Europa giovane e ribelle. Focus sulle Secessioni a Rovigo
Palazzo Roverella, Rovigo ‒ fino al 21 gennaio 2018. Quattro tappe per ripercorrere le principali Secessioni che si diffusero in tutta Europa tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Giovani, internazionali, di rottura rispetto alle scuole e alle accademie, segnarono senza dubbio il XX secolo, ma non tutte sono ultra conosciute come quella di Vienna.
Nel 1892 a Monaco un gruppo di circa venti artisti, tra cui Franz von Stuck, si riunirono in una associazione per promuovere piccole mostre internazionali ed elitarie. Fu il primo passo che portò alla nascita della Secessione monacense e poi alla diffusione, in tutta la Mitteleuropa, di diverse “riscosse” condotte da giovani artisti, incompresi e maltrattati dall’arte ufficiale che rifiutava spesso le innovazioni e che non offriva spazi per la “modernità”.
Se tutti conoscono la Secessione di Vienna, capitanata da Gustav Klimt ed Egon Schiele, meno note sono quelle di Berlino, Lipsia, Praga, Budapest, Varsavia, solo per fare alcuni esempi. La mostra in corso a Rovigo, curata da Francesco Parisi, accosta per la prima volta quattro di queste Secessioni, mettendone in luce le caratteristiche di esclusività, di pluralismo degli stili, di tensione costante verso il cambiamento e di un forte orientamento internazionale, tanto da definirle il “primo vero scambio culturale europeo”, nonostante il contesto storico imperialistico in cui si collocavano.
LE DUE PIÙ CELEBRI
Monaco e Vienna costituiscono le prime due sezioni della mostra: la prima è ben rappresentata da dipinti e sculture di Von Stuck (gli habitué di Palazzo Roverella ritroveranno il Lucifero già esposto in una precedente rassegna, accostato però al bozzetto preparatorio), ma sorprendono di più le opere – all’epoca considerate scandalose ‒ di Carl Strathmann o la spiazzante modernità della tela di Thomas Theodor Heine. Pochi prestiti sono stati concessi per quanto riguarda Klimt e Schiele (nel 2018 a Vienna inizieranno le manifestazioni per i rispettivi centenari delle loro morti), che pur ci sono, ma la sezione viennese, introdotta dal celebre motto “Ad ogni epoca la sua arte, ad ogni arte la sua libertà” posto sul Palazzo ideato dall’architetto Joseph Maria Olbrich, ricostruisce la peculiarità del movimento nato nel 1897 nella capitale austriaca. Non solo decorativismo esasperato di matrice formale e astratta, ma un sistema artistico strutturato che prevedeva esposizioni per i giovani, anche internazionali (Segantini e gli impressionisti, ad esempio), la pubblicazione della rivista Ver Sacrum, la Scuola d’arte applicata e la Wiener Werkstätte, il tutto sotto l’insegna della Gesamtkunstwerk, il concetto di opera d’arte totale che si estendeva dall’architettura alla decorazione, dall’arredamento – presente nelle sale con una scelta di oggetti – all’abbigliamento.
PRAGA MAGICA, ANCHE IN ARTE
In gran parte mai esposti in Italia sono invece i materiali che rappresentano Praga, e in particolare il movimento Sursum, attivo tra il 1910 e il 1912: ebbe allora scarso successo anche per la concorrenza vincente dei cubisti, considerati la vera avanguardia, ma ora lo si studia con interesse in relazione alla doppia anima austriaca e slava della città ceca, che stimolava dibattiti, ricerche, schieramenti di artisti e letterati. Immediata è la percezione degli interessi degli artisti di Sursum: il trascendente, lo spirituale, l’inconscio, l’erotismo, gli stati psichici esasperati ma anche la magia e lo spiritismo che a Praga erano diffusissimi, erompono potentemente dalle opere di Josef Váchal, Jan Konupek, Jaroslav Horejc, che senza dubbio meritano approfondimenti e una più vasta conoscenza.
ROMA, SECESSIONE MODERATA
Infine, Roma, con le mostre di fronda degli artisti che cercavano maggiore visibilità rispetto a quella offerta dalla Società Amatori e Cultori di Belle Arti. Ripercorrendo le vicende delle tre mostre “off” e confrontandole con quelle ufficiali e con le committenze istituzionali, sorprende constatare la presenza degli stessi nomi nei cataloghi, tanto da far pensare, riprendendo un testo di Ugo Ojetti significativamente intitolato La moltiplicazione dei pani all’uso del termine “Secessione” più che altro come un’etichetta ribellistica che nascondeva un’aspra battaglia per la spartizione di potere tra artisti e organizzatori. E questo spiega il perché della scarsa rilevanza dell’eclettico e strumentale movimento romano.
‒ Marta Santacatterina
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