La grande mostra sul Rinascimento a Vicenza

Lo scenario artistico ed economico di Vicenza dal 1550 alla fine del secolo è la cornice della mostra allestita alla Basilica Palladiana

Come un architetto, Andrea Palladio, due pittori, Paolo Veronese e Jacopo da Bassano, uno scultore, Alessandro Vittoria, sono riusciti a unire le forze per portare le novità di Michelangelo e Raffaello, campioni del Rinascimento, a Vicenza?
La città berica vantava un entourage estremamente ricco e raffinato: cultori del teatro, dell’architettura, nobili affascinati dal collezionismo delle opere antiche. Nonostante fosse più piccola di Verona e Padova (città universitaria), l’alta società vicentina era “ben istruita, competitiva, intraprendente nelle questioni culturali e nelle attività imprenditoriali” (rileva Howard Burns nel catalogo della mostra). Prediligeva gli affreschi più che la pittura in cornice, come testimoniano i corredi pittorici dei palazzi e delle ville più illustri: Palazzo Thiene, Palazzo Porto e Palazzo Chiericati, le ville di Caldogno, Godi, Poiana e Thiene, tutte progettate da Palladio.

Paolo Veronese, Giuditta con la testa di Oloferne, 1550 55 ca., olio su tela. Musei di Strada Nuova – Palazzo Rosso, Genova © Musei di Strada Nuova

Paolo Veronese, Giuditta con la testa di Oloferne, 1550 55 ca., olio su tela. Musei di Strada Nuova – Palazzo Rosso, Genova © Musei di Strada Nuova

VICENZA E L’ARTE NEL CINQUECENTO

Le opere d’arte, come sottolineano i curatori Beltramini, Gasparotto e Vinco, non sono come relitti spinti su una spiaggia dalla corrente del passato, ma manufatti da contestualizzare.
Le opere vanno lette secondo il gusto, le passioni, le ragioni sociali dei committenti, vanno legate a considerazioni civiche, filosofiche, economiche, politiche. Entrando nelle sale espositive della Basilica Palladiana siamo proiettati nell’atmosfera cinquecentesca, introdotti nell’ambiente da ospiti eccezionali: da una parte i ritratti a pendant di Paolo Veronese, Iseppo Porto con il figlio Leonida e Livia Thiene Porto con sua figlia Deidamia; dall’altra i pendant di Giovanni Antonio Fasolo, Giuseppe Gualdo con i figli Paolo ed Emilio e Paola Bonanome Gualdo con le foglie Laura e Virginia.
I membri più in vista si opponevano in due fazioni politiche ma avevano il comune interesse a promuovere Vicenza, elevando la sua fama agli occhi del mondo. Alcuni componevano l’Accademia Olimpica (fondata nel 1555) e si fecero ritrarre nelle sculture che adornano il proscenio del celebre Teatro Palladiano. Mentre un ruolo preminente per l’esplosione delle arti lo ebbero due intellettuali in particolare: Gian Giorgio Trissino, vivace sostenitore di Palladio e autore della tragedia Sofonisba (ispirata a Euripide e con protagonista femminile), e Valerio Belli, incisore di pietre dure in contatto con Raffaello e Pietro Bembo.

Parmigianino, Sacra Famiglia con due santi, 1520 24 ca., sanguigna con lumeggiature bianche su carta marrone chiaro. Teylers Museum, Haarlem © Teylers Museum Haarlem The Netherlands

Parmigianino, Sacra Famiglia con due santi, 1520 24 ca., sanguigna con lumeggiature bianche su carta marrone chiaro. Teylers Museum, Haarlem © Teylers Museum Haarlem The Netherlands

