Tra incisione e Futurismo. A Lucca
Fondazione Ragghianti, Lucca ‒ fino al 15 aprile 2018. Il lato più sfuggente e meno conosciuto del movimento futurista raccontato attraverso 146 incisioni. Una mostra di studio ripercorre il rapporto dei futuristi con l’incisione, proponendo accostamenti inediti e interessanti riscoperte. E inaugura un percorso dedicato alla grafica nel segno di Ludovico Ragghianti.
La fascinazione, quasi una smania patologica, dei futuristi per la velocità e la tecnologia era figlia di quel “demone della Modernità” che sul finire dell’Ottocento aveva segnato il clima artistico europeo; una profonda angoscia caratterizzò le avanguardie simbolista ed espressionista, in reazione a quei rapidi cambiamenti che stavano smantellando la millenaria società rurale. In questo clima ‒ che vide anche il ritorno in auge della tecnica dell’incisione ‒, si formarono artisti che avrebbero aderito al Futurismo in maniera integrale, o soltanto a livello episodico. La curatela di Francesco Parisi e Giorgio Marini ha scelto di aprire la mostra con le prime prove di ambito simbolista di Luigi Russolo e le suggestive “visioni” di Romolo Romani, considerato il primo astrattista italiano, e fra i primi in Europa, purtroppo scomparso prematuramente nel 1916 per malattia. Ma i suoi volti deformati e grotteschi superano Munch e trasmettono tutta l’insicurezza di un’Europa che stava finendo in pezzi. Da parte sua, Russolo frequenta anche il Divisionismo, dimostrando attenzione anche per le sperimentazione di Gaetano Previati. Carlo Erba, simpatizzante socialista, guarda alla grafica di quella propaganda, inserendo come sfondi quei paesaggi industriali cui tendeva il “sol dell’avvenire”. Invece, le puntesecche di Mario Sironi risentono dello stile del primo Balla, che a Roma aderì al Divisionismo e studiò attentamente la luce e il dinamismo.
Infine, all’interno di un clima fortemente eterogeneo, è particolarmente interessante l’opera di Anselmo Bucci, il quale abitò a Parigi dal 1906 al 1910 e vi assorbì l’atmosfera dell’avanguardia cubista riuscendo, già nel 1908, ad anticipare il Futurismo. La sua formazione accademica e l’influenza di Chahine, incontrarono il dinamismo urbano della capitale francese, e ne scaturì un segno esile ma graffiante e vibrante, attraverso cui Bucci seppe riprodurre la velocità di una società in trasformazione secondo i canoni di una nuova sensibilità artistica.
L’INCISIONE NEL FUTURISMO
All’interno di un Futurismo interamente vocato alla sperimentazione creativa in ottica tecnologica, al ripudio della tradizione e quindi al radicale rinnovamento dell’arte, la tecnica dell’incisione, di antica origine e dal lento procedimento d’esecuzione, appare una sorta di montaliano “disguido del possibile” e, contrariamente alle altre discipline affrontate dai futuristi, non ebbe un suo manifesto se non nel 1940. Pertanto, come ben spiega la mostra, è difficile parlare di una “incisione futurista”, mentre si riscontrano molte adesioni episodiche, dai pochi giorni di Romani (forse espulso per “eterodossia”, forse uscì volontariamente) a quelle più continuate di Soffici, Sironi, Bucci, Dudreville, che però cambiarono prospettiva subito dopo la Grande Guerra. Paradossalmente, quasi tutti gli artisti più importanti lasciarono il movimento, e il Secondo Futurismo perse molto del suo slancio innovatore. Ma gli esordi ebbero un forte impatto, per merito di artisti quali Ardengo Soffici, Roberto Iras Baldessari e Umberto Boccioni. Di quest’ultimo si può apprezzare il plasticismo scultoreo di Dinamismo di un corpo umano (del 1913, diretto richiamo alle Forme uniche della continuità nello spazio), già esposto a Roma da Sprovieri e di cui esistono appena tre esemplari. Baldessari, interessato alla sperimentazione, come già aveva fatto Soffici, coniuga Cubismo e Futurismo, realizzando opere dinamiche dove è forte la simultaneità spaziale già applicata nei collage di Braque e Picasso. Con Baldessari e Boccioni si entra nel Futurismo incisorio, sulla scia di Bucci e Russolo che furono con lui al fronte nel Battaglione Volontari Ciclisti, assieme ad altri futuristi assegnati ad altri reparti. Sorprende ‒ in contrasto con la magniloquenza dello stile futurista che generalmente prevedeva opere dal forte impatto visivo e di dimensioni importanti ‒, il carattere intimo e domestico delle opere in mostra, quasi tutte contenute nelle dimensioni, e dalle atmosfere di bozzetto dal sapore ottocentesco.
Delicati i colori di Primo Conti, che rivestono forme cubiche di figure dal sapore popolare, dalle delicate cromie d’antan. Poetiche le due uniche incisioni futuriste di Carlo Carrà, dal tratto sottile in antitesi a quello pieno e corposo di Gino Severini, che predilige il linoleum.
Strettamente legate a un’iconografia bellicista, in ossequio al clima di un ormai consolidato regime fascista, le incisioni di Francesco Dal Pozzo e Renato Di Bosso, con gli idrovolanti militari del primo e la teorizzazione dell’aerosilografia del secondo, che sulla scia dell’aeropittura costituisce nel 1940 il manifesto dell’incisione futurista, quando però al movimento restano appena quattro anni di vita.
L’INCISIONE NELL’EDITORIA
L’editoria fu per il Futurismo un settore strategico di diffusione del proprio credo artistico e politico, e svariate furono le riviste pubblicate, a cominciare da Lacerba, di cui è visibile in mostra il primo numero del gennaio 1913. E fu proprio Lacerba a ospitare i primi esempi di incisioni sulla carta stampata, eseguite da Ardengo Soffici; ma dove l’incisione applicata all’editoria conosce ampia fortuna e diffusione è a Roma, dove Anton Giulio Bragaglia pubblica La Ruota, affidando la parte grafica a Enrico Prampolini, che però restò sempre ai margini del movimento, a causa dell’ostracismo di Boccioni. Tuttavia, seppe realizzare immagini dal forte impatto visivo, fondamentali per “dinamizzare” la carta stampata, e dare forma artistica ai concetti con cui i teorici futuristi bombardavano le pagine.
A lui si affiancano sia Soffici (fino al 1915, con Lacerba) sia Giorgio Riccardo Carmelich, che come i colleghi non fu un futurista “integrale”, ma diresse abilmente la rivista Le Cronache. Organi che contribuirono in maniera sostanziale alla diffusione del Futurismo fra l’opinione pubblica (e larvatamente anche alla diffusione della dottrina fascista), e fanno di questo l’unica avanguardia che, nel bene e nel male, ha cercato il contatto con l’individuo della strada.
‒ Niccolò Lucarelli
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