Una panoramica sull’arte italiana. A Napoli
In una Napoli attrattiva come non mai, qualche settimana fa si è inaugurata la mostra “Tesori nascosti. Tino di Camaino, Caravaggio, Gemito”. Un’opportunità di ammirare opere della grande arte italiana, spesso di difficile fruizione poiché custodite in sedi private.
L’occasione offerta dalla mostra partenopea a cura di Vittorio Sgarbi è ghiotta per una serie di validi motivi. Innanzitutto la sede scelta come sfondo della rassegna. L’allestimento è presentato al pubblico nell’antica e recuperata chiesa di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta, nel cuore dei Decumani, con la torre campanaria tra le più antiche d’Italia, sorta come basilica paleocristiana nel VI secolo e riprogettata tra il 1653 e il 1678 in chiave barocca da Cosimo Fanzago.
L’interno, per la sua ampia pianta a croce greca con cappelle laterali e la ricchezza dei pavimenti realizzati nel Settecento dai Massa, ben si presta a divenire un piccolo museo, dove poter esibire (purtroppo con una necessaria perdita di fruibilità di importanti linee architettoniche e decorative) una carrellata di oltre centocinquanta opere, sia sculture che dipinti, lungo un arco temporale che va dalla metà del Duecento fino agli anni più recenti.
Poi, il significativo impegno profuso in una scelta combinata tra pubblico e privato, da leggere come testimonianza di una formula vincente quando ben condivisa e indirizzata al fine comune di promuovere l’importanza e la grazia dell’arte italiana. Un altro aspetto di rilievo è l’offerta temporale – poiché la mostra è aperta tutti i giorni, e fino alle 23 il venerdì, il sabato e la domenica – insieme all’adozione di piccole ma grandi strategie tecnologiche, come la funzionalissima app che guida i visitatori lungo il percorso di visita.
I PROTAGONISTI
A vincere è la bellezza delle opere proposte nella specificità dei differenti linguaggi artistici italiani: si spazia dall’Emilia (Reni, Guercino, Cagnacci) alla Toscana (Martinelli, Rosi), dal Veneto (Vivarini, Veronese) alla Lombardia (Luini, Giampietrino), soffermandosi naturalmente in ambito meridionale, con alcune interessanti prove scultoree (dalla rara produzione partenopea del senese Tino di Camaino fino all’intensità vigorosa del napoletano Vincenzo Gemito), con l’eccezionale Madonna in gloria con i SS. Antonio da Padova e Michele Arcangelo, un vertice per qualità e conservazione, attribuita a Severo Ierace e databile intorno alla fine del terzo decennio del Cinquecento, due magnifici Teodoro d’Errico e le seducenti pennellate di luci e ombre a opera di Battistello e Preti, sulla scia del passaggio del Merisi.
Una mostra immersa nel centro storico di Napoli, ricca e fascinosa per incantare e far riflettere. Un’occasione di meditazione e confronto, che riserva anche qualche criticità (prima fra tutti, il dipinto attribuito a Caravaggio) per ribadire quanto sia vivo e aperto il rapporto tra l’arte e i suoi fruitori e quanto siano utili le esposizioni al pubblico di quelle opere quasi sconosciute perché appartenenti a fondazioni, istituzioni bancarie e collezioni private.
Ivana Porcini
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