. Colpi a effetto utili a sottolineare anche la natura di lavori che hanno incarnato la vita, lo sguardo e non solo la disponibilità economica dei loro custodi.
“La differenza tra chi compra e chi colleziona è enorme”, rimarca Luca Massimo Barbero. “Quella della GAM, ad esempio, è una biografia di Milano, un diario di viaggio nel tempo, mentre le altre due collezioni sono due album di famiglia, corredo genetico di grandi visioni. Ma le une con le altre diventano un’entità unica che ne scardina e ne rivela analogie impensabili altrimenti”.
Ginevra Bria
Milano // fino al 26 febbraio 2017
La finestra sul cortile. Scorci di collezioni private
a cura di Luca Massimo Barbero
GAM
Via Palestro 16
02 88445947
[email protected]
www.gam-milano.com/it/home/
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