L’altro Ventennio. Una mostra sul Realismo Magico a Milano
A trent'anni dall'ultima mostra a Milano, 80 capolavori riscrivono la storia artistica degli Anni Venti e Trenta
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“Precisione realistica di contorni, solidità di materia e intorno come un’atmosfera di magia che faccia sentire, traverso un’inquietudine intensa, quasi un’altra dimensione in cui la vita nostra si proietta”. Lo scrittore Massimo Bontempelli descriveva così il Realismo Magico che, dopo la damnatio memoriae, rivela oggi la sua natura fatta di evasioni ma anche di contestazioni. La mostra al Palazzo Reale di Milano riscrive la storia artistica del Ventennio: dal 1920 al 1935, questi pittori incantarono la realtà ma c’era anche chi, sfruttando l’alterità delle atmosfere, si opponeva al regime fascista.
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Carlo Carrà, Le figlie di Loth, 1919, olio su tela. MART, Museo di arte moderna e contemporane di Trento e Rovereto. Collezione VAF Stiftung © Carlo Carrà by SIAE 2021
REALISMO MAGICO A MILANO. ORDINE E SCONCERTO
La prima sala è già un manifesto di quella resa pittorica “algida e tersa” ma così fedele alla realtà da risultare inquietante e straniante. Come Le figlie di Loth di Carlo Carrà, uno dei punti di partenza del Realismo Magico, scambiato per un esempio di ingenuo primitivismo.
L’attesa e la meraviglia ricordano sì la naiveté di Rousseau, ma c’è un innesto soprannaturale destinato a cambiare le sorti dell’arte che verrà. Gli attenti equilibri, la quiete della narrazione, le antiche eco sono tutti al servizio di un’inspiegabile epifania.
Vicino c’è la Silvana Cenni di Felice Casorati: ieratica, lunare, con lo sguardo basso e altrove, inarrivabile. In un climax ascendente di inquietudine si prosegue con l’Autoritratto di Giorgio de Chirico, l’Allieva di Mario Sironi e Gli amanti di Arturo Martini, dai contrapposti volumi rigonfi ma anche soffocati.
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REALISMO MAGICO A CONFRONTO CON GERMANIA E STATI UNITI
Il confronto europeo con la Nuova Oggettività e oltre l’Atlantico con Edward Hopper si esplicita in un’opera come La toeletta del mattino di Mario Tozzi, un’astrazione magica del quotidiano in cui le figure rifiutano il dialogo con lo spettatore ma anche fra loro. Due soggetti soli potrebbe essere invece il titolo alternativo dell’opera Raja di Felice Casorati. Rappresentano poi una variazione i paesaggi, un genere poco frequentato dai realisti magici ma ben caratterizzato da Pino sul mare di Carrà e Ottobrata de Chirico (dal minuscolo Mercurio in volo).
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Cagnaccio di San Pietro, Donna allo specchio, 1927, olio su tavola. Collezione della Fondazione Cariverona (Archivio fotografico della Fondazione Cariverona)
REALISMO MAGICO A PALAZZO REALE. L’OSCURITÀ DELL’EROS
Uno dei manifesti del Realismo Magico è Dopo l’Orgia (1928) del futuro partigiano Cagnaccio di San Pietro. È un duetto sulle soglie della realtà tra eros e thanathos caratterizzato dal ripetersi del numero 3. Fu rifiutato dalla giuria della XVI Biennale di Venezia, presieduta dalla fedele alla linea Margherita Sarfatti, perché la mise en scène svergognava la corruzione morale dei dirigenti mussoliniani (sul gemello c’è uno sbiadito simbolo fascista).
Donna alla toeletta o Donna al caffè mostrano invece come forse “l’arte è il solo incanto concesso all’uomo”, come diceva Donghi. Dello stesso avviso Cagnaccio, che in Donna allo specchio triplica lo sguardo grazie al riflesso regalandoci un intimo “naturalismo spettrale”.
Una delle ultime sale esplora i giochi e la famiglia ed è attraverso opere come Maternità di Gino Severini che entriamo nella vita segreta delle cose prima di rituffarci nell’ambiguità del reale.
– Lucia Antista
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