Collezione Thannhauser. Un pezzo di Guggenheim a Milano
Palazzo Reale, Milano – fino al 9 febbraio 2019. Da Braque a Gauguin, da Matisse a Picasso: giungono a Milano quarantanove opere, parte del lascito del grande gallerista al museo newyorkese. Per un percorso dall'Impressionismo alle Avanguardie ricco di capolavori.
Dalla Donna con pappagallino di Renoir del 1871 all’Aragosta e il gatto di Picasso del 1965: quasi cent’anni separano l’opera più antica da quella più recente nella mostra sulla collezione Thannhauser a Palazzo Reale. Un secolo in cui in arte tutto è cambiato, ontologicamente ancor più che stilisticamente. La mostra inizia proprio dagli albori di tale slittamento, con gli autori che mettono in crisi un concetto di arte consolidato da secoli, e ne ripercorre poi gli sviluppi via via più dirompenti. Justin K. Thannhauser, dalla cui raccolta provengono i lavori, è dunque in questo senso il testimone di un’epoca. Gallerista che raccoglie il lavoro iniziato dal padre e lo fa suo, poi art dealer, la sua storia artistica si incrocia anche con la Storia del Novecento: la galleria Thannhauser chiude nel 1937 in seguito alla persecuzione nazista contro l'”arte degenerata” e il proprietario si trasferisce a Parigi.
GRANDI RIVOLUZIONARI
Nel 1963 avviene il lascito al Guggenheim, che oggi espone la raccolta come parte della collezione permanente. L’unicità della mostra è dunque quella di portare in trasferta a Milano una parte del museo newyorkese e soprattutto di proporre al pubblico capolavori per la prima volta esposti in Europa. L’inizio del percorso riunisce i grandi rivoluzionari di fine Ottocento. L’anticonvenzionale mondanità dei soggetti di Manet è rappresentata dalla Donna con vestito a righe del 1877-80 e Davanti allo specchio del 1876; la gamma di sei opere di Cézanne ripercorre le prime tappe della sua progressiva geometrizzazione del mondo con lavori dal 1873 al 1899; la realista allucinazione di van Gogh si dipana in tre esempi, con il culmine del sulfureo Montagne a Saint-Rémy del 1889.
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In un allestimento (volutamente?) piuttosto spoglio e neutro, che lascia tutta l’attenzione alle opere, il percorso si sviluppa poi cronologicamente, seguendo le successive rivoluzioni. Tra i momenti più forti, la monumentale Mucca Gialla (1911) di Franz Marc, nella quale la tradizionale distinzione tra disegno e colore perde di senso a favore di una dirompente terza via; i Giocatori di football (1908) di Rousseau, che dà un’idea perfetta di cosa significhi uno sguardo estetico assoluto sul mondo, riassumendo in sé il meglio del Simbolismo ormai passato e del Surrealismo a venire; e la celebre Donna con i capelli gialli (1931) di Picasso, tra i massimi risultati della semplificazione cubista della complessità del mondo (che in realtà quella complessità rilancia e moltiplica).
Sempre di Picasso, l’autore più ampiamente rappresentato in mostra, sono presenti altre dodici opere. Vale la pena citare almeno l’incontro perturbante con Fernande con la mantella nera (1905) e la Donna in poltrona del 1922, esempio del peculiare, paradossale ritorno all’ordine picassiano.
‒ Stefano Castelli
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Stefano Castelli
Stefano Castelli (nato a Milano nel 1979, dove vive e lavora) è critico d'arte, curatore indipendente e giornalista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su Andy Warhol, adotta nei confronti dell'arte un approccio antiformalista che coniuga estetica ed etica.…