Scultura sottosopra. Un viaggio nei depositi della GAM di Milano
Con le visite di Sottosopra, da quasi due mesi Paola Zatti, conservatore della GAM, sta mostrando al pubblico di Milano centinaia di opere scultoree mai esposte e conservate nei depositi, normalmente interdetti ai visitatori. Un invito che attraversa Ottocento e Novecento, ma anche i luoghi monumentali della città: dall’Accademia di Brera al Duomo, dall’Arco della Pace al Cimitero Monumentale al Museo del Novecento. In preparazione di una grande mostra che inaugurerà il 19 marzo 2017.
“I depositi di un museo”, scrive Salvatore Settis, “rappresentano una sorta di riserva aurea, in perenne rapporto con le collezioni esposte: devono essere anch’essi visitabili e funzionano come un serbatoio di sorprese. Anche il discorso sui magazzini dei musei fa dunque parte di quello, ancor più vasto, che abbiamo fatto sul “patrimonio latente”, quello che già ci appartiene, ma ancora non sappiamo bene che c’è o che cos’è. Anche nei magazzini, e non solo nelle stratificate mura di palazzi e chiese, si celano impensate novità”.
Seguendo alla lettera questo insegnamento come un messaggio per il proprio pubblico, la GAM di Via Palestro ha intrapreso il serrato programma di visite dal titolo Sottosopra. Una riserva di sorprese dai depositi della Galleria d’Arte Moderna. Visite guidate esclusive in programma tutti i fine settimana fino al 19 marzo 2017.
Cuore del progetto è l’Atelier di restauro, costituito attraverso un bando pubblico e allestito nelle sale dei depositi sotterranei, dove un gruppo di restauratori sta recuperando, conservativamente, settanta sculture, con interventi molteplici e differenti tecniche, di matrice anche naturale – come l’utilizzo dell’agar-agar, gelatina vegetale pulente ricavata dalle alghe. Un’esperienza unica, impensabile fino a qualche anno fa, aperta a tutti coloro che vorranno essere resi partecipi del dietro le quinte di una grande mostra: le opere in restauro, infatti, saranno protagoniste di 100 anni. La scultura a Milano dal 1815 al 1915, un evento espositivo che ripercorre la produzione scultorea lombarda dal tardo neoclassicismo alla stagione simbolista, la cui inaugurazione è in programma il 19 marzo 2017.
PAROLA ALLA DIRETTRICE
“È da quasi cinque anni che sono alla direzione e ho intrapreso un percorso di revisione del Museo”, sottolinea Paola Zatti, conservatore della GAM di Milano, “cercando di ridare un ordine alle collezioni – per recuperarne alcuni spazi –, di ottimizzare i percorsi di visita e i servizi ai visitatori, provando a fornire un’identità a questo luogo che, già a causa di un proprio “peccato originale”, veniva confuso con Villa Reale, Museo dell’Ottocento e Villa Belgioioso. La storia di GAM è decisamente sfumata fin dall’origine, perché condivide le sue collezioni con un inventario che, in parte, sottende alla nascita delle collezioni d’arte moderna; quindi la coda di tutto questo è il Museo del Novecento. A partire dal 1921, da quando le collezioni hanno cominciato a formarsi qui in Via Palestro, l’assenza in Italia di una Museologia forte, che annoverasse questo luogo fra le Gallerie d’Arte Moderna, l’ha portato, molto in ritardo, a configurarsi come tale, in una Milano estremamente vivace”.
La GAM arriva a Villa Reale in un momento in cui il capoluogo lombardo è la sede di gallerie importantissime, salotti letterari critici straordinari, ospite di figure, come Margherita Sarfatti, che hanno scritto la storia dei musei italiani. La Galleria, però, non compare da nessuna parte e, rispetto alle altre Istituzioni analoghe in Italia, da Ca’ Pesaro a Venezia alla GAM di Torino, a Firenze e a Palazzo Pitti, senza dimenticare la Galleria di Roma, dove le loro identità si erano configurate molto bene, Milano arriva in ritardo. “Abbiamo studiato questa nostra storia”, riprende la direttrice, “anche attraverso alcune mostre che ci sono servite per far conoscere un museo all’apparenza sconosciuto. Abbiamo prima dovuto capirci, per comprendere da dove partire e dove arrivare nella riconfigurazione di questo luogo. Abbiamo compiuto una serie di approfondimenti molto utili. Come, ad esempio, venire a conoscenza del fatto che Medardo Rosso sia arrivato ad avere una stanza tutta sua su suggerimento di Carlo Carrà, negli Anni Cinquanta, è indicativo del ritardo. Il saggio che scrissi nel catalogo della mostra di Medardo Rosso aveva come titolo “Rincorrendo la modernità”. La Galleria ha sempre corso dietro a qualche cosa che ha fatto fatica a trovare”.
