Cinquecentosessantanove di questi anni: buon compleanno Leonardo da Vinci
Dieci opere per celebrare il genio rinascimentale che più di tutti riuscì a coniugare arti e scienze, segnando l’immaginario colto e popolare fino ai giorni nostri
Straordinarie innovazioni, studi e opere: non c’è niente che Leonardo da Vinci non abbia fatto. Il 15 aprile, festeggiamo il creatore della Gioconda, delle macchine belliche, dell’anatomia, dell’architettura e di moltissime altre idee nato nel 1452. Uomo eclettico e dall’intelletto sopraffino (in molti dibattono ancora se considerarlo l’uomo più intelligente mai esistito), cambiò il suo tempo e quelli futuri per sempre. Ecco dieci opere, disegni e studi preparatori che ci permettono di capire da vicino il personaggio e la sua vita.
– Giulia Giaume
ANNUNCIAZIONE
Benché si abbiano pochissime informazioni certe riguardo alle origini di quest’opera (datata tra gli anni Sessanta e Settanta del Quattrocento), si ipotizza che si tratti di una delle primissime committenze che Leonardo riuscì a guadagnarsi mentre era “a bottega” dal suo maestro, Andrea Verrocchio (leggenda vuole che, vistosi superato dall’allievo, il Verrocchio dichiarò che non avrebbe mai più toccato pennello), o di una loro collaborazione. Aveva studiato qui spinto dai nonni paterni – era figlio illegittimo del notaio Piero Da Vinci e probabilmente di Caterina di Meo Lippi – e a questo periodo risale l’accusa di sodomia rivoltagli in modo anonimo, che ebbe poche conseguenze.
L’ULTIMA CENA
Nel 1494, deluso dall’abbandono forzato del progetto del monumento equestre a Francesco Sforza a cui aveva lavorato quasi dieci anni, Leonardo ricevette un nuovo incarico da Ludovico il Moro per il refettorio della chiesa milanesedi Santa Maria delle Grazie – eletto questo a luogo di celebrazione della casata Sforza per cui Leonardo lavorava. L’Ultima Cena (o Cenacolo) lo risollevò dalle preoccupazioni economiche che affrontava alla fine del Quattrocento, e vi riversò tutte le conoscenze assimilate nel corso degli anni (nonostante non amasse gli affreschi perché la rapidità di esecuzione imposta dall’assorbimento del colore nell’intonaco era incompatibile con i suoi frequenti ripensamenti e modifiche). Nella novella LVIII, Matteo Bandello, che in quel periodo soggiornava nell’edificio, fornì una preziosa testimonianza di come Leonardo lavorasse al Cenacolo (e come ci lavorò fino al 1498): «Soleva […] andar la mattina a buon’ora a montar sul ponte, perché il Cenacolo è alquanto da terra alto; soleva, dico, dal nascente sole sino a l’imbrunita sera non levarsi mai il pennello di mano, ma scordatosi il mangiare e il bere, di continovo dipingere. Se ne sarebbe poi stato dui, tre e quattro dì che non v’avrebbe messa mano e tuttavia dimorava talora una o due ore del giorno e solamente contemplava, considerava ed essaminando tra sé, le sue figure giudicava. L’ho anco veduto secondo che il capriccio o ghiribizzo lo toccava, partirsi da mezzo giorno, quando il sole è in lione, da Corte vecchia ove quel stupendo cavallo di terra componeva, e venirsene dritto a le Grazie ed asceso sul ponte pigliar il pennello ed una o due pennellate dar ad una di quelle figure, e di solito partirsi e andar altrove». Le due versioni di questa tavola, destinata a occupare la parte centrale di una pala d’altare dedicato all’Immacolata Concezione, sono state create tra il 1483 e il 1506. La prima delle due (al tempo rifiutata dal committente), conservata al Louvre, ha una sicura paternità leonardesca, resa chiara dalla precisione botanica e geologica dell’ambiente, mentre l’attribuzione di quella alla National Gallery è da alcuni ricondotta a de Predis, sotto la direzione di Leonardo.
LA VERGINE DELLE ROCCE
Le due versioni di questa tavola, destinata a occupare la parte centrale di una pala d’altare dedicato all’Immacolata Concezione, sono state create tra il 1483 e il 1506. La prima delle due (al tempo rifiutata dal committente), conservata al Louvre, ha una sicura paternità leonardesca, resa chiara dalla precisione botanica e geologica dell’ambiente, mentre l’attribuzione di quella alla National Gallery è da alcuni ricondotta a de Predis, sotto la direzione di Leonardo.
DISEGNO DELLA VITE AEREA
Questo prototipo di elicottero del 1489 è probabilmente la sua invenzione più celebre (anche se tecnicamente non può funzionare). Leonardo da Vinci concepì diverse macchine, volanti e non, che utilizzava per studiare le scienze naturali e dimostrare le proprie teorie di natura fisica e filosofica insieme: in questo caso la vite aerea sfruttava la concezione dell’aria come fluido. Troppo pesante per alzarsi da terra, la macchina sarebbe dovuta essere azionata a mano da quattro uomini.
