Dell’arte di collezionare arte. La raccolta dei coniugi Mellon a Padova

Palazzo Zabarella, Padova – fino al 1° marzo 2020. Ricchissimi, colti, appassionati d’arte, cavalli e giardinaggio: i coniugi Mellon, raffinati filantropi americani del Novecento, aprono le porte della loro collezione di capolavori francesi. E dimostrano che i soldi possono comprare qualsiasi cosa ma non le passioni.

Cos’hanno in comune van Gogh, Monet, Degas? Si potrebbe rispondere la ricerca della luce perfetta, ma, nel caso della mostra a Palazzo Zabarella, la risposta esatta è: piacevano ai Mellon. I due coniugi aprono le porte della loro collezione di capolavori francesi, che attraverso l’Impressionismo tendono la mano alle prime avanguardie.
Avrebbero potuto comprare qualsiasi opera, ma diedero valore solo a quelle che amarono davvero: l’esposizione, curata da Colleen Yarger, racconta le passioni di due tra i più raffinati filantropi del Novecento. L’anima della collezione palpita della personalità dei suoi mecenati, vive di soggetti rassicuranti nella loro semplicità, ricordi di vita vissuta più intensamente emotivi nel piccolo formato. I Mellon raccolsero attimi dipinti da altri ma vivibili da tutti, in grado di trascendere epoche e individualità, nella consapevolezza che un giorno il mondo avrebbe potuto riempirsi gli occhi di una bellezza senza più tempo né prezzo.

BENVENUTI A CASA MELLON

Sicura di sé come permette di esserlo solo un’enorme ricchezza, architetto paesaggista vestita in Givenchy, “Bunny” Lambert era figlia di una fortuna e ne fece altrettanta sposando Paul Mellon, erede di uno dei più ricchi imprenditori d’America. Il seguito è storia da collezione.
Gli interni delle loro proprietà si aprivano su filari e serre, fisicamente in Virginia, spiritualmente nella campagna francese: gli impressionisti parteciparono della quotidianità di casa Mellon, loro che per primi avevano incantato i ricordi di un mondo cangiante, come il riverbero dell’acqua di Caillebotte.
Il legno grezzo prese il posto del marmo, la sobrietà sostituì il lusso esibito: le ville dei Mellon, accoglienti ed elegantemente vivibili, furono inondate di luce da quei dipinti, intimi specchi dei loro proprietari. Le finestre della tenuta di Oak Spring si spalancano alla brezza estiva: fluisce il rosso dei papaveri di Monet, si annullano in un’esplosione gli iris dello stagno di Giverny. E lo sguardo fugge insieme a van Gogh in quel rettangolo di grano oltre le sbarre dell’ospedale di Saint-Rémy.

Berthe Morisot, Giovane donna che annaffia un arbusto, 1876. Collection of Mr. and Mrs. Paul Mellon

Berthe Morisot, Giovane donna che annaffia un arbusto, 1876. Collection of Mr. and Mrs. Paul Mellon

IL PREZZO DI UNA COLLEZIONE

Parigi coinvolse i Mellon nei suoi circoli elitari: nel salotto del mondo si svolsero i riti di una modernità spregiudicata raccontati da Toulouse-Lautrec, s’infransero i sogni di cera e tulle della giovane ballerina di Degas, sfrontatamente disciplinata. I Mellon portarono oltreoceano la Parigi dalla luce transitoria negli scorci di Utrillo, dominata dalla visione di sogno della Tour Eiffel sulla tela di Bonnard.
I purosangue dal manto lucentissimo di Delacroix e Géricault, studiati da Degas in trepidazione prima di una gara, sono i tardoromantici svaghi cui Paul, allevatore di cavalli da corsa, non rinunciò mai. “Bunny” conduce invece l’osservatore nei suoi adorati giardini, più a suo agio con le cesoie da potatura che con la socialità. Jacqueline Kennedy, sua amica e confidente, aveva voluto lei per ripensare il Rose Garden della Casa Bianca, ecletticamente studiato come le composizioni di fiori selvatici di Sisley, van Gogh e Redon. La sorella di Berthe Morisot, vestita del cielo grigio e umido di Parigi, innaffia le piante di casa; l’abito nero dell’assorta Nini si annulla in un’esplosione di intime fantasie, voltando le spalle a Renoir: nei giardini di “Bunny” passeggiano donne schive e riservate, proprio come lei, ma allo stesso tempo civettuole senza volto dalla modista, ritratte da Degas in bilico tra alienazione e mistero. Non fu per capriccio né per calcolo: i Mellon collezionarono arte per annullare il tempo, perché quelle immagini ordinarie diventassero universali, scorressero su altre esistenze e ne alleviassero il peso. Questa è l’eredità che i Mellon hanno voluto condividere con il futuro.

Serena Tacchini

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Serena Tacchini

Serena Tacchini

Serena Tacchini è laureata in Lettere moderne presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, con una tesi in letteratura italiana sul colorismo poetico del padre dell’ermetismo, Camillo Sbarbaro. Attualmente si sta specializzando in Archeologia e Storia dell’arte presso lo…

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