Il mistero del Caravaggio rubato: dopo 50 anni (forse) sviluppi nelle dichiarazioni di un pentito
Anni di ricerche, di ipotesi più o meno attendibili. Mistero, realtà o leggenda. Tutto questo si aggira intorno alla Natività di Caravaggio rubata più di cinquant’anni fa a Palermo. Oggi (forse) nuovi sviluppi.
Centinaia di penne sono state consumate per raccontarne la vicenda, migliaia di pagine stampate e moltissimi libri scritti. Un mistero? No. Uno dei furti più famosi della storia. La trama è ricorrente: una grande opera d’arte, una calda e umida notte autunnale, una chiesa e una sparizione. Si provi ad immaginare: Palermo 1969, Oratorio di San Lorenzo, nella notte tra il 17 e il 18 ottobre. Ad un certo punto la scoperta. La Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi di Caravaggio (Milano, 1571-Porto Ercole, 1610) è stata rubata. Ad accorgersene sono state le perpetue del parroco.
Da qui scatta l’allarme e l’opera viene inserita tra i primi dieci crimini d’arte dall’ FBI. Una storia che è diventata una leggenda, nessuna notizia certa di cosa sia successo. C’è chi dice che sia stata messa in un fienile e danneggiata dai topi, chi invece che Totò Riina la usasse come scendiletto, chi invece afferma che sia stata rubata dalla mafia per negoziare con lo Stato. Insomma un alone di mistero caratterizza questa vicenda. Fino ad oggi. Il pentito Gaetano Grado forse con le sue dichiarazioni metterà la parola fine a questa vicenda.
NUOVI SVILUPPI SUL FURTO DELLA NATIVITÀ
Gaetano Grado è stato con la sua famiglia un componente di Cosa Nostra e dopo il suo arresto nel 1989 si è pentito ed è diventato un collaboratore di giustizia. Secondo le deposizioni di Grado, il Caravaggio è stato rubato dalla piccola criminalità; la Mafia se ne sarebbe appropriata successivamente, dopo il gran clamore che fece la notizia al momento della scomparsa. Da qui l’opera passò per le mani di Gaetano Badalamenti, anche lui legato a Cosa Nostra, che riuscì a venderla tramite l’intercessione di un antiquario svizzero a Palermo. La Natività probabilmente era stata già tagliata a pezzi, e così trasportata all’estero. Secondo alcune indiscrezioni, sarebbe stato anche identificato il compratore, il cui nome tuttavia non è ancora noto.
RITROVATO UN MONET NEI DEPOSITI DEL LOUVRE
I casi di sparizioni e ritrovamenti sono sempre più numerosi, l’ultimo riguarda Francia e Giappone. Quando si dice “non sai mai cosa puoi trovare nelle cantine o nelle soffitte” ecco in questo caso è proprio l’affermazione giusta: un Claude Monet è stato scovato nel polveroso magazzino del Louvre da un giovane ricercatore francese nel 2016. A dare l’annuncio del rinvenimento il National Museum of Western Art di Tokyo. L’opera, Water Lilies: Reflection of Willows (1916), una grande tela dell’artista francese è purtroppo pesantemente danneggiata e dopo opportuni restauri verrà esposta a Tokyo nel 2019. Si tratta dello studio preparatorio della serie Water Lilies che è conservata nel Musée de l’Orangerie a Parigi. Water Lilies: Reflection of Willows apparteneva a Matsukata, uomo d’affari giapponese, che dedicò tutta la sua vita ad un sogno: creare un grande museo sull’arte occidentale in Giappone. Nel 1921 conobbe Monet a Giverny e già nel 1922 possedeva più di venti opere dell’artista. Purtroppo non riuscì mai a vedere realizzato il suo grande desiderio e anzi fu protagonista di molte vicissitudini che lo costrinsero addirittura a vendere parte della sua collezione. Quella conservata in Francia, invece, fu affidata al suo consulente Léonce Bénédite, direttore del Musée du Luxembourg prima di essere sequestrata dal governo francese durante la seconda guerra mondiale come proprietà nemica. Tuttavia, nel 1959, come segno della rinnovata amicizia tra i due paesi, venne formalmente restituita anche se nella realtà si persero le tracce dell’opera. Almeno fino ad oggi…
– Valentina Poli
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