Il Liberty praghese debutta in Italia. A Trieste
Castello e Scuderie di Miramare, Trieste ‒ fino al 7 gennaio 2018. Le grandi collezioni del Museo delle Arti Decorative di Praga sbarcano a Trieste, tracciando una storia affascinante che si muove da est a ovest.
Quelle che un tempo furono la Praga e la Trieste fin de siècle, due tra i più importanti capoluoghi del grande dominio asburgico, ripercorrono insieme tutte le tappe dell’Art Nouveau mitteleuropea a cavallo tra ‘800 e ‘900.
È stato in questo caso il Museo di Arti Decorative della capitale ceca (l’Uměleckoprůmyslové muzeum v Praze, da qui in poi UPM) a fare di necessità virtù. I suoi locali sono infatti chiusi per ristrutturazione della sede storica fino alle prime settimane del 2018. Giusta quindi l’idea di non lasciar “dormire” le collezioni del museo in attesa della riapertura. Da qui la collaborazione tra UPM, Polo museale FVG e Museo storico e Parco del Castello di Miramare per rinfrescare le comuni radici austro-ungariche con una mostra sul Liberty praghese.
Nel contesto dell’Art Nouveau, l’UPM ha giocato un ruolo decisivo dal 1885 in poi soprattutto nella raccolta di manifesti pubblicitari e arte libraria, a quel tempo produzione a tutti gli effetti contemporanea. È quasi superfluo citare la grande raccolta di lavori firmati Mucha e Klimt, capaci in qualsiasi occasione espositiva di accontentare un po’ tutti e dare un taglio internazionale alla collezione.
UNA NUOVA BORGHESIA
Ma non vanno sottovalutati gli arredi da interno progettati da quegli artisti e architetti cechi reduci dalla scuola di Otto Wagner alla Wiener Akademie. I motivi geometrici e floreali tipici dell’epoca ritornano negli intarsi dei tavolini disegnati per un esponente dell’avvocatura da Jan Kotěra e dei mobili in betulla, acero e legno esotico ideati da Leopold Bauer per un industriale di Krnov. Prima di entrare nelle collezioni del museo praghese, molti arredi avevano già esordito all’Esposizione Universale del 1900 su commissione della Camera di Commercio di Praga.
Si tratta quindi di creazioni destinate a quella nuova borghesia industriale e urbana che da ovest a est aveva dato nuovo slancio a produzione e commerci. Suona forse utopistica la caratterizzazione dell’Art Nouveau che ne ricavano alcuni curatori di questa mostra, attribuendole “una forte carica etica e l’impegno a trasformare l’ambiente di vita e le condizioni sociali’. Con le sue produzioni vetrarie di ditte come quella di Johann Lötz, le manifatture di arazzi, la gioielleria e i nuovi guardaroba femminili, anche il Liberty boemo-moravo resta espressione sì di una nuova generazione di artisti emancipati, ma anche di usi e gusti pur sempre legati alle merci di lusso.
‒ Francesca Coccolo
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