La mostra dedicata al legame tra Canova e l’Umbria
Punta su uno specifico capitolo dell’esistenza di Antonio Canova la mostra in corso a Perugia. Creando un dialogo fra il grande scultore e gli artisti connessi al territorio umbro
“Canova ha avuto il coraggio di non copiare i Greci e di inventare la bellezza così come i Greci avevano fatto”, scriveva Stendhal nel suo Viaggio in Italia nel 1828, riferendosi all’artista massimo esponente del Neoclassicismo, soprannominato per questo il “nuovo Fidia”.
In occasione del bicentenario della sua morte, avvenuta a Venezia il 13 ottobre 1822, Perugia dedica ad Antonio Canova (Possagno, 1757 – Venezia, 1822) un’importante esposizione-itinerario. Fino al 1° novembre 2022, la mostra Al tempo di Canova. Un itinerario umbro sarà infatti allestita nelle sedi di Palazzo Baldeschi al Corso e del MUSA, Museo dell’Accademia di Belle Arti.
Si tratta di un progetto culturale specificatamente riferito all’Umbria e che affonda le sue radici nella storia e nell’espressione artistica del territorio, rivelandone molti aspetti finora inediti. “Celebrare Antonio Canova raccontando la storia da una particolare angolazione, geografica e culturale, che consenta di cogliere le dinamiche artistiche di irraggiamento, circolazione o interlocuzione tra Roma e l’Umbria pontificia, in seguito napoleonica. Con la messa a fuoco di un’area, quella umbra, che è opportuno considerare come contigua e partecipe, non semplicemente periferica e spettatrice”, chiarisce la curatrice Stefania Petrillo.
Dunque rendere omaggio ad Antonio Canova per il suo immenso contributo di artista e mecenate valorizzando soprattutto l’uomo che, accanto al suo lavoro, ebbe particolarmente a cuore la conservazione e la tutela del patrimonio.
“Formano catena e collezione con infinite altre”, spiegava lo scultore a Napoleone nel 1810 per convincerlo a non sottrarre più altre opere all’Italia, sottolineando l’importanza della loro connessione con i luoghi “originari”. Un’idea, questa, ripresa nell’esposizione perugina, che ruota intorno al nucleo dei gessi canoviani conservati al museo dell’Accademia di Perugia, tra i quali Le tre Grazie, donate dallo stesso scultore nel 1822.
LA MOSTRA SU CANOVA A PERUGIA
La mostra propone, quindi, un ideale attraversamento dell’arte in Umbria tra Sette e Ottocento, con un percorso scandito da sculture emblematiche in dialogo con le “arti sorelle”, architettura, pittura e musica. Le diverse sezioni, L’Umbria pontificia, La stagione napoleonica, Il paesaggio, Canova e l’Accademia di Belle Arti di Perugia, “Un’altra linea di bello”: verso il Purismo, Le incisioni, L’eredità di Canova, rievocano i protagonisti di una stagione culminata nel legame che ebbe Canova con l’Accademia di Belle Arti di Perugia. L’artista ne orientò, infatti, le scelte e i programmi, appoggiando la nomina di vari direttori, tra i quali Carlo Labruzzi, Tommaso Minardi e Giovanni Sanguinetti.
Tra gli artisti presentati insieme al grande scultore troviamo anche Giuseppe Valadier, Vincenzo Pacetti, Carlo Labruzzi, Pietro Labruzzi, Cristoforo Unterperger, Abraham-Louis-Rodolphe Ducros, Stefano Tofanelli, Tommaso Maria Conca, Pietro Benvenuti, Vincenzo Camuccini, Jean-Baptiste Wicar, Tommaso Minardi, Giovanni Sanguinetti.
UNA MOSTRA DI RICERCA
Circa 130 opere esposte, presentate attraverso il contributo di oltre 35 studiosi, costituiscono il nucleo di un’esposizione che si presenta anche come un’importante esperienza di studio, ricerca e confronto tra gli addetti ai lavori. Nel corso dei preparativi sono emersi infatti alcuni importanti inediti, come i due gessi dell’Autoritratto di Canova della Pinacoteca Comunale di Bettona e il ritratto di Letizia Ramolino Bonaparte. E ancora moltissimi altri documenti, tra lettere e missive, che hanno gettato nuova luce sugli intricati intrecci di opere, luoghi e artisti.
La vera sorpresa arriva però da una delle opere lasciate in eredità all’Accademia dal fratellastro di Canova, Giovanni Battista Sartori, la colossale testa di cavallo, modello del monumento equestre a Ferdinando I di Borbone, una delle ultime opere del grande scultore, “riscoperta” in questa occasione ed esposta a Palazzo Baldeschi in un inedito confronto con la testa del cavallo del Marco Aurelio, il calco fatto eseguire e preso a modello da Canova (oggi a Ravenna).
“Ho veramente finito ne’ giorni scorsi il modello, che è ora in gesso, del colossale cavallo per il gruppo equestre del re Ferdinando Primo, e se amor d’autore non mi inganna, sono tentato di credere che siami riuscito non inferiore al primo, se pure non è anche migliore”, diceva l’artista in una lettera a Quatremère de Quincy nel 1821.
‒ Arianna Piccolo
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati