Galassia futurista e oltre. A Bologna la prima mostra della Fondazione Cirulli
Raccontare il movimento d’avanguardia italiano incrociando manifesti e sviluppi nel quotidiano. Dalla conquista dell’aria alla collaborazione con l’industria. L’epopea futurista tra il fascino per la velocità, la rivoluzione e la progettazione a tutti i livelli: dalla tipografia alla moda.
La notizia girava da tempo in città, si parlava del grande archivio di una coppia di collezionisti e di un luogo decisivo per la storia culturale del capoluogo felsineo.
La collezione è quella dei coniugi Massimo e Sonia Cirulli mentre lo spazio è il celebre edificio firmato a San Lazzaro di Savena dai fratelli Castiglioni che fungeva da showroom e laboratorio creativo per il marchio Simongavina. Dopo aver annunciato l’acquisto dello stabile qualche anno fa e dopo aver presentato in anteprima le attività della nascente fondazione durante l’ultima edizione di Arte Fiera, è stata inaugurata la prima mostra. Universo futurista ‒ questo il titolo dell’esposizione curata da Jeffrey T. Schnapp e Silvia Evangelisti ‒ si struttura allo stesso tempo come un inedito progetto di rilettura del movimento italiano di avanguardia, come esempio delle attività future della fondazione e come “campione dimostrativo” della varietà di materiali presenti nella raccolta.
LA COLLEZIONE
Per comprendere il taglio con cui le scelte curatoriali e allestitive intendono descrivere il Futurismo in un’ampia accezione che integra arte e cultura materiale, è utile avvicinarsi all’approccio che ha guidato la composizione della collezione. “Un corpus di migliaia di manifesti, libri e documenti che sono stati il punto di partenza e che hanno costituito la nostra “palestra visiva””, afferma Massimo Cirulli ed è facile ritrovare nelle sale questa corposa presenza di edizioni originali e autografe che sono state il principale veicolo di diffusione delle teorie e della prassi artistica futurista. Fin dall’ingresso, infatti, una fila di vetrine che attraversano l’ampio salone al piano terra appaiono come la spina dorsale del percorso espositivo: dai primi celebri manifesti ai volumi delle “parole in libertà”, dalle riviste alle lettere e alle immagini d’epoca. Le opere, convenzionalmente intese come dipinti e sculture, sono solo una parte e contribuiscono alla narrazione di un contesto sfaccettato che dalle dichiarazioni di poetica arriva alle collaborazioni con l’industria.
COSTELLAZIONI, ORBITE E SATELLITI
L’idea di universo si rispecchia nella suddivisione che, oltre il salone centrale, si articola in otto “costellazioni”, ovvero nuclei tematici, cui fanno da contraltare cinque “orbite”, pensate come settori monografici, e undici “satelliti” in forma di vetrine allestite presso la Biblioteca dell’Archiginnasio. Tra le costellazioni si annidano temi fondanti del pensiero futurista come la riproducibilità, la compenetrazione, lo studio (e l’elogio) del movimento o la rivoluzione tipografica che trovano verifica nei progetti grafici di Fortunato Depero o Nicolay Diulgheroff per marchi e aziende, ma anche nello sviluppo dei pattern tessili di Giacomo Balla ed Enrico Prampolini. Tra le orbite quella che spicca su tutte per innovazione e spirito eclettico è quella di Bruno Munari, i cui lavori sono disseminati in tutto il percorso (perfino riprodotti come vetrofanie), dai collage per L’Ala d’Italia alle vignette fino ai lavori con lo studio R+M. E ancora la ricerca arriva a cogliere l’artista al lavoro presentando bozzetti, schizzi e carte di studio originali come nel caso delle vedute di Venezia futurista di Antonio Sant’Elia, della nota Tuta o del Palombiglio di Thayat, o, ancora, di una Nike di Samotracia di Umberto Boccioni. Arte e vita, non solo un motto quanto un programma da attuare dalle poli-bibite (si vedano i manifesti per Campari e Cinzano) al salotto (come quello creato da Tato per Italo Balbo).
L’atmosfera, sia quella intesa in senso letterale che metaforico, è pervasa dallo spirito futurista. Anche quando pare che a tratti l’arte lasci il posto alla propaganda, l’accento è posto sul design, sulla progettazione e non sui contenuti politici o sul culto della persona.
‒ Claudio Musso
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