Genova riscopre Pablo Picasso
Palazzo Ducale, Genova ‒ fino al 6 maggio 2018. Un’esposizione intima ripercorre la storia artistica del genio spagnolo attraverso i suoi dipinti più viscerali.
Cinquanta opere provenienti dal Musée National Picasso di Parigi si distribuiscono in dieci sezioni tematiche snocciolando cronologicamente l’intera produzione di Pablo Picasso (Malaga, 1881 – Mougins, 1973) in un percorso del tutto alternativo ai tradizionali canoni di visita. L’esposizione si inserisce all’interno del programma Picasso-Méditerranée, un’ambiziosissima manifestazione che, dal 2017 al 2019, si propone di infittire cicli culturali ed esposizioni per salvaguardare il patrimonio dell’artista in tutto il bacino del Mediterraneo.
La valorizzazione della sconfinata produzione picassiana, nelle incantevoli sale del palazzo genovese, si concentra, più che sull’estetica del risultato finito, sui luoghi e i riferimenti che hanno reso eterne tali opere.
Il corpus ruota intorno ai vari atelier dell’artista, ambienti magici e fucine di sperimentazione nei quali il Picasso-artista “accumula”, sposta, conserva e appende, tracciando una nuova natura di spazio, divisa tra la produzione e l’esposizione.
L’atelier diventa quindi metafora espressiva, custode di materiali dal quale attingere liberamente per le produzioni future, luogo di vita e ambiente del fare, in un via-vai di contaminazioni, artisti e modelle.
L’apice della creazione artistica passa, in tutta la produzione del maestro, nella complice dualità tra artista e modella, restituita magistralmente attraverso una variegata serie di stili, tecniche e ispirazioni.
LE OPERE
Gli autoritratti, uno del 1906 contrapposto a un altro del 1972, costellano gli atelier durante l’arco di tutta la vita del pittore iberico; sottolineano come la ricerca intrinseca del gesto creativo e dei tratti più intimi dei caratteri personali abbia accompagnato e profondamente tracciato ogni sfaccettatura della sua imponente carriera artistica.
Il Bateau-Lavoir a Montmartre, tra Cézanne, ispirazioni post-impressioniste e un occhio all’arte extraoccidentale alimentato dalla prima visita al museo etnografico del Trocadéro, diventa vero crogiolo per il concepimento di nuovi volti, occhi e pose, principali matrici cubiste delle sue celeberrime opere.
Il percorso di visita scorre delicato verso una coloratissima serie di Bagnanti, immaginario tanto caro a Picasso che restituisce la serie in composizioni più o meno astratte, tutte dotate di una grande dinamicità e forza espressiva. Il corpo centrale dell’esposizione sono le donne in tutte le loro declinazioni; ritratti, busti, teste adornate con cappelli, queste ultime motivo ricorrente dei grandi dipinti ottocenteschi.
UNA MOSTRA ATIPICA
Il tripudio di rimandi, oltre a coinvolgere giganti della storia dell’arte come Edouard Manet, raggiunge la sua summa nell’esplicazione degli atelier mediterranei. Intorno al 1948, da Vallauris a Cannes fino a Vauvenargues, il Sud della Francia diventa per Pablo Picasso una rinnovata fonte per sperimentare; la fotografia assume un ruolo di massimo spessore nell’attività artistica, mutano pose, stili, visioni, tutte bagnate dal calore della luce mediterranea.
Vedute, situazioni, paesaggi, nature e nature morte, un’esplorazione continua ed estremamente eterogenea chiudono un’esposizione atipica, nel ridondante panorama del programma espositivo su Picasso. Emergono proprio qui l’affezione dell’artista per alcuni stilemi e ispirazioni oltre che per il processo artistico generato dell’energia che ha saputo sprigionare l’unione della sua figura con i luoghi della vita vissuta.
‒ Davide Merlo
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