Il Veneto riscopre la pittura di Noè Bordignon

L’attenzione della critica si rivolge a un artista finora poco noto rispetto ad altri pittori della pittura veneta operanti tra la seconda metà dell’Ottocento e gli inizi del XX secolo. La rassegna di Castelfranco Veneto punta i riflettori su Noè Bordignon e il suo percorso creativo: dalla poetica del vero fino agli ultimi due decenni dell’Ottocento, che segnano la sua svolta simbolista.

Due fra i massimi esperti di pittura dell’Ottocento, Fernando Mazzocca ed Elena Catra, curano il percorso espositivo di un pittore che merita di essere riscoperto, Noè Bordignon (Castelfranco Veneto, 1841 – San Zenone degli Ezzelini, 1920). E lo propongono nel centenario della morte dedicandogli la prima mostra monografica: Noè Bordignon. Dal realismo al simbolismo.

CHI ERA NOÈ BORDIGNON

Un artista finora emarginato se paragonato ai più riconosciuti autori della pittura veneta nella seconda metà dell’Ottocento e alle soglie del nuovo secolo. Articolata nelle due sedi di Castelfranco Veneto e di San Zenone degli Ezzelini, in provincia di Treviso, la rassegna conta su sessanta tele che riflettono la fedeltà del pittore alla poetica del vero e all’ambiente di provenienza. Il catalogo-studio, inoltre, pubblica il regesto completo dei lavori di Bordignon, sia gli oli che gli affreschi diffusi sul territorio.
Poetica del vero che spinge gli artisti in aperta campagna o nelle zone periferiche della Laguna veneta “per tracciare una linea di demarcazione netta tra lo storico vedutismo e il nuovo paesaggio ripreso direttamente nei contesti reali”. E a Venezia Bordignon, vicino alla chiesa dei Carmini, trova un posto tranquillo per lavorare. Un piccolo campo chiuso con il tipico pozzo esagonale in pietra d’Istria facilmente individuabile nei dipinti Le pettegole e Il mese di Maria. Ecco dunque l’interesse di Bordignon per gli scenari popolari veneziani, per i quadri dal repertorio familiare.

LO STILE DI BORDIGNON

Mazzocca nel suo intervento in catalogo ribadisce la singolarità di Bordignon “nella capacità di portare avanti due esperienze parallele”: l’attività di frescante che manifesta il suo profondo inserimento nel territorio e nella tradizione senza tempo dell’arte sacra da un lato ‒ la sua impresa più rilevante è l’imponente Giudizio Universale affrescato nel 1879 nell’abside della Parrocchiale di San Zenone degli Ezzelini ‒, e quella focalizzata sull’attualità dall’altro. Che lo chiama al confronto con la rivoluzione naturalistica dei Macchiaioli: fu fondamentale, infatti, l’incontro con Federico Zandomeneghi.

Noè Bordignon, La pappa al fogo, 1895, olio su tela. Vicenza, Banco popolare di Vicenza

Noè Bordignon, La pappa al fogo, 1895, olio su tela. Vicenza, Banco popolare di Vicenza

LE OPERE DI BORDIGNON

A questo punto vale la pena soffermarsi su qualche dipinto. A partire da La mosca cieca del 1873, dove balzano agli occhi l’equilibrio compositivo e la limpidezza delle immagini.
Dai primi Anni Novanta Bordignon sperimenta strade alternative per la sua pittura, sia costeggiando un certo divisionismo lombardo sia ritornando al vero, ma tenendosi lontano dal bozzettismo e dalla tentazione dell’aneddoto, privilegiando quindi umili ambienti di vita contadina. Ne La pappa al fogo del 1895, per esempio, ci si trova immersi in un’atmosfera rassicurante e silenziosa. Si respira un’aria da Seicento olandese e si guarda a Rembrandt, veicolato da Giovanni Segantini. La nuda terra del pavimento. I pochi oggetti d’arredamento. Una giovane madre che lavora e non perde d’occhio la cena. Una bambina con la ciotola vuota tra le mani. Espressioni di una naturale spiritualità che hanno fatto accostare l’opera ai principi dell’Enciclica Rerum Novarum (1891) con cui la Chiesa richiama l’attenzione sui deboli.
Gli ultimi due decenni dell’Ottocento convertono Bordignon al Simbolismo: si allontana dal vero, in una ricerca interiore dove il paesaggio rispecchia i suoi stati d’animo. Ed è in chiave simbolista, con evidenti richiami preraffaelliti, che rilegge Matelda, guida di Dante nel XXVIII canto del Purgatorio. I lunghi e magnifici capelli della donna, gonfiati dal vento insieme al velo bianco, dominano la scena.

‒ Fausto Politino

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Fausto Politino

Fausto Politino

Laureato in Filosofia con una tesi sul pensiero di Sartre. Abilitato in Storia e Filosofia, già docente di ruolo nella secondaria di primo grado, ha superato un concorso nazionale per dirigente scolastico. Interessato alla ricerca pedagogico-didattica, ha contribuito alla diffusione…

Scopri di più