Giovanni Boldini, la pittura e l’innovazione. A Roma
Con oltre 150 opere provenienti da celebri musei nazionali, internazionali e collezioni private, l’antologica romana allestita nel Complesso del Vittoriano ripercorre l’intera parabola stilistica dell’artista ferrarese. Dalla Firenze dei macchiaioli alla Parigi della Belle Époque e oltre, mettendo in luce tratti di una modernità sorprendente.
Noto soprattutto come talentuoso ritrattista, Giovanni Boldini (Ferrara, 1842 – Parigi, 1931) è stato il fine interprete di uno stile di grande impatto e carica innovativa, che ha caratterizzato molta parte della sua produzione in modo trasversale. Lasciata la nativa Ferrara, l’ambizioso pittore trovò nella Firenze risorgimentale un contesto culturale particolarmente fervido, ricco di fermenti e istanze di rinnovamento ideologico, oltre che formale: i macchiaioli stavano facendo dei vigorosi contrasti chiaroscurali le ragioni di un’estetica, in chiave antiaccademica. Boldini si fece notare con alcuni ritratti di piccolo formato esposti alla Promotrice nel 1866, così commentati da Telemaco Signorini: “I ritratti […] dovevano avere un fondo unito il più possibile per staccare e non disturbare la testa del ritrattato; precetto ridicolo e lo dice il signor Boldini, con i suoi ritratti che hanno un fondo […] senza che per questo la testa del ritrattato ne scapiti per nulla”.
DESTINAZIONE PARIGI
Il pittore ferrarese mostra un forte radicamento al reale colto con cura e freschezza, come nel ritratto del teorico del gruppo, Diego Martelli, accovacciato sul pavimento del suo studio. I contatti con i macchiaioli – da cui eredita la spiccata sensibilità luministica che innerverà tutta la sua opera – continueranno anche al termine del periodo fiorentino, quando decise di fare della rutilante e cosmopolita Parigi la sua patria d’elezione. Sulle prime, dovette molto al contratto esclusivo stipulato con A. Goupil, affermato mercante d’arte, facendosi interprete del gusto neosettecentista che legava idealmente la nuova borghesia alla precedente, con atmosfere leggere e leziose dall’eco quasi Rococò. Allo stesso tempo non rinunciò a brani di un marcato realismo, che però non assunse mai toni di denuncia sociale.
DONNE E MODERNITÀ
Conclusa l’esperienza Goupil, subì il fascino della modernità, inaugurando una stagione di sperimentazioni: da Edgar Degas riprese il taglio fotografico e anticonvenzionale, si misurò per qualche tempo anche con l’incisione. Iniziò ad avvalersi dei pastelli sul grande formato, divenendo artefice di ritratti femminili vividi, sinuosi e palpitanti. In questo genere emergono le doti psicologiche del pittore che amava dialogare con le donne effigiate per poi trasporne le qualità sulla tela, come in istantanee. Donne di alto rango, in abiti sontuosi, rese con grande naturalezza e scavo introspettivo: sguardi penetranti ma anche sottilmente inquieti, talvolta quasi sfrontati, e corpi dai contorni sempre più mobili che assecondano una ricerca tutta moderna di dinamismo, nei gesti e nelle pose. Su questa scia, il tardo Boldini arrivò a una stesura guizzante, “a sciabolate”, sempre più spregiudicata e imprevedibile: una repentina irruzione che apre squarci altrettanto inaspettati sul fenomeno dell’avanguardia futurista, non certo per una comunanza di intenti, quanto semmai in virtù di una certa affinità formale.
– Giulia Andioni
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