La collezione Ramo al Museo del Novecento di Milano con una grande mostra. L’intervista
Al Museo del Novecento di Milano una grande mostra dedicata al disegno nella Collezione Ramo, unica al mondo, con tante opere inedite. L’intervista a Irina Zucca Alessandrelli.
La “prima” era stata nell’ambito di miart 2018, con opening di lusso nel loft milanese dell’archistar Daniel Libeskind e l’evento intitolato La città moderna a casa Libeskind che presentava una selezione piccolissima della grande collezione Ramo, tutta dedicata al disegno, annunciando una grande mostra al Museo del Novecento di Milano e un catalogo generale. La mostra si inaugurerà il 22 novembre 2018 e sarà anche un omaggio all’imprenditore milanese, fondatore di Pomellato, Giuseppe Rabolini, scomparso lo scorso settembre. Si intitolerà Chi ha paura del disegno? e presenterà opere, alcune delle quali inedite, di Cagnaccio di San Pietro, Tancredi, Gnoli, Burri, Wildt, Marini, Consagra, tra gli altri. Ne abbiamo parlato con la curatrice della collezione Irina Zucca Alessandrelli.
Dopo il “prequel” a City Life, presso la casa privata di Daniel Libeskind, arriva finalmente la mostra della Collezione Ramo. La mostra era nell’aria da tempo: perché si è sentito il bisogno di fare il punto su questa grande collezione con una importante sortita pubblica?
Una collezione esiste se viene vista, se diventa un arricchimento per la città, i suoi abitanti, e se si apre al mondo. Ho lavorato per anni acquistando i lavori su carta che ritenevo più significativi, valutando di volta in volta insieme a Pino Rabolini cosa meglio rappresentasse il secolo scorso italiano. Il collezionista non voleva mostrare niente cercando di raggiungere il grado di maggior completezza possibile. Abbiamo poi acquisito quasi seicento opere ed è giunto il momento di mostrare questi capolavori, in parte mai visti, in parte da molti decenni lontani dal pubblico. La collezione è stata creata con l’idea di raccontare una storia del disegno al pubblico, non con quella di possedere delle opere. Nessuna carta è infatti mai stata appesa e neanche mai conservata in casa, ma sempre riposta di un magazzino adibito alla conservazione.
Una collezione è una vita: a tuo parere perché Rabolini decise di dedicarsi esclusivamente al disegno?
Il disegno nasce sempre come pratica intima, come dialogo con se stessi e le proprie idee. Spesso dalle parole degli artisti risulta chiaro che, proprio per il grande valore attribuito a questa pratica, essi stessi preferiscono tenerla per sé in quanto non ‘filtrata’ in vista del pubblico e del mercato. Il disegno come mezzo di estrema libertà è un bene prezioso che racconta l’artista messo a nudo, è la prima visualizzazione di un’idea. Nessun altro mezzo espressivo può restituire questa immediatezza.
Con quale criterio selezionava i pezzi che acquistava? Aveva un rapporto speciale con gli artisti?
La selezione degli artisti per la Collezione non ha seguito automaticamente i nomi noti dell’arte italiana né il mercato, ma coloro che hanno dato al disegno un contributo fondamentale. Il punto di partenza non è quindi la storia dei movimenti avanguardistici, che spesso gli artisti hanno attraversato solo momentaneamente, nella ricerca del proprio personale stile. Ci sono opere di artisti noti per le sculture o la pittura di cui non si conosce l’importanza del lavoro su carta, oppure ci sono opere di epoche meno note. Studiare il disegno significa addentrarsi in un mondo meno noto ma di importanza vitale per gli artisti del secolo scorso, da cui si impara moltissimo e da cui emergono molte novità.
Qualche esempio?
Uno dei criteri per la selezione delle opere è stata la presenza di un archivio o di pubblicazioni storiche che potessero certificare le opere. Si è, dunque, dovuto rinunciare all’inclusione di qualche artista a causa dell’assenza di un archivio effettivamente operante. L’impostazione del lavoro voluta da Rabolini si può definire museale, sia per quanto riguarda i criteri di valutazione e archiviazione delle opere, sia la loro conservazione (nessuna carta è mai stata tenuta incorniciata appesa, ma riposta in cartelle a ph basico acidfree su scaffalature, al buio a 17° costanti).
La mostra purtroppo arriva dopo la recente scomparsa di Pino Rabolini, diventando una delle ultime testimonianze della sua sensibilità…
La mostra è dedicata a Pino Rabolini che ha messo insieme questa collezione unica per testimoniare con le opere l’importanza straordinaria del disegno nel ‘900 italiano e di conseguenza, come l’arte italiana fosse di altissima qualità per un lunghissimo periodo, senza momenti di calo, sempre all’avanguardia, “seconda a nessuno” come amava ripetere. Ho avuto l’incredibile fortuna di lavorare, studiando molto (privilegio assoluto) un tema così entusiasmante come il disegno, e allo stesso tempo, di non dover inseguire il gusto personale del collezionista nella scelta delle opere. Pino Rabolini ha fatto sempre un passo indietro per far spazio all’importanza storica di un’opera prima di scegliere, adeguandosi ai criteri il più obbiettivi possibile con un intento quasi didattico.
Gli ultimi acquisti?
L’ultima opera che abbiamo acquistato è “Controluce “di Boccioni, la “Gioconda della Collezione” come la chiamava scherzosamente Pino. L’opera è diventata il manifesto di questa mostra e la copertina del catalogo e dal vivo lascia senza parole. È semplicemente struggente!
Come sarà articolato il progetto?
La mostra Chi ha paura del disegno? s’incentra sui temi che effettivamente troviamo nelle opere su carta, al di là di categorie storiche e stilistiche. Per questo la mostra si divide in quattro sezioni sotto forma di domande aperte: “Astrattismi?”, “Figurazioni?”, “Parole + immagini = ?” e, “E gli scultori?”. Sono le opere stesse a rispondere ai quesiti nati dall’associazione visiva di forme astratte e figurative di epoche diverse per metterle in dialogo tra loro.
Perché il punto di domanda?
Perché non fanno riferimento a precisi movimenti, ma aprono a nuove esplorazioni, proprio per non appiattire la personale visione di un artista sul nome di un solo movimento. C’è poi una splendida sorpresa sotto forma di video dedicato ai capolavori della Collezione Ramo di Virgilio Villoresi.
In che cosa questa collezione tutta dedicata al disegno si distingue nel panorama internazionale?
Non mi risulta che esistano altre collezioni di questa portata, specificamente incentrate sul disegno di quasi un secolo e nate in modo così programmatico.
Quali sono gli obiettivi futuri?
Per il futuro prossimo ci proponiamo di far viaggiare questa mostra e poi di presentare il resto della collezione. Spero che passo dopo passo, si riesca a dare al disegno l’attenzione che merita.
–Santa Nastro
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