L’INTERVISTA
Dopo quasi dieci anni di lavoro, come vi siete configurati?
Ora il museo si è ben posizionato nell’ambito dell’attività artistica e culturale cittadina, nazionale e anche internazionale: abbiamo curato la mostra di Wildt con il Musée d’Orsay, abbiamo numerosi scambi in corso con il Museo Rodin, contatti che stanno permettendo di attestarci a livello europeo.
Abbiamo un pubblico fidelizzato e il nostro percorso è stato delineato secondo linee definite: a gennaio presenteremo un catalogo e una mostra dedicati a uno dei cuori delle nostre collezioni, e cioè la scultura. È un argomento di difficile comprensione, è meno immediata rispetto alla pittura, è più conosciuta da un pubblico circoscritto ed è più difficile da esporre e presentare. Noi abbiamo un deposito di mille opere che andava valorizzato e soprattutto studiato, una risorsa sulla quale non esisteva nessuna ricerca.
Questo, anche, grazie a un supporto esterno importantissimo, che fornisce fondi di nove volte superiori rispetto alle cifre pubblicamente stanziate per GAM.
Dal mio punto di vista, più rendi varia l’attività che fai, più la diversifichi, più il museo vive. Il museo deve essere democratico, aperto a tutti i pubblici e UBS è il perno di tutto questo. Abbiamo consolidato un rapporto di partnership non scontato: sono pochi i musei che possono godere di un appoggio così forte, tanto prolungato e molto condiviso.
UBS non ha mai imposto con prepotenza, in modo cieco, le sue iniziative culturali, ma, all’opposto, ci accompagna con grande capacità di ascolto, e l’ultima mostra curata da Luca Massimo è uno dei culmini del percorso che stiamo intraprendendo con loro, attraverso l’inserimento dell’arte contemporanea nelle nostre sale , periodo che è, ovviamente, il loro core business, all’interno di un contenitore che invece ha connotazioni temporali forti, condividendo allo stesso tempo i miei progetti, le mie mostre, la mia attività editoriale e un’operazione particolare.
Ma l’irruzione del pubblico nelle vostre stanze segrete come modifica l’assetto di un museo?
Sottosopra, le visite guidate che noi abbiamo promosso all’interno dei depositi delle nostre collezioni – quasi interamente frutto di donazioni private, racconto di intere famiglie milanesi –, si inserisce in uno stream sempre più frequente. Ci sono altri musei che hanno aperto i loro depositi, sono stati realizzati servizi fotografici bellissimi che sono stati fatti ultimamente, ci sono indicazioni ministeriali precise sulla rivelazione di un patrimonio sommerso, non solitamente visibile, e c’è un invito di Settis a conoscere e prendere in mano la propria storia, perché solo conoscendola si riesce a comprendersi.
Potresti anticipare alcuni dettagli della mostra 100 anni. La scultura a Milano dal 1815 al 1915?
Sarà un’incursione in un periodo molto esplorato a livello pittorico, ma non scultoreo. Abbiamo riscontrato una perizia tecnica eccellente negli artisti ottocenteschi di Milano: l’Accademia richiedeva una specializzazione altissima, strappando, talvolta, per raffinatezza e produzione, il primato a Roma e a Firenze, grazie ad artisti straordinariamente bravi. Forse anche perché venivano formate figure altamente in dialogo con fonderie cittadine che hanno fatto la storia della scultura internazionale, intrecciandosi, di pari passo, con una committenza privata rilevante, fondamentale. Una borghesia imprenditoriale composta da grandi famiglie che avevano bisogno di affermarsi con ogni mezzo.
Dunque un centinaio di opere – selezionate fra mille –, bianchissime, saliranno dai nostri depositi e rimarranno esposte da fine marzo a fine luglio del prossimo anno, al piano terra. Il tema sarà il biancore, frutto anche di una serie di resoconti che offriremo sulla nostra campagna di indagini sul restauro. L’Ottocento sarà spolverato, svecchiato e, anche visivamente, sospeso.
Ginevra Bria
Milano // fino al 19 marzo 2017
Sottosopra
GAM
Via Palestro 16
02 45487400
[email protected]
www.operadartemilano.it
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/58205/sottosopra/
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