L’UOMO VITRUVIANO
L’uomo vitruviano è un disegno a penna e inchiostro su carta, e celebre rappresentazione delle proporzioni ideali del corpo umano. Pubblicato per la prima volta in riproduzione nel 1810, il disegno rappresenta il concetto di Leonardo delle proporzioni anatomiche perfette: l’iscrizione in un quadrato e in un cerchio proviene dal Libro III del trattato De architectura di Vitruvio (per questo negli anni Quaranta del Novecento è stato coniato questo nome). Nonostante gli studi realizzati per quest’opera, però, Leonardo non rappresentava le proporzioni degli arti di Vitruvio nei propri schizzi e dipinti ma includeva piuttosto quelle che ritrovava dopo aver misurato modelli maschili a Milano.
STUDI ANATOMICI
Leonardo, nel corso della vita, scrisse uno dei più importanti trattati sull’anatomia mai realizzati, rimasto incompiuto forse a causa del suo famoso perfezionismo. Si dice avesse iniziato a studiare l’anatomia svolgendo delle ricerche per scrivere un trattato sulla pittura, arrivando a eseguire più di 30 autopsie nel corso della sua vita. I suoi disegni sono accuratissimi e mostrano, oltre allo scheletro e alla muscolatura, la disposizione degli organi interni e del feto nelle donne incinte. Gli appunti di Leonardo ci dicono anche qualcosa sulla sua personalità: a margine degli straordinari disegni si possono infatti osservare descrizioni apparentemente illeggibili. Questa è la scrittura speculare di Leonardo che, ambidestro, soleva prendere appunti scrivendo le lettere al contrario – oggi si possono leggere tenendole davanti a uno specchio.
IL CARRO ARMATO
Il pacifista e animalista Leonardo, che era vegetariano e sembra liberasse gli uccelli dalle gabbie dopo averli comprati al mercato, inventò tuttavia diverse macchine da guerra, tra cui un carro armato meccanico dotato di cannoni su tutti i lati, capace di muoversi e sparare in ogni direzione. Otto uomini lo avrebbero manovrato dall’interno a forza di braccia (si temeva che i cavalli impazzissero all’interno del marchingegno). Nonostante gli studi approfonditi, il progetto aveva un difetto: le ruote si muovevano in direzioni opposte.
SALVATOR MUNDI
Il Salvator mundi è un dipinto a olio su tavola databile al 1500: si sa pochissimo di questo quadro, reso noto al pubblico solo nel 2011 in occasione della mostra alla National Gallery dopo il restauro. La sua vendita da Christie’s al governo di Abu Dhabi nel novembre del 2017 al costo di 450 milioni di dollari, l’ha resa l’opera d’arte più costosa della storia acquistata in un’asta pubblica. Cristo è qui raffigurato frontalmente e a mezza figura, come tipico dell’iconografia del secolo, mentre alza la mano destra per benedire e nella sinistra tiene il globo simbolo del suo potere universale: questo, piccolo tocco leonardiano, è uno strumento ottico d’ingrandimento del tempo.
LA GIOCONDA
Probabilmente la sua opera più famosa, la Gioconda o Monna Lisa è un dipinto a olio su tavola realizzato intorno al 1503. È diventata celebre anche per il mistero che aleggia intorno all’identità della donna ritratta,alimentato dalla recente letteratura su Leonardo: la soluzione in realtà è semplice, dato che il Vasari (che si occupò di ricostruire tutta la vita del pittore) espose con sicurezza che Francesco del Giocondo, ricco mercante fiorentino, commissionò questo ritratto di sua moglie Lisa Gherardini a Leonardo – certo, non dice esplicitamente perché l’opera non finisce nella casa del suo committente, ma lo lascia intuire spiegando che il pittore ci lavora per quattro anni senza concluderlo. Leonardo ne aveva fatto ormai un esercizio di stile, continuando ad apportarvi modifiche per almeno dieci anni. Lo seguirà in tutti i suoi viaggi e sarà con lui fino alla fine, nella sua ultima casa ad Amboise. È qui, probabilmente, che il re Francesco I lo acquista dall’erede e pittore Gian Giacomo Caprotti.
RITRATTO (O AUTORITRATTO)
Questo ritratto, disegnato con il gesso rosso su carta, raffigura la testa di un uomo anziano di tre quarti, il viso rivolto verso lo spettatore. Il soggetto si distingue per i lunghi capelli e la barba ondeggiante: la lunghezza di capelli e barba è rara nei ritratti rinascimentali e suggerisce tratti di sagacia o di un carattere eccezionale. Non è affatto detto che questo sia, come molti hanno suggerito, un autoritratto in vecchiaia: come spesso accade per la vita e le opere di Leonardo, e come avete potuto vedere fino a questo punto, sono molte le incognite che avvolgono la sua storia. Ciò che sappiamo dei suoi ultimi anni di vita, è che viveva in Francia al servizio di Francesco I. Dopo una vita passata a fianco degli Sforza, i rapporti si erano incrinati: si dice che il pittore avesse deciso di lasciare Firenze anche per essere stato escluso dal gruppo di artisti che Lorenzo de’ Medici inviò nel 1480 al papa Sisto IV per affrescare la Cappella Sistina.
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