Ritratti eccellenti in mostra a Trapani. Dialogo tra Regione Siciliana e musei civici di Milano

Dopo le mostre su Antonello a Palermo e Milano, il dialogo tre le due città prosegue con un omaggio alla ritrattistica novecentesca. Una mostra preziosa al Museo Pepoli di Trapani accosta l’ideale umanistico del Laurana alle declinazioni audaci di maestri come Sironi, Picasso, Modigliani.

Il tema è immenso, le implicazioni profonde e straordinariamente complesse, sul piano filosofico, artistico, sociologico, antropologico: il discorso intorno al ‘volto’ e al ‘ritratto’ è discorso intorno all’uomo, alla rappresentazione di sé e dell’altro, all’esercizio introspettivo, al rapporto con i contesti sociali, con la dimensione esistenziale, persino col divino. Campo di ricerca che non esaurisce la sua antica urgenza e che lascia sospesa la domanda cruciale, attraversando epoche, stili, culture.

IL MISTERO DEL DOPPIO

Ed è una riflessione in forma di rapida ricognizione storica la nuova mostra promossa dalla Regione Siciliana, attraverso alcuni tra i suoi più prestigiosi musei, grazie a una collaborazione con il Comune di Milano e MondoMostre Skira. All’origine de “Il ritratto nel Novecento. Capolavori dai Musei Civici di Milano”, che dal 9 agosto al 10 novembre 2019 è allestita al Museo Agostino Pepoli di Trapani, c’è l’esposizione su Antonello da Messina, inaugurata a dicembre 2018 a Palermo, nello storico Palazzo Abatellis – dal 1954 sede della Galleria regionale – e poi giunta a Milano, tra le sale di Palazzo Reale.

Fausto Pirandello, Autoritratto, 19.5 x 32 cm. Galleria Arte Moderna, Milano

Fausto Pirandello, Autoritratto, 19.5 x 32 cm. Galleria Arte Moderna, Milano

Nella cornice di un dialogo virtuoso tra istituzioni, collezioni, territori diversi, il prestito della preziosissima “Annunciata” antonelliana (1475), simbolo delle raccolte d’arte antica custodite dal museo palermitano, si è tradotto anche in un interessante scambio di opere, continuando a seguire il medesimo fil rouge: il mistero del ritratto e l’immanenza del volto, l’uno specchio dell’altro. Doppio inquieto, infedele, opaco e cristallino, perverso e rivelatore.
Undici capolavori dal Museo del Novecento e dalla Galleria d’Arte Moderna di Milano arrivano così in Sicilia e diventano sintesi estrema di un avvincente percorso di elaborazione estetica, collocato nella prima metà del XX secolo. Maestri assoluti della pittura e della scultura raccontano, in un excursus simbolico, quali forme e quali destini, quali accezioni e declinazioni hanno segnato la storia più recente della ritrattistica europea.

Ignoto, Secolo XX (ante 1901), da Francesco Laurana, Busto di Gentildonna Gesso, 52x43x24 cm. Museo Regionale Archeologico "Antonino Salinas", Palermo

Ignoto, Secolo XX (ante 1901), da Francesco Laurana, Busto di Gentildonna, gesso, 52x43x24 cm. Museo Regionale Archeologico “Antonino Salinas”, Palermo

I CALCHI DI GAGINI E LAURANA. RIMANDO AL ‘400

A fare da perno e da gancio, rispetto alle collezioni siciliane, sono due calchi ottocenteschi in gesso di particolare pregio, che rimandano al milieu quattrocentesco: uno, proveniente dall’Abatellis, fu modellato sul “Busto di Pietro Speciale” di Domenico Gagini (1469) e  presentato all’Esposizione Nazionale di Palermo del 1891-92; l’altro, appartenente al Museo Archeologico Salinas, è la copia del ritratto marmoreo di Eleonora d’Aragona di Francesco Laurana (1468), a sua volta tratto dalla versione del Louvre: lo richiese alla gipsoteca del museo parigino l’archeologo Antonino Salinas, per accostarlo all’originale, appena entrato nelle collezioni del museo palermitano (per poi passare alle gallerie di Palazzo Abatellis, dove ancora oggi viene conservato). Due interpreti eccellenti del ritratto umanistico in scultura – come lo fu Antonello in pittura – per due opere che divennero modelli ideali tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. Accostamento colto, in un raffinato sistema di rimandi, che introduce l’ulteriore tema della copia, del simulacro, dell’archetipo.

