Vita e opere di un’irriducibile: Adriana Bisi Fabbri a Milano
Museo del Novecento, Milano – fino all’8 marzo 2020. Il Museo del Novecento riscopre la figura della pittrice e illustratrice che attraversò il suo tempo come donna anticonvenzionale, artista di valore e testimone privilegiata. A partire dall'archivio, fiorisce una raccolta di opere eclettiche da scoprire, arricchite da una serie di confronti.
All’inizio della mostra che il Museo del Novecento dedica ad Adriana Bisi Fabbri (Ferrara, 1881‒ Travedona Monate, 1918) si incontra un piccolo autoritratto con il sorriso fiero eppure accogliente, ironico e paradossalmente aggraziato, caricaturale ma splendente. In fondo alla sala si trova invece il ritratto del figlio, decisamente perturbante e denso della tenerezza più anticonvenzionale che si possa immaginare.
Già questi due lavori danno un’idea chiara del personaggio e della sua arte. Donna straordinariamente autonoma e libera rispetto al suo tempo, fin nell’abbigliamento provocatoriamente di foggia mascolina; autodidatta pur avendo respirato arte in famiglia, fu pittrice e caricaturista di ottimo livello e intrattenne rapporti intensi col mondo dell’arte dell’epoca.
DALL’ARCHIVIO ALLE OPERE
La mostra, curata da Giovanna Ginex e Danka Giacon, ha origine dall’archivio che il figlio dell’artista raccolse scrupolosamente e che gli eredi hanno donato al Museo del Novecento. Una gran quantità di materiali di tale raccolta è esposta nelle teche a centro sala, documenti che hanno anche un valore estetico oltre che storico (molte delle lettere, ad esempio, sono impreziosite da disegni di ottima fattura).
A partire dalle teche l’esposizione fiorisce poi con un ampio nucleo di opere della protagonista, ma anche degli artisti che fecero parte direttamente o indirettamente della sua “costellazione”. Cugina di secondo grado di Boccioni, ebbe modo tra l’altro di ritrarre la madre del grande futurista: ecco che si instaura in mostra un confronto tra i due autori alle prese con lo stesso soggetto. C’è poi il capitolo dedicato al marito, Giannetto Bisi, con i ritratti che gli fece la moglie e con opere che ricostruiscono la sua attività di giornalista e critico.
Una sezione ricostruisce invece gli innamoramenti artistici dell’autrice, che si ispirò via via ad autori come Meunier e Previati con freschezza e senza mai sfociare in uno stile puramente derivativo.
UNA COSTELLAZIONE ARTISTICA E DI VITA
E poi sfilano i costumi per il teatro (di grande pregio i bozzetti esposti), l’esperienza nell’ambito del gruppo Nuove tendenze, le illustrazioni per giornali e riviste, le straordinarie caricature di “idealtipi” (il congressista, il bel giovane, la donnina, il teppista).
E c’è una sorta di “sala-bunker”, oscura anche nell’illuminazione, con i lavori sulla tragedia della Prima Guerra Mondiale, dove la pittura dell’artista assume toni che si possono definire espressionisti, ma anche qui in modo eccentrico e personale.
Ottimamente concepita e allestita, la mostra permette di scoprire un’artista sin qui poco conosciuta, dallo stile sempre mutevole ma non per questo meno valido. Valorizzando l’archivio in maniera per niente scolastica, non seguendo un percorso classicamente antologico ma immergendosi nella rete di conoscenze, incontri e stimoli che diedero forma alla vita e all’opera dell’autrice.
‒ Stefano Castelli
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