Come sarà il 2019 della Fondazione Ragghianti di Lucca? La parola a Paolo Bolpagni
Il direttore della Fondazione Ragghianti di Lucca racconta ad Artribune la programmazione e i progetti del 2019
Come sarà la programmazione dell’anno 2019?
Molto ricca! Due mostre (con relativo catalogo), cinque libri, il nuovo numero dell’annuario «Luk», l’uscita della nuova serie della storica rivista «Critica d’Arte», le borse di studio per dottori di ricerca, un convegno in autunno, la prosecuzione a ritmi serrati del riordino e dell’inventariazione dei nostri immensi archivi e della schedatura della fototeca di Ragghianti, i laboratori didattici, le proiezioni di film e documentari sull’arte, presentazioni di libri e conferenze… È un’attività senza sosta né tempi morti, che vuole portare avanti di pari passo la ricerca e la divulgazione, raggiungendo un pubblico trasversale: sia gli studiosi e i ricercatori, sia gli appassionati e il grande pubblico. E naturalmente i più giovani.
Ci sarà spazio per l’arte italiana? Se sì, in che modo?
Le due mostre del 2019 sono entrambe dedicate all’arte italiana, rispettivamente del XX e del XVIII secolo. La prima, “L’artista bambino. Infanzia e primitivismi nell’arte italiana del primo Novecento”, a cura di Nadia Marchioni, nasce da un’intuizione storiografica di Carlo Ludovico Ragghianti, che, in un celebre saggio del 1969 (Bologna cruciale 1914), segnalava la necessità di approfondire i legami fra il disegno infantile, l’arte medievale e la produzione figurativa nell’Italia dei primi decenni del Novecento. I nomi sono significativi: Giacomo Balla, Duilio Cambellotti, Carlo Carrà, Giorgio de Chirico, Tullio Garbari, Alberto Magri, Giorgio Morandi, Ottone Rosai, Mario Sironi, Ardengo Soffici, Lorenzo Viani…
E la seconda?
Si svolge in autunno ed è dedicata al veneziano Bernardo Bellotto, nipote di Canaletto, sarà davvero un evento. Il focus sarà sul nucleo di vedute di Lucca realizzate da Bellotto nel suo periodo giovanile, con il dipinto che raffigura piazza San Martino proveniente da York (è il più importante dipinto della storia avente come soggetto la città di Lucca!) e i cinque disegni di diversi luoghi intorno alla cattedrale e a Santa Maria Forisportam prestati dalla British Library. Questo gruppo di opere, mai esposte insieme (i disegni, incollati in un album del primo Ottocento già di proprietà del re d’Inghilterra, saranno per la prima volta staccati), fornirà una documentazione eccezionale. Inoltre ci saranno opere di Bellotto di soggetto fiorentino e livornese, e anche lavori di altri artisti dell’epoca, documenti etc. Le novità scientifiche che stanno emergendo nelle ricerche preparatorie condotte dalla curatrice Bożena Anna Kowalczyk sono rilevantissime.
Su quali risorse contate?
La Ragghianti, pur dotata di piena autonomia scientifica e culturale, è una Fondazione “strumentale” della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, dalla quale proviene la maggior parte delle nostre risorse. In un certo senso, siamo l’istituzione attraverso cui la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca ha deciso di operare in ambito artistico e culturale. Il nostro programma, però, è ambizioso, e i fondi non bastano mai per fare tutto quel che desidereremmo. Perciò, da quando sono direttore, abbiamo cominciato a partecipare a bandi pubblici e privati (e a vincerne, anche!) e a cercare ulteriori contributi per integrare le risorse che abbiamo a disposizione.
Un bilancio dell’anno che si è appena concluso?
Molto positivo: abbiamo fatto tre mostre di ottima qualità e di successo (“Il segno dell’avanguardia. I Futuristi e l’incisione”, “Per sogni e per chimere. Giacomo Puccini e le arti visive” e “Angeli, litografi a Lucca. La stamperia Angeli: quattro decenni di litografie”), e la retrospettiva che avevamo realizzato nel 2017 a Lucca si è trasferita alla Fondazione Ghisla di Locarno. Inoltre abbiamo avuto un’ottima produzione editoriale, il numero degli utenti della nostra biblioteca e del nostro archivio è aumentato del quaranta per cento, le iniziative che abbiamo organizzato hanno riscontrato attenzione da parte dei media e sempre crescente partecipazione da parte del pubblico.
Qualche altro momento degno di nota?
Sono orgoglioso dell’acquisizione, avvenuta nel 2018, dell’archivio dell’Università Internazionale dell’Arte di Firenze (che Ragghianti aveva fondato nel 1969) e della rivista «Critica d’Arte», oltre che della prosecuzione del programma di borse di studio annuali per giovani dottori di ricerca.
Dalla tua nomina sei riuscito a realizzare tutto ciò che ti eri prefisso? C’è qualcosa invece che vorresti riuscire a realizzare nell’anno che si sta aprendo?
Devo dire che, dal giugno del 2016 (quando fui nominato direttore) a oggi, parecchi degli obiettivi che mi ero posto sono stati raggiunti: incrementare decisamente l’attività della Fondazione mantenendo alta la qualità, radicarla di più nel tessuto culturale della città di Lucca, svecchiarne l’immagine. Ora la sfida è di aprirla a collaborazioni anche internazionali, di stabilire rapporti con altre istituzioni italiane e del resto d’Europa.
Come?
Abbiamo già cominciato, ma vorrei puntare molto su questo aspetto. Nel perseguire tale scopo so di avere un convinto sostenitore in Alberto Fontana, che è diventato presidente nel maggio del 2018, e che sta interpretando con determinazione e attivismo il suo ruolo. Con lui, con il CdA, con il Comitato scientifico e con tutto lo staff è in atto un bel gioco di squadra.
I più grandi pregi della tua Fondazione e i più grandi difetti.
Il più grande pregio è che, nel suo genere, è unica: per l’impronta impressa dai fondatori, Carlo Ludovico Ragghianti e Licia Collobi, per la varietà e complessità delle attività che porta avanti, per il suo essere un po’ “fuori dal coro” (un esempio: tutte le mostre, alla Fondazione Ragghianti, sono frutto di un’autonoma elaborazione scientifica; non prendiamo “pacchetti” preconfezionati). Il difetto principale è che non è ancora abbastanza nota al grande pubblico; non quanto meriterebbe, almeno. Vorrei che restassimo un punto di riferimento per la ricerca storico-artistica in Italia, ma che il numero dei visitatori delle nostre mostre crescesse ulteriormente. Insomma che non fossimo percepiti come una realtà soltanto “di nicchia”.
– Santa Nastro
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