Amedeo Modigliani, Beatrice Hastings, 1915, olio su cartone riportato su tavola, cm 35x26,5Amedeo Modigliani, Beatrice Hastings, 1915, olio su cartone riportato su tavola, cm 35x26,5. Museo del Novecento, Collezione Jucker, Milano

Amedeo Modigliani, Beatrice Hastings, 1915, olio su cartone riportato su tavola, cm 35×26,5. Museo del Novecento, Collezione Jucker, Milano

DA BOCCIONI A PICASSO, UN SECOLO DI VOLTI

Da qui si parte, con la carrellata di volti novecenteschi selezionati dalle curatrici, Evelina De Castro e Anna Maria Montaldo, rispettivamente direttrici di Palazzo Abatellis e del Museo Novecento. Dalle collezioni del Pepoli, nelle vesti di “padrone di casa”, arriva il “Ritratto di Nunzio Nasi” (1902) di Giacomo Balla, immerso in un tepore intimista, in dialogo con un’altra opera prefuturista, l’ispirato “Ritratto della madre” del 1907 di Umberto Boccioni, magistrale trasfigurazione luministica di un volto sospeso tra la malinconia, la severità e la tenerezza.
L’immagine deflagra, s’indurisce e si infrange, nella frammentazione dinamica con cui Mario Sironi concepì il suo “Autoritratto” (1913) di stampo futurista, opera degli esordi, così vicina e così lontana rispetto al “Ritratto di Béatrice Hastings” (1915) tratteggiato su tela da Modigliani, dove la carne e la forma ritornano, ma nella rarefazione di una tavolozza terrosa e di una quasi-astrazione dei volumi: lo slancio erotico e quello intellettuale si fondono, mentre la natura arcaica dell’icona si delinea nel cuore dell’enigma spazio-temporale.
Il rimando più forte ai due prototipi quattrocenteschi è certo nell’incisivo “Busto di ragazzo” del 1921 di Arturo Martini, intitolato alla purezza di una forma ricomposta e ritrovata, nel solco dell’ideale, ma anche nel “Ritratto di Paola Ojetti” (1927) di Marino Marini, con la sua frontalità rigorosa e l’espressività contratta, già più umanizzata rispetto alla classicità dell’opera martiniana.

Antonio Donghi, Margherita, 1936, olio su tela, cm 78 x 56

Antonio Donghi, Margherita, 1936, olio su tela, cm 78 x 56. Museo del Novecento, Milano

Una manciata di anni dopo, il gioco della sospensione e del mistero si fa prepotente nel realismo magico di Antonio Donghi, con l’incantevole “Margherita” del 1936, trionfo di tinte pastello e di dolcezze formali, nella “Testa di donna (Anna)” di Giacomo Manzù, bronzo del ’36 in cui si condensano la mestizia e la grazia, l’immediatezza e la traccia eterna, e poi nell’”Autunno” del 1935 di Giorgio de Chirico, ritratto della compagna lsabella Pakszwer, in cui l’elegante silhouette scura si staglia contro il rosa-arancio di un cielo striato di nubi, al tramonto, un attimo primo della pioggia.
Durezza di tratti e un profilo allucinato nel “Ritratto della Signora Sachs” di Corrado Cagli, del 1940, stesso anno dell’autoritratto di Fausto Pirandello: primo piano stretto, inclinato, schiacciato tra il nero del cappello e il rosso della sciarpa, nella pastosa disgregazione dei tratti e nello sguardo liquido che buca il piano del’immagine, tra fitte pennellate materiche. Ultimo, in ordine di tempo, è il “Fumeur” di un ormai anziano Pablo Picasso, olio su tela del 1967, risolto nella levità giocosa di pochi tratti ampi, fluidi, rapidi, per un geometrismo che scivola verso l’informale, restituendo in una nuvola di fumo l’immagine della solitudine e della meditazione.

– Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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