Kandinsky chiama Cage. A Reggio Emilia

A Palazzo Magnani va in scena una rassegna giocata sul legame tra arte e musica. Lungo una linea che unisce Wassily Kandinsky e John Cage, passando per Schönberg, Klee, Melotti e Turcato.

La Fondazione Magnani inizia la nuova stagione con una mostra di alta caratura, che intende parlare al nostro sistema emozionale e nello stesso tempo segnare una nuova fase di correlazione con il territorio. L’esposizione, scientificamente rigorosa, s’incentra sul segno sinestetico dell’arte che si sposa alla musica, a partire dalle suggestioni wagneriane. Non a caso le due arti sorelle sono state spesso affiancate mediante rapporti di intercomunicazione sensoriale e scambi fecondi. L’opera d’arte totale di Richard Wagner fa da preludio al percorso espositivo come viatico esemplificativo dell’arte astratta, con quella commistione artistico-musicale che diviene una coinvolgente metafora per elevare l’anima al di sopra della materia. In particolare, col bozzetto in mostra del Lohengrin, l’artista-musicista anticipa proprio quella sinestesia tipica dell’astrazione spirituale cui lo stesso Wassily Kandinsky farà riferimento nelle opere a venire e nel suo saggio Lo spirituale nell’arte.
Degni di nota anche i raffinatissimi lubok, le stampe popolari russe colorate artigianalmente a mano e di gran voga nell’Ottocento, tra le quali spicca L’uccello del paradiso, Sirin.

John Cage, Not waiting to say anithing about Marcel (edition), Plexigram II, 1969. Courtesy Fondazione Bonotto

John Cage, Not waiting to say anithing about Marcel (edition), Plexigram II, 1969. Courtesy Fondazione Bonotto

ARTE E MUSICA

La Germania negli anni tra Ottocento e Novecento s’impregnava di umori esoterici e dibattiti filosofici, ed esponente di spicco era il simbolista Max Klinger, che troviamo in mostra con una reinterpretazione figurativa della musica di Brahms, così come Arnold Schönberg, insegnante di Cage e inventore della musica dodecafonica, è presente come abile pittore di bozzetti per il teatro. Si arriva dunque a un nutrito corpus di lavori di Kandinsky e alle prime Composizioni che fanno riferimento a strumenti e brani musicali per passare poi ai suoi amici e colleghi del Blaue Reiter, la Marianne von Werefkin dalle atmosfere tragiche che si propagano come onde sonore e il Paul Klee dal lirismo soffuso, fino ad arrivare alla smaterializzazione di Fausto Melotti, alle invenzioni di Giulio Turcato e al tormento di Nicolas De Staël. Chiude la carrellata John Cage, con un’ampia sezione che mostra il suo percorso poliedrico di artista e musicista, e la stanza del silenzio, nella quale il battito del nostro cuore rimbomba come se stesse seguendo uno spartito.

Francesca Baboni

Articolo pubblicato su Grandi Mostre #8

Abbonati ad Artribune Magazine
Acquista la tua inserzione sul prossimo Artribune

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Francesca Baboni

Francesca Baboni

Francesca Baboni vive a Correggio (Re). Laureata in Lettere Classiche con indirizzo storico-artistico all'Università di Bologna, è critico d'arte, storico dell'arte e curatrice indipendente. Da diversi anni cura per spazi privati ed istituzionali mostre personali e collettive di artisti contemporanei,…

Scopri di più