Nel Palazzo del Principato di Monaco è stato riportato alla luce un ciclo di affreschi italiani
All'esterno le fatiche di Ercole, all'interno un anomalo soggetto dedicato ad Ulisse. Torna alla luce, dopo lunghe campagne di restauro finanziate dal Principe Alberto II, una superficie di affreschi italiani di 600 m2, quasi sicuramente di scuola genovese
A Monte-Carlo il Palazzo dei Principi di Monaco rivela un nuovo percorso di visita eccezionale, integrato da dipinti mai esposti prima, parte della collezione dei Principi. È stata infatti scoperta una superficie molto vasta, ben 600 m2, di affreschi di gusto manierista realizzati nel Cinquecento da pittori italiani. È un vero e proprio ciclo che si snoda con coerenza tematica e stilistica in alcuni ambienti del Palazzo. Chi c’è dietro? Non è stato ancora scoperto ma si pensa ad un maestro genovese coadiuvato dalla sua bottega: ci sono infatti somiglianze nella resa delle figure con gli affreschi di Palazzo Doria a Genova. All’esterno sono rappresentate le fatiche di Ercole, all’interno un anomalo soggetto dedicato ad Ulisse, presente non a caso. Il fondatore di Monaco, Francesco Grimaldi, fu infatti soprannominato “Malizia”, subito dopo aver conquistato la fortezza nel 1297, entrando sotto mentite spoglie, abbigliato da monaco. La fortezza (edificata nel 1215, XIII sec) si è trasformata in palazzo per volontà del successore Stefano Grimaldi che si stabilì definitivamente con la famiglia sulla rocca monegasca nel 1507. Venne chiamato per l’adeguamento architettonico il lombardo Domenico Gallo. È a questo periodo che risalgono gli affreschi, il gusto vede l’apporto degli influssi manieristi di Perin del Vaga. Lo studio del ciclo interesserà una ricerca in collaborazione con l’Università di Genova che vedrà nel ruolo di supervisori i professori Lauro Giovanni Magnani e Giacomo Montanari.
LE CAMPAGNE DI RESTAURO E IL CICLO DI AFFRESCHI
Le prime scoperte sono iniziate quando si eseguiva il restauro, a livello di ritocco e consolidamento, nel Cortile d’onore. Durante tale campagna (2013-2015) sono state “rinfrescate” le facciate della reggia e della cappella. Dopodiché, ci si è dedicati alla ripresa, con la tecnica a fresco, delle lunette della Galleria d’Ercole dove sono rappresentate le 12 fatiche. Le volte a crociera sono decorate con grottesche, i medaglioni centrali riportano le 4 Virtù cardinali e le allegorie delle arti liberali. Nel 2015, eseguendo la pulitura, sono stati campionati ben 5 strati di pittura che coprivano lo strato originario. È stata adottata una strana scelta dello studio di restauro per quanto riguarda alcune delle lunette sulle fatiche di Ercole. Erano presenti delle lacune troppo vaste per un palazzo politico di rappresentanza. Così la pittura è stata integrata – dopo studi iconologici e stilistici – disegnando e dipingendo ad acquerello la parte bassa delle scene sopra tavole sagomate, applicate alla parete e rimovibili all’occorrenza.
I RESTAURI ALLA SALA DEL TRONO
Nella Sala del trono è stato innanzitutto eseguito un de-restauro del restauro fatto nel 1953 da un’equipe italiana. La decorazione del soffitto risultava molto più scura rispetto a ciò che emerso dopo la campagna che, iniziata nel luglio 2019 si è conclusa solo un mese fa. A settembre e ottobre inizierà invece il restauro delle lunette con le figure dello zodiaco. Per quanto riguarda la scena centrale, l’affresco raffigura l’episodio della Nekuia, dal canto XI dell’Odissea. Ulisse è nella reggia dei Feaci. Deve consultare l’oracolo Tiresia per trovare la strada di Itaca. Ma come mai viene dato così tanto risalto a tale episodio e chi può essere stato ad eseguirlo? Così risponde ad Artribune Julia Greiner responsabile tecnica del restauro: “L’unica pista che abbiamo è una gratificazione datata 1547 a nome di Nicolosio Granello. Sappiamo che lavorò con i fratelli Semini, è nato a Pieve di Teco nella provincia di Imperia. L’ipotesi è che potrebbe aver capitanato i lavori dell’atelier genovese alle prese con il ciclo pittorico. Tuttavia, non sono noti suoi precedenti affreschi in scala monumentale! Probabilmente per la sala del trono la mano è diversa”.
Mentre Eleonora Cerra, restauratrice astigiana che supervisiona il lavoro di restauro con l’apporto della tecnica laser aggiunge: “Dove erano presenti grandi lacune non abbiamo integrato con il panneggio ma solo con un lavoro di tratteggio per suggerire il colore originario. Ulisse deve eseguire dei sacrifici per invocare Tiresia dall’aldilà, per questo ci sono pozze di sangue e pecore a terra”.
UN RESTAURO ECO-RESPONSABILE E IL SALONE D’EUROPA
Eleonora Cerro spiega alla Redazione il lavoro dell’equipe di restauratori: “Il Principe Alberto II ha voluto che si lavorasse in maniera eco-responsabile. Stiamo sostituendo i solventi con prodotti non nocivi per l’ambiente. È stato utilizzato il laser per le puliture, dopo il descialbo (rimozione di tutti gli strati di scialbo sovrapposti a una pittura o a un intonaco antico). Con un manipolo si emette un fascio di luce con un effetto di ablazione. El.en group è la ditta italiana che fornisce i laser”. Grazie alle tecniche sofisticate e ad una fortunata catena di eventi, è rinato il “Salone d’Europa”. Prima l’ambiente aveva una decorazione databile alla Belle Époque. Dopo i sondaggi è stato rivelato un soffitto a grottesche; nel medaglione centrale spicca la rappresentazione del Ratto d’Europa. Gli affreschi sono in ottime condizioni, sono ancora apprezzabili le luci dei volumi e la brillantezza dei colori. Non essendo stata fondata una soprintendenza specifica nel campo del restauro a Monaco, è stata istituita una commissione scientifica che ormai si riunisce due volte all’anno per adempiere al compito di consulenza. Il comitato è composto fra gli altri da Pierre Curie, curatore del museo parigino Jacquemart-André.
IL FREGIO DEL SALONE D’EUROPA E L’ANTICAMERA VERDE
Il restauro del Salone d’Europa è cominciato agli Inizi del 2017. Il risultato è ora compreso nel percorso di visita. È stato inoltre scoperto un fregio su sfondo rosso con grottesche. Per integrare le parti mancanti, è stato utilizzato il metodo bicolore: utilizzando un colore rosso più chiaro applicato a secco si suggeriscono gli elementi della decorazione nelle parti in cui l’affresco non si è conservato. Stessa cosa avviene per l’Anticamera verde, dove torna un fregio, stavolta su sfondo verde.
Ma non è finita qui! I restauratori sono già all’opera nella Stanza Luigi XIII. Il cantiere è attivo e si spera che, dopo il 2024, l’ambiente potrà essere finalmente accessibile al pubblico. La decorazione del Novecento copre la decorazione originaria: si intravedono dei putti che ricordano quelli presenti nella Villa Doria Centurione a Genova Pegli.
-Giorgia Basili
https://www.palais.mc/fr/musees-et-visites/les-grands-appartements
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