La verità sul ritratto di Donna Florio. Ecco le versioni segrete del mitico dipinto di Boldini
Per decenni si era creduto a una certa versione dei fatti. Oggi totalmente smentiti. L’intuito degli esperti e poi la riflettografia hanno restituito la verità: ecco dov’erano le altre versioni del dipinto di Giovanni Boldini – oggi all’asta - dedicato a una tra le più amate nobildonne della Belle Èpoque palermitana...
È ancora in mostra al Vittoriano, per la grande retrospettiva dedicata a Giovanni Boldini (Ferrara, 1842 – Parigi, 1931). Ed è uno dei pezzi forti della mostra: il ritratto a figura intera di Donna Franca Florio, commissionato all’artista nel 1901 dal potente imprenditore palermitano Ignazio Florio, è considerato uno dei capolavori boldiniani più costosi (e ammirati) di sempre.
Nel mentre, un’asta molto controversa è attesa per il prossimo 30 aprile nei locali della Casa d’Aste Bonino, a Roma. Lo scorso 15 aprile è arrivata la prima offerta: con 750.000 euro il primo potenziale acquirente è già in gara. Asta controversa, dicevamo, per via del ruolo speciale che i Florio ebbero nella Palermo felicissima della Belle Èpoque: il dipinto, vissuto dai cittadini come un tesoro di famiglia, è stato esposto per anni in una sala del Grand Hotel Villa Igea – antica dimora dei Florio – gestito dalla Società Acqua Marcia. Società poi fallita, con i beni dei suoi vari alberghi andati in liquidazione: mobili, suppellettili, dipinti di valore.
I palermitani sperano ancora che le istituzioni, o più probabilmente qualche mecenate, vogliano acquisire il quadro e ricondurlo a casa.
UNA STORIA DI EQUIVOCI E DI SOVRAPPOSIZONI
Ma la storia non finisce qui. Per quasi un secolo si è creduto nell’esistenza di almeno due versioni del dipinto. Ma mai nessuna prova era saltata fuori. La verità arriva grazie agli esperti di Bonino, che hanno avuto modo di studiare da vicino la tela. L’originale del 1901 semplicemente non c’è più. Di conseguenza, la copia oggi esposta a Roma, datata 1924 e acquistata dal Barone Rotchild fra il 1927-28, è l’unica esistente. O meglio, ben tre versioni sono esistite, ma tutte sullo stesso supporto. Sovrapposte.
È bastata un’analisi ai raggi X per accorgersi che sotto la figura slanciata di Franca Florio si cela un’altra silhouette con dettagli differenti: “Per esempio, osservando il braccio sollevato, è facile riconoscere i segni di una manica nera che l’incarnato copre”, ha spiegato il Direttore del Dipartimento Dipinti e Disegni di Bonino, Matteo Smolizza. “Il dipinto sottostante era la tela da Boldini realizzata nel 1901 e presentata alla Biennale di Venezia nel 1903, in cui Donna Franca indossa un vestito nero con una ricca gonna”. La sigla d’inventario incisa sul retro del telaio è la prova del passaggio in Biennale.
L’abito, in principio, aveva dunque maniche lunghe con intarsi sui polsi, una gonna sontuosamente decorata e un decolleté anch’esso impreziosito da ricami. Il tutto venne poi semplificato, lasciando braccia e caviglie scoperte, ed eliminando decorazioni e strascico.
Ma c’è ancora una fase intermedia, emersa dalle analisi. Ne dà testimonianza una fotografia scattata nello studio del pittore tra il 1908 ed il 1912: Boldini è in posa dinanzi alla tela, che ha già subito le varie modifiche, ma in cui non è ancora stata inserita la seggiola visibile oggi a destra della donna, che si scorge proprio in un angolo dello studio. La spallina audacemente scivolata, inoltre, sarebbe stata poi sistemata con una pennellata nera.
È così che viene corretta la bibliografia tradizionale, che aveva travisato le fasi della storia. Si narrava infatti che la tela attuale – considerata erroneamente la prima versione – non fosse piaciuta a Ignazio Florio perché troppo discinta. L’artista ne avrebbe dunque realizzata una seconda più adeguata, con maniche lunghe e gonna sfarzosa fino a piedi. Questa variante, esposta e Venezia e documentata da un’unica foto superstite, secondo la leggenda sarebbe poi andata dispersa. Oggi la verità smentisce e inverte l’intera sequenza.
Ultima chicca: l’abito nero in velluto appartenuto a Donna Florio è conservato alla Galleria del Costume di Palazzo Pitti, a Firenze. Gli intagli su gonna e maniche sono gli stessi del ritratto poi cancellato, ma il modello è a collo alto, castigatissimo: è all’immaginazione del pittore, frequentatore dei salotti parigini più alla moda, che si deve quella reinterpretazione audace, tra la posa sexy e la pelle nuda. Quasi a dare consistenza alle parole ispirate di D’Annunzio, rivolte alla Baronessa: “L’unica. Una creatura che svela in ogni suo movimento un ritmo divino”.
– Helga Marsala
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