Hokusai, Hiroshige, Hasui. Torino guarda al Giappone
Tre maestri dell’arte giapponese si incontrano alla Pinacoteca Agnelli di Torino: Katsushika Hokusai, Utagawa Hiroshige e Kawase Hasui sono le guide di un viaggio a cavallo tra l’Ottocento e il secolo scorso.
La Pinacoteca Agnelli di Torino presenta la mostra Hokusai, Hiroshige, Hasui. Viaggio nel Giappone che cambia – a cura di Rossella Menegazzo (docente di storia dell’Arte dell’Asia Orientale dell’Università di Milano) e Sara Thompson (curatrice del Boston Museum of Fine Arts). L’esposizione conta cento silografie di tre artisti fondamentali per l’arte giapponese: i due grandi maestri del “Mondo Fluttuante” dell’Ottocento, Katsushika Hokusai e Utagawa Hiroshige; e, per la prima volta in Italia, Kawase Hasui, pittore esponente del moderno movimento shin hanga (“nuove stampe”), che sperimentò le tecniche delle silografie policrome dall’epoca Meiji (1868-1912) fino a metà degli Anni Cinquanta del Novecento, quando venne nominato “Tesoro nazionale vivente”.
“Non ci fu cosa o soggetto che non ebbe posto nell’immensità dell’arte di Hokusai, pari all’immensità dell’universo. Si può dire che l’artista fu inebriato dallo spettacolo della vita e dalla molteplicità delle forme e che, neppure nei periodi di intenso naturalismo, l’arte giapponese aveva conosciuto qualcosa di simile. Vita e movimento, studiati nella fatica o nella gioia degli uomini, come nel brulichio del mondo animale, nel brusco scatto che fa saltare l’insetto, in un nervoso colpo di pinna, ecco il grande principio che governa la curiosità dell’artista. Hokusai ha voluto che la sua arte fosse pari non alla creazione di uno splendido sogno solitario, ma pari al fremito e all’energia delle forme viventi“; così scrisse lo storico dell’arte Henri Focillon, autore dell’Estetica dei visionari. Su questi passi dovrebbe essere percorsa la mostra della Pinacoteca Agnelli: dalla celeberrima Grande onda – divenuta un vero e proprio simbolo dell’arte giapponese per l’Occidente – di Hokusai alla delicata Neve di sera di Hiroshige al ‘cinematografico’ Laghetto al Santuario di Benten a Shiba di Hasui – in cui è impossibile non scorgere i riferimenti del regista Hayao Miyazaki –, la ricchezza di stili che emerge nella varietà di temi e influssi tra arte orientale e occidentale (nel periodo del japonisme e non solo) trasportano in un viaggio attraverso la tradizione e la ricerca artistica originale e innovativa che affascinò pittori come Monet, van Gogh, Toulouse‐Lautrec e Degas – e, in generale, pensatori da ogni parte d’Europa.
TRA OTTOCENTO E NOVECENTO
Il ‘viaggio’ che l’esposizione propone è una narrazione che comincia a cavallo tra Otto e Novecento, quando la visione socioculturale subisce un profondo mutamento: l’Occidente si infiltra nell’Oriente; i contatti sono più frequenti e i costumi di due mondi dapprima distanti si avvicinano; e, pur mantenendo le loro reciproche peculiari usanze, la cultura d’Oriente pare ambire a quella d’Occidente. Basti pensare che l’ukiyo-e (letteralmente “Mondo Fluttuante”) è una tecnica artistica che consentì la produzione di massa di stampe e dunque non solo l’entrata del concetto di “prodotto” artistico, ma anche l’apertura a tale “prodotto” della classe borghese. Le stampe divennero popolarissime e si diffusero dall’Ottocento, in particolare a Edo (l’odierna Tokyo); esse rispecchiavano la nuova sensibilità moderna, edonistica, che considerava la bellezza della natura alla stregua di nuovi soggetti artistici come le donne, spesso cortigiane e geishe, gli attori del kabuki e i divertimenti popolari. Vi sono, poi, anche scene di vita quotidiana e umile; all’interno di queste stampe compaiono spesso delle scritte di tipo lirico, che si riferiscono a racconti, leggende e tradizioni tramandati con la diffusione delle opere.
UNA MOSTRA CONTEMPLATIVA
Il cambiamento di prospettiva sociale giapponese ha rivoluzionato il linguaggio artistico mondiale in entrambi i sensi, soprattutto nella pittura paesaggistica: da una parte, gli impressionisti di Parigi ricercano l’espediente cromatico e il tratto sintetico e pulito dei maestri del “Mondo Fluttuante”; dall’altra, la raffinata naturalezza con cui vengono ritratti i luoghi più suggestivi del Giappone si avvicina a studi prospettici e compositivi inediti fino a quell’epoca. La mostra, con i particolari confronti tra gli artisti e con la preziosa ed esclusiva presenza delle silografie di Hasui, non è la solita esposizione di stampe giapponesi: anzi, nobilita e restituisce il meritato lustro a opere che, spesso e volentieri, sono state “soffocate” dalla loro stessa fama. È una mostra contemplativa, in cui la poesia riesce a emergere intensamente da ogni opera: citando un famoso haiku, si consiglia di meravigliarsi rivedendo il mondo stando in piedi, dopo essere stati sdraiati per tanto tempo, perché nell’“incertezza d’un sogno”, “anche l’autunno nel mondo / è al secondo mese”.
‒ Federica Maria Giallombardo
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati