La pittura sospesa del Realismo Magico. A Rovereto
In occasione del suo quindicesimo anniversario, il Mart di Rovereto ospita una mostra che getta nuova luce sul Realismo Magico e sui suoi protagonisti.
Gli ultimi anni hanno visto crescere l’interesse per il periodo del rappel à l’ordre, con la rivalutazione del lavoro di artisti fino a qualche decennio fa oscurati dalle Avanguardie, come Antonio Donghi, Ubaldo Oppi e Felice Casorati. In questo contesto il Mart di Rovereto gioca un ruolo di primo piano: a un mese dalla chiusura di Un’eterna bellezza, apre Realismo Magico, a cura di Gabriella Belli e Valerio Terraroli. Si tratta ‒ come per la mostra precedente ‒ di un progetto internazionale: nel 2018 l’esposizione transiterà all’Ateneum Art Museum di Helsinki e al Folkwang Museum di Essen, a testimonianza di una crescente attenzione per la pittura degli Anni Venti anche fuori dai confini italiani.
Realismo Magico è presentata come un vero evento: inaugurata in occasione dei 15 anni del Mart, curata da Gabriella Belli, che del museo è stata il primo direttore e di cui si è molto celebrata la presenza, conta più di settanta opere, provenienti da collezioni pubbliche e private.
LA MOSTRA
La mostra riprende nel titolo la definizione del 1925 del tedesco Franz Roh, poi mutuata quattro anni dopo dal critico Massimo Bontempelli, che la applica a una pittura figurativa italiana dai climi enigmatici e sospesi. “Realismo Magico” è in sé un ossimoro, come ripete Terraroli, che indica una tendenza ‒ poiché rimase una definizione critica, più che un movimento ‒ ricostruita nel percorso espositivo con puntualità storico-artistica, a partire dalle origini, con Le figlie di Loth di Carlo Carrà, che mostra il recupero, già negli Anni Dieci, di un linguaggio tre e quattrocentesco, e due dipinti degli Anni Venti di Giorgio de Chirico, che ha abbandonato la metafisica più fredda e mentale per diventare “Pictor classicus”, senza rinunciare però alle atmosfere stranianti che tanto hanno influenzato anche il Surrealismo.
Al pari di Novecento, il Realismo Magico si presenta nelle vesti di un’arte che vive il passato storico come novità, ricorrendo però a una pittura più intimista, senza la magniloquenza ufficiale del movimento della Sarfatti (sebbene molti degli artisti in mostra, come Achille Funi, Ubaldo Oppi e Antonio Donghi, solo per citarne alcuni, siano parte di Novecento, e in generale il recupero del passato storico sia comune alle due tendenze al di là delle sottili distinzioni storico-artistiche).
GLI ARTISTI
Il nucleo della mostra sono le sale dedicate a Felice Casorati, Donghi e Cagnaccio di San Pietro, con il primo che vira in situazioni contemporanee quell’astrazione geometrica tipica della pittura di Paolo Uccello e Piero della Francesca (gli Scolari immobili sembrano essere usciti dalle formule geometriche sulla lavagna accanto a loro), il secondo che, con una pittura chiara e precisa, sottrae al tempo immagini quotidiane (come in Donna al caffè, moderno ritratto fiammingo) e l’ultimo, più tardo, che con i suoi soggetti aggressivi e disturbanti (Zoologia) ci avvicina agli inquietanti Anni Trenta. Accanto a loro, figure meno note sulle quali la mostra ha il merito di accendere l’interesse, come Edita Broglio ‒ compagna del Broglio di Valori plastici ‒ presente con un Ritratto di signora su tarsia che sembra passare dallo studiolo urbinate di Federico da Montefeltro, o il russo-italiano Gregorio Sciltian, che ancora negli Anni Quaranta si dedica a nature morte simboliche seicentesche, o infine diversi pittori di area triestina (Leonor Fini, Pietro Marussig, Arturo Nathan, Carlo Socrate), a fare luce sull’ampiezza nazionale di questa tendenza.
‒ Sara d’Alessandro Manozzo
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