Filippo de Pisis: l’estasi e la grazia delle piccole cose in mostra a Milano
Museo del Novecento, Milano ‒ fino al 1° marzo 2020. Pier Giovanni Castagnoli e Danka Giacon sono i curatori della imponente retrospettiva dedicata all’artista ferrarese.
Il museo del Novecento ospita la più ampia retrospettiva degli ultimi cinquant’anni dedicata a Filippo de Pisis (Ferrara, 1896 – Milano, 1956). L’artista sosteneva che “tutto ha una grazia” e, con pennellate veloci, lievi, quasi spezzate, ha ricreato gli scenari più evocativi della sua interiorità con ricercata eleganza.
Gli oltre novanta dipinti, tra i più ‘lirici’ della sua produzione, sono suddivisi in dieci sale.
Il percorso cronologico mostra gli esordi del 1916, fortemente influenzati dalla Metafisica dechirichiana, fino al drammatico periodo dei lunghi ricoveri nella clinica psichiatrica di Brugherio all’inizio degli Anni Cinquanta. Da prove “astratte’’ come il collage su carta Natura morta isterica si passa all’estetica dello straniamento de Le cipolle di Socrate, fino a opere più tarde e malinconiche come Il Cielo a Villa Fiorita.
LIRISMO E PITTURA
Dipingeva “in un dolce rapimento”, diviso tra poesia e pittura, regalando una commistione subito evidente nella sua ricerca espressiva. Lo rivela tra “ombre e palpito” Natura morta marina, dove “Uccelli stanchi rivolano bassi/ sopra un mar taciturno/ verde come prato/ sotto il cielo di perla/ in un paese di sogno”.
È noto soprattutto per le nature morte e i paesaggi urbani, che testimoniano, ancora una volta non a caso, la sua passione per le piante e il suo instancabile pellegrinare. Ha vissuto infatti a Milano, Roma, Venezia, nel Cadore, ma soprattutto a Parigi e a Londra. Tutti luoghi “fatali” per un artista che fugge da un provincialismo che ne limita il successo. Sono molti gli aneddoti e le fotografie che ritraggono un de Pisis impressionista (Rue du Dragon) in giro per la città con il cavalletto ed è soprattutto a Parigi che è libero di sperimentare, compresi i brevi incontri con giovani che diventano protagonisti dei suoi capolavori come degli schizzi nel suo diario.
RIMANDI E INTROSPEZIONI
I suoi lavori sono caratterizzati da una forte introspezione psicologica, elemento che emerge fortemente nei ritratti – basta osservare gli occhi de Il marinaio francese o di Colette.
“I quadri nei quadri”, invece, sono una delle sezioni più rivelatrici del suo stile. Sono i rimandi che rovesciano l’ordine delle cose. È così opere amate, biglietti, libri letti entrano nelle sue tele: sono omaggi a grandi maestri (Natura morta con capriccio di Goya) e sono ricordi intimi (Natura morta con quadro di de Chirico, simbolo della grande amicizia che lo legava ai fratelli Savinio).
‒ Lucia Antista
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