IL PROCESSO CREATIVO DEGLI ARTISTI

Una sezione si focalizza sulla ripresa di modelli pittorici particolarmente riusciti: l’Andata al calvario di Bassano riprende ad esempio lo Spasimo di Sicilia di Raffaello, mentre Paolo Veronese per la Madonna col bambino e i santi Caterina d’Alessandria e Pietro (1550) guarda come precedente il soave disegno di Parmigianino Sacra Famiglia con due santi (1520-24), che gli era probabilmente noto grazie all’incisione di Battista del Moro.
Un altro interessante affondo si spinge a indagare la concezione delle idee e dei progetti degli artisti. Bassano esegue bozzetti a colori come quello per la figura giacente che verrà ripresa nel Pastorale, in pochi tratti riesce a prefigurare la possanza, la materia e il volume tramite l’uso costruttivo del colore. Veronese inventa il “modelletto” a olio su carta che si discosta pochissimo dalla versione finale. Andrea Palladio registra ‒ facendo riferimento a manuali antichi ‒ sezioni di parti architettoniche, appuntando con precisione maniacale le misure di ogni elemento strutturale: il basamento di una colonna, il capitello corinzio, la sequenza stratificata di una trabeazione. Quando va a Roma e ha modo di vedere personalmente il Foro di Nerva, si rende conto che la decorazione a foglie d’acanto del capitello è lievemente diversa, riporta così a destra, sullo stesso foglio, la variante corretta.
Entriamo dopodiché nella bottega di uno scultore: Il Ritratto di Aliense firmato da Palma il Giovane evidenzia l’importanza della copia dall’antico. Dietro al volto dello scultore a mezzo busto compaiono infatti tre modelli imprescindibili: il Vitellio Grimani, il Galata in atto di cadere (II sec. d.C. arte romana e Tiziano Aspetti) e il San Sebastiano.

IL VALORE DELLE OPERE D’ARTE E IL COSTO DELLA VITA

Edoardo Demo, esperto di Storia economica, propone un coinvolgente raffronto tra il valore delle opere d’arte e il costo della vita a Vicenza nel periodo rinascimentale. Usa come unità di misura il “maiale mezzanotto” ossia l’equivalente di 3 ducati. Partendo, ad esempio, dal quadro di Jacopo da Bassano Ritratto di due cani legati a un tronco e dal prezzo pagato dal committente, 15 lire quindi 0,6 – 3/4 di maiale mezzanotto, fa comprendere come il valore attribuito a quest’opera di pittura non fosse elevato rispetto a quello di altri beni dell’epoca. Risulta poco più costoso di un libro illustrato (pari a mezzo maiale). Il prezzo si alza molto se si prende in considerazione una pala d’altare dello stesso autore, Il Martirio di Santa Caterina d’Alessandria, pagato 8 ducati (2,7 maiali), ma è parecchio più basso se paragonato ai reperti archeologici: l’Oscillum con la Testa di Giove Ammone fu pagato 25 ducati (più di 8 maiali). Bisogna poi considerare come il costo di una scultura, dato anche il pregio del marmo, fosse molto più elevato: il busto ritratto di Vincenzo Pellegrini, eseguito da Alessandro Vittoria, costò al committente circa 70 ducati (24 maiali). Eppure, anche questo busto non regge il confronto con un busto antico (sui 300 ducati) o con un rilievo bronzeo: due rilievi di Tiziano Aspetti furono pagati 250 scudi per la preziosità e il peso del materiale ma anche per la perizia dell’artista. Questo ci fa comprendere il motivo della vertiginosa diffusione e circolazione di falsi antichi in quel dato periodo. Ad aggiudicarsi il premio come opera d’arte più dispendiosa è invece la croce in Cristallo di Rocca per Clemente VII, un finissimo capolavoro di Valerio Belli che ricevette la somma di mille ducati (pari a ben 333,3 maiali) anche in risposta al rarissimo materiale impiegato. Ciò è essenziale per aprirci gli occhi su una questione: la distinzione tra arti maggiori e minori perde ogni ragione d’essere, almeno a livello economico. Al contrario, le arti applicate risultano quelle che smuovevano un maggior flusso di denaro, tra arazzi ‒ che richiedevano mesi di lavorazione e venivano orditi con fili d’oro e d’argento ‒ corredi ecclesiastici, gioielli e beni di lusso.

Giorgia Basili

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Giorgia Basili

Giorgia Basili

Giorgia Basili (Roma, 1992) è laureata in Scienze dei Beni Culturali con una tesi sulla Satira della Pittura di Salvator Rosa, che si snoda su un triplice interesse: letterario, artistico e iconologico. Si è spe-cializzata in Storia dell'Arte alla Sapienza…

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