È guerra tra Louvre e Ministro della Cultura francese. Il museo: la Gioconda non si muove

Dopo settimane di discussioni, dibattiti, illazioni generate dalla proposta choc del ministro della cultura di mandare la Gioconda in tour per il mondo, il Louvre scrive la parola fine sulla questione: la Gioconda resta lì dov’è…

Da quando Françoise Nyssen, ministro della cultura francese, ha dichiarato che la Gioconda potrebbe lasciare Parigi e partire in tour per essere esposta in altri musei, in Francia non si parla d’altro. La notizia ha scatenato un dibattito pubblico che ha diviso l’opinione pubblica tra i pochi favorevoli e i tanti, troppi contrari. E dopo un mese di polemiche, indiscrezioni e voci di corridoio, a mettere la parola fine alla questione ci ha pensato il direttore del Louvre, Jean-Luc Martinez, che ha dichiarato ufficialmente che la Gioconda non si tocca e, quindi, rimane lì dov’è.

LA POSIZIONE DEL MINISTRO

Tutto è iniziato da una dichiarazione ufficiale rilasciata dalla Nyssen che, ai microfoni di Europe 1, ha parlato di combattere la segregazione culturale attraverso un piano di opere itineranti”, aggiungendo poi che nessuna opera può essere considerata intoccabile. Apparentemente il discorso del ministro parte da una giusta considerazione: troppo alta la concentrazione di opere d’arte nella capitale, troppo scarsa nelle altre province. La soluzione? Pensare ad un piano culturale nazionale che renda attrattive anche le altre città e la Francia meno dipendente da Parigi sul piano culturale. Un ragionamento che apparentemente non fa una grinza, ma che tuttavia non ci ha mai convinto del tutto. Qui non si tratta di elaborare una serie di mostre itineranti per rendere più attraente il programma culturale di qualche museo di provincia. Qui si tratta di spostare l’opera più importante del Louvre, capace da sola di attrarre ogni anno milioni di persone, per inserirla in un fantomatico tour. Con tutti i rischi annessi e connessi.

L’OMBRA DEGLI EMIRATI

L’eventuale tour della Gioconda avrebbe dovuto toccare in primis la filiale del Louvre a Lens, nel nord della Francia. Scelta paradossale quella di spostare un’opera considerata intoccabile, che non si è quasi mai mossa da Parigi, di duecento chilometri per collocarla in quello che, al di là del nome, resta un museo di provincia. Troppo alti i rischi e troppo gravi le perdite in termini di introiti per il Louvre, che privato della sua opera più iconica, potrebbe subire un netto calo di visitatori. E poi Lens dista meno di due ore di macchina da Parigi, un tragitto assolutamente affrontabile per qualsiasi cittadino appassionato d’arte. E allora perché correre questi rischi? La proposta di Lens nasconde chiaramente un progetto più ampio (e più remunerativo). L’idea che in realtà la città francese fosse una sorta di specchietto per le allodole, tirata in ballo solo per giustificare eventuali tappe successive ben più importanti, ha qualche fondamento. In primo luogo il Louvre Abu Dhabi e il desiderio neanche troppo celato degli emiratini di esporre la Gioconda accanto al Salvator Mundi, il quadro più costoso della storia acquistato all’asta da Christie’s a New York il 17 novembre scorso dall’erede al trono dell’Arabia Saudita, Mohammed bin Salman, semmai proprio nel 2019 in occasione delle celebrazioni dei 500 anni dalla morte di Leonardo. Solo nostre considerazioni, ma, se così fosse, il piano strategico annunciato dal ministro per combattere la segregazione culturale, nasconderebbe finalità molto meno nobili.

LA POSIZIONE DEL LOUVRE

Dopo un mese di dibattiti e prese di posizione, a mettere la parola “fine” ad ogni discussione ci ha pensato il direttore del Louvre, Jean-Luc Martinez. L’opera di Leonardo resta lì dov’è. Troppo alti i rischi connessi ad un suo eventuale spostamento, anche all’interno dello stesso museo, tanto che il quadro non sarà trasferito neanche al piano di sotto in occasione della grande mostra che celebra i 500 anni della morte di Leonardo da Vinci, prevista per il 2019, che dovrebbe avere come guest-star proprio il Salvator Mundi.

I RISCHI

Un’opera fragilissima che ha lasciato Parigi, negli ultimi 100 anni, solo in due occasioni. La prima volta negli anni Sessanta, per una mostra negli Stati Uniti, ma solo grazie alla faticosa mediazione della first lady Jacqueline Kennedy, francese di origini, che si è adoperata in prima persona verso il governo De Gaulle affinché l’opera potesse partire alla volta di Washington. La seconda ed ultima per un tour in Giappone nel 1974. Dal 2005, il quadro è appeso su un muro di cemento all’interno di una scatola sigillata a temperatura controllata dietro un vetro antiproiettile. Nel 2006, un esame approfondito ha evidenziato una fessura sul lato superiore del pannello di pioppo, utilizzato da Leonardo come base del dipinto, e il rischio di “degrado dello strato pittorico attraverso ripetute dilatazioni e contrazioni” che si verificherebbe con i cambiamenti di temperatura. Gli studiosi temono che un’eventuale rottura del pannello possa portare alla perdita di strati di vernice sul viso della Gioconda. Davvero impossibile costruire una simile struttura “viaggiante” che contenga al tempo stesso tutte le misure di sicurezza. Bisognerebbe, poi, trovare una compagnia assicurativa disposta a garantire per l’opera, e ancora di più i musei dovrebbero trovare i soldi per pagare una polizza che sarebbe carissima. Poco male, la questione pare definitivamente chiusa. E chi vorrà vedere la Gioconda da vicino potrà farlo solo a Parigi.

– Mariacristina Ferraioli

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Mariacristina Ferraioli

Mariacristina Ferraioli

Mariacristina Ferraioli è giornalista, curatrice e critico d’arte. Dopo la laurea in Lettere Moderne con indirizzo Storia dell’Arte, si è trasferita a Parigi per seguire corsi di letteratura, filosofia e storia dell’arte presso la Sorbonne (Paris I e Paris 3